Nel pomeriggio del 18 maggio a Venezia di fronte alla Stazione ferroviaria ha avuto luogo il presidio per la Palestina indetto dal Comitato contro le guerre e il razzismo di Marghera, TIR, GPI e CinemaSenzaDiritti. 400 persone si sono convocate per denunciare il genocidio in atto.

Per terra, al centro del raduno, un lenzuolo macchiato di rosso e numerose pentole a rappresentare lo spargimento di sangue e la fame che subiscono gli abitanti di Gaza bombardati, assediati, privati di tutto ormai da mesi dalla ferocia dell’esercito israeliano.

L’immagine del manifesto utilizzata per promuovere il presidio è opera di Sliman Mansour: palestinesi che chiedono cibo e ricevano bombe. Attenzione, l’opera è datata 1980. La distruzione del popolo palestinese e della sua terra non è cominciata ieri.

Numerosi gli interventi che si sono susseguiti durante il pomeriggio. La Nakba del 1948 non è mai terminata, siamo ora all’ultimo atto, il genocidio conclamato senza remore dagli stessi assassini al governo di Israele e USA. Genocidio che anche i governi europei sostengono, non solo con il silenzio complice che lascia impunito da anni Israele, ma sopratutto con il sostegno economico e militare, con l’Italia in prima fila.

La mentalità coloniale che discrimina il colonizzato è sempre attiva nelle istituzioni culturali, nel cinema che censura le opere palestinesi come nel mondo della scuola con l’utilizzo di testi che distorcono la verità storica (p.e. nelle carte geografiche Gerusalemme è capitale di Israele).

È stato ricordato che a Gaza più di 200 giornalisti sono morti assassinati, tra cui Fatima Hassouna, fotografa la cui storia sarà presentata a Cannes.

Da Londra è arrivato il messaggio della rete ebrei antisionisti a ricordare le mobilitazioni in atto: 500.000 persone hanno sfilato nella capitale.

Infine la lettura della poesia di Darwish – La cosa bella di Gaza – recitata dall’attore Pierpaolo Capovilla, che ha incantato tutti gli astanti.

La cosa bella di Gaza è che le nostre voci non la raggiungono, niente la distoglie.
Niente allontana il suo pugno dalla faccia del nemico.
Né il modo di spartire le poltrone nel Consiglio nazionale, né la forma di governo palestinese che fonderemo nella parte est della Luna o nella parte ovest di Marte, quando sarà completamente esplorato.
Niente la distoglie.
È dedita al dissenso: fame e dissenso, sete e dissenso, diaspora e dissenso, tortura e dissenso, assedio e dissenso, morte e dissenso.
I nemici possono avere la meglio su Gaza. (Il mare grosso può avere la meglio su una piccola isola).
Possono tagliarle tutti gli alberi.
Possono spezzarle le ossa.
Possono piantare carri armati nelle budella delle sue donne e dei suoi bambini.
Possono gettarla a mare, nella sabbia o nel sangue.
Ma lei: non ripeterà le bugie.
Non dirà sì agli invasori.
Continuerà a farsi esplodere.
Non si tratta di morte, non si tratta di suicidio.
Ma è il modo in cui Gaza dichiara che merita di vivere.
[1973]