In occasione dei mondiali di calcio in Qatar, che al fine della realizzazione degli impianti sportivi hanno portato alla morte di 6750 lavoratori migranti, abbiamo deciso di intervistare Riccardo Noury, portavoce Amnesty Italia, in merito al suo ultimo libro Qatar 2022, i Mondiali dello sfruttamento, edito da Infinito edizioni.

I mondiali di calcio in Qatar stanno giungendo al termine. Quanto sarebbe stato importante che illustri campioni nel calcio, oltre a Eric Cantona, già fuoriclasse del Manchester United, avessero preso posizione contro la violazione dei diritti umani in Qatar? 

Sarebbe stato molto importante, soprattutto se queste prese di posizione (come quella di Cantona) fossero state tempestive. Al contrario, abbiamo assistito a dichiarazioni tardive e a rinunce a fare gesti eclatanti, come se si fosse immaginato possibile che sarebbero rimasti privi di conseguenze: alla prima minaccia di sanzioni per chi avesse esibito una fascia da capitano arcobaleno, si è fatta marcia indietro.

Può raccontarci i problemi che hanno riscontrato coloro che hanno provato a denunciare tale situazione dall’interno del Qatar? 

Chi, soprattutto nei primi anni, ha provato a denunciare lo sfruttamento del lavoro migrante, la mancanza di stipendi, le condizioni alloggiative subumane, ha passato guai seri. Le loro denunce rischiavano di danneggiare la narrazione del “tutto bene”, portata avanti dal Qatar e dalla Fifa.  

Uno dei casi più eclatanti è stato quello di Abdullah Ibhais. Trentaseienne, padre di due bambini di quattro e sei anni, ex direttore dell’ufficio comunicazione del Comitato supremo, è stato arrestato il 12 novembre 2019 nel suo ufficio a Duhail, un quartiere nella zona settentrionale di Doha. Dopo averlo interrogato per alcune ore, i funzionari della sicurezza lo hanno accompagnato alla sua abitazione, hanno fatto una lunga perquisizione e hanno sequestrato i suoi apparecchi elettronici. Solo dopo nove giorni dall’arresto, Ibhais ha potuto incontrare un avvocato. È stato rilasciato su cauzione il 21 dicembre 2019. 

Il processo, per la pretestuosa accusa di sottrazione di fondi pubblici, è iniziato nel gennaio 2020. Ibhais ha ritrattato le dichiarazioni rese durante gli interrogatori senza avvocato, ma è stato condannato a cinque anni di carcere e a una multa di 150.000 rial (37.500 euro). Rilasciato in attesa dell’appello, è stato nuovamente arrestato il 15 novembre 2021. Ha iniziato uno sciopero della fame che lo ha portato a perdere venti chili di peso. Un mese dopo la Corte d’Appello ha confermato il verdetto di colpevolezza, ma ha ridotto la condanna da cinque a tre anni di carcere. Ibhais ha presentato appello alla Corte di Cassazione, che deve ancora pronunciarsi. 

Può parlarci del comportamento tenuto dalla Serie A, dalla FIGC, e dalla nazionale di calcio italiana, che non gioca i mondiali, nei confronti della situazione in Qatar?

La Figc, interpellata da Amnesty International Italia perché appoggiasse la richiesta rivolta alla Fifa di aprire un fondo di 460 milioni di dollari per risarcire i lavoratori che avevano subito violazioni dei diritti umani e le famiglie di quelli morti, non ha battuto ciglio. Né abbiamo ascoltato parole da parte di altri funzionari del governo calcistico italiano. L’unico ad aver parlato di diritti umani è stato Federico Bernardeschi, che ora gioca in Canada.  

Del resto, non c’è da stupirsi. La Lega calcio ha accettato la proposta di giocare tre finali di Supercoppa in Arabia Saudita (due giù disputate, la terza nel 2023), avallando dunque la strategia dello sportwashing.  

Dopo la finale si chiuderà il sipario su Qatar 2022. Ci saranno altre manifestazioni e quindi la possibilità di continuare a denunciare tale situazione al fine di far cambiare la FIFA e di far ottenere un risarcimento, che non sia solo simbolico, alle famiglie delle vittime?  

La campagna di Amnesty International per ottenere risarcimenti da parte del Qatar e della Fifa continuerà anche quando saranno terminati i Mondiali. Non solo, ma continueremo anche a monitorare la condizione del lavoro migrante. Nel 2023, sempre in Qatar, si svolgeranno i campionati di calcio asiatici e il forte rischio è che vi sia altro sfruttamento della manodopera.