Sabato 1° giugno scorso il fondatore della comunità monastica di Bose e dal 2014 Consultore del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani si è recato a Cella Monte per ricevere la cittadinanza onoraria nel comune monferrino.

Il sindaco, Maurizio Deevasis, gli ha consegnato l’attestato dopo aver letto le motivazioni del conferimento, che la giunta comunale ha deliberato all’unanimità nella riunione dell’aprile scorso in cui, come ricordato dalla consigliera Viviana Imarisio, è stata approvata anche la proposta, presentata dal gruppo Cella Monte Borgo da Vivere, per l’adesione della municipalità all’intesa promossa da Fondazione Fratelli Tutti e ANCI / Associazione Nazionale Comuni Italiani e che impegna l’amministrazione della cittadina a pianificare e attuare iniziative, attività e interventi insieme agli attori locali, inoltre a nome della municipalità sottoscrivere la Dichiarazione sulla Fraternità Umana redatta da numerosi premi Nobel per la pace e partecipare al World Meeting on Human Fraternity.

Il riconoscimento è stato consegnato a Enzo Bianchi in un luogo emblematico, l’EcoMuseo della Pietra da Cantoni, anche sede del Proverbiarium – museo dei detti e motti monferrini, il cui infernòt è rappresentativo di tutte le numerose caratteristiche cantine che contraddistinguono il Monferrato come un’area compresa nel sito seriale UNESCO Paesaggi vitivinicoli del Piemonte.

Il centro infatti è allestito in un edificio monumentale molto suggestivo, anticamente una dimora signorile e dalla seconda metà del XVII secolo la canonica della chiesa parrocchiale, nell’occasione evocativo dello ‘spirito’ e della spiritualità che animano le tradizioni del territorio rurale dove Enzo Bianchi è nato e ha vissuto fino a quando si è trasferito a Torino, per studiare all’università, e poi stabilito nei luoghi dove lo ha portato la sua vocazione religiosa.

Enzo Bianchi ha ringraziato i suoi nuovi concittadini per averlo incluso nella loro comunità evidenziando che, diversamente da altri ricevuti, oltre alle proprie opere, “quel che ho fatto”, il loro riconoscimento ne considera la sua esperienza umana e per lui rappresenta una “anamnesi” della propria vita.

Proprio mentre il monaco ricordava persone, cose e atmosfera del prprio passato in Monferrato, la campana della chiesa di Cella Monte ha suonato la melodia dell’ode che recita È l’ora che pia la squilla fedel, le note c’invia dell’Ave del Ciel: Ave Maria! È l’ora più bella che suona nel cuor…

 

RICORDI DELL’INFANZIA IN MONFERRATO

Nell’occasione, Enzo Bianchi ha rammentato che per 10 anni ha trascorso le vacanze pasquali ed estive a Cella Monte, dove arrivava “viaggiando in treno e landò” e soggiornava in casa della famiglia di Cecilia Coppo, una donna generosa che, siccome lui era orfano della madre, lo aveva accudito durante l’infanzia e l’adolescenza.

Ricordando di esser cresciuto correndo “correndo tra le vigne e scavallando le colline” monferrine, ha precisato di essere nato a Castel Boglione, un borgo rurale del Monferrato astigiano che, per indicare da quante famiglie fosse abitato, ha specificato che era “un paese con 250 focolai”.

Con i concittadini monferrini, Enzo Bianchi ha condiviso dei ‘segreti’ di alcune gustose ricette della cucina tipica del loro territorio e della convivialità. In particolare, ha raccontato di aver capito il valore del cibo e della cura dai propri nonni, un panettiere e una cuoca.

Inoltre, facendo ritorno in Monferrato, Enzo Bianchi ha ricordato che, sebbene nessuno dei suoi parenti fosse un contadino, quando suo padre, che di mestiere faceva lo stagnino, gli chiese quale regalo avrebbe gradito ricevere per la promozione all’esame scolastico lui, 11enne, senza esitazioni aveva risposto “un orto” e da allora non ha mai smesso di coltivare un pezzo di terra e prendersi cura delle piante vi crescono.

 

DUE MONFERRINI TESTONI E ANTICONFORMISTI

A fare gli onori di casa di Cella Monte era la giornalista monferrina Silvana Mossano, che ha sollecitato il neo-cittadino a pronunciarsi sulle caratteristiche identitarie che lo qualificano come indigeno monferrino.

Enzo Bianchi ha risposto di sentirsi monferrino soprattutto per quell’aspetto tipico del temperamento dei monferrini, l’ostinatezza, per cui nel 2018 l’Associazione Astesani lo ha insignito del premio Testa d’Aj, un riconoscimento assegnato “a persone che nella vita hanno dimostrato, con tenacia, passione e un tocco di ironia, di saper andare controcorrente”.

“Obbedire alla propria coscienza” con fermezza e perseveranza inoltre lo accumuna a Francesco I, Jorge Mario Bergoglio, nato in Argentina da genitori emigrati dal Monferrato. «Siamo dei testoni», ha detto di sé stesso e del pontefice, con cui Enzo Bianchi si è confrontato in merito a tante questioni, tra cui anche la posizione del monaco anticonformista nel clero e nella chiesa.

Entrambi intransigenti, insieme hanno ostinatamente cercato di saldare relazioni fluide tra i cattolici e gli altri cristiani e tra cristiani e non cristiani per abbattere le barriere ideologiche e, superando le divergenze e debellando i fanatismi che fomentano conflitti religiosi, perseguire la conversione dei rispettivi fedeli alla cultura della pace.

 

LA PACE FRANCESCANA E IL PAPA YANKEE

Enzo Bianchi ha riferito che un progetto a cui lui e Francesco I avevano dedicato costante impegno per tanti anni, cioè di concordare con i cristiani di ogni culto la celebrazione della Pasqua insieme, nella stessa data dei rispettivi calendari liturgici, è fallito a causa dei dissidi tra cattolici, ortodossi e maroniti, la cui recente esacerbazione è un effetto collaterale della guerra in Ucraina e dell’assedio di Gaza.

Ricordando che per convincere i governanti di ogni nazione a smettere di combattersi a vicenda Francesco I ha agito con determinazione e audacia ammirate dai cattolici a lui fedeli e anche da molti non cattolici e non cristiani e da tanti atei, Enzo Bianchi ha spiegato che in cronache degli eventi e biografie del papa tanto compianto da tutti non è riportato che, invece, pur di dialogare con ogni leader del mondo il pontefice abbia sopportato umiliazioni che mai nessun suo predecesore ha subito o avrebbe tollerato.

Però, ha assicurato Enzo Bianchi, sebbene il suo dirompente pontificato per Francesco I si sia concluso amaramente perché lui era afflitto da molte delusioni, soprattutto quella non aver visto la pace che aveva agognato e implorato, sul profondo e indelebile solco da lui tracciato il suo successore si muove senza titubanze:

«Leone XIV è un americano, quindi una figura molto ‘forte’ nello scenario politico internazionale. Ha esordito riaffermando le idee francescane che la pace veramente tale sia ‘disarmata’ e venga perseguita in modo ‘disarmante, umile e perseverante’. Poi qualche giorno fa ha pronunciato una frase straordinaria, “Prima di essere credenti, siamo chiamati a essere umani”, che non ho mai sentito proferire da un papa».

 

L’ORRENDA SEDUZIONE DELLA GUERRA, IN PASSATO E NEL PRESENTE

«Terribili. Le carneficine che avvengono sotto i nostri occhi sono terribili – ha osservato Enzo Bianchi – Terribili sono anche i fanatismi che le aizzano e la propaganda dell’industria bellica che la fomenta».

Come in molte occasioni precedentemente e poi alla XX edizione del FESTIVAL FILOSOFI SULL’OGLIO a cui ha partecipato il giovedì successivo, 5 giugno, anche in Monferrato Enzo Bianchi ha focalizzato l’attenzione sull’orrenda “seduzione della guerra” che attrae sempre più nazioni.

A una domanda della giornalista monferrina in merito ad alcune questioni etiche poste dal processo Eternit, Enzo Bianchi ha risposto accentuando il ruolo di media e opinion-leader nelle vicende che, come quella della morte di tanti lavoratori e cittadini del Monferrato, devono essere raccontate senza strumentalizzarne i risvolti drammatici per fare scalpore perché è necessario che vengano documentate.

I cronisti hanno la responsabilità di scrivere la storia mentre si compie, ha osservato Enzo Bianchi, perciò devono descrivere la realtà con onestà, senza mentire e senza mistificare i fatti, e dare voce ai protagonisti degli avvenimenti con rispetto della sofferenza delle persone e, soprattutto della dignità delle vittime di violenze, abusi e ingiustizie.

 

ESPERIENZE PERSONALI NELLE VICENDE STORICHE

Rammentando che gli europei oggi non aborriscono la guerra, che fino a poco tempo fa scongiuravano perché erano memori dell’atrocità delle due guerre mondiali e dei crimini di guerra e contro l’umanità del XX secolo, ha affermato: «La pace è la liberazione da ogni forma di violenza. Bisogna far nascere germogli di pace anche nelle macerie».

Dal 1981 fino al 2016, gli anni in cui vi era insediata la congregazione da lui fondata, Enzo Bianchi ha dimorato spesso a Gerusalemme, la città emblematica sia delle avversioni e conflittualità, anche violente, sia della convivenza pacifica tra popoli di differenti origini etniche e religioni, in particolare dei culti ebraici, cristiani e musulmani.

Sollecitato da monsignor Francesco Mancinelli, rettore del Santuario al Sacro Monte di Crea, Enzo Bianchi ha ripercorso alcune vicende che hanno scandito in passato la storia e nel presente le dinamiche delle complesse e complicate interazioni tra le chiese cristiane e ortodossa.