L’organizzazione di ricerca e soccorso Louise Michel  ha avviato azioni legali contro 15 giornali italiani per diffamazione. Le cause sono in  corso nei tribunali italiani e il primo caso, inizialmente previsto per oggi a Bologna, ha avuto un importante sviluppo: l’imputato ha ritirato l’opposizione, rendendo definitiva  la condanna. Questo è il primo risultato positivo ottenuto dalle azioni legali intentate in tutta Italia. I processi si basano su alcuni articoli pubblicati all’indomani del fermo della MV Louise Michel, due anni fa.

Nel marzo 2023 la nave di ricerca e soccorso  MV Louise Michel  è stata bloccata dopo aver  salvato 178 persone in quattro diverse operazioni di salvataggio davanti all’isola di

Lampedusa. Le autorità italiane avevano fermato la nave in base al decreto  Piantedosi, secondo il quale può essere effettuato un solo salvataggio, seguito dallo sbarco  immediato. L’ONG  Louise Michel  continua a opporsi attivamente contro questo fermo da due  anni.

In seguito a questa detenzione, diverse fonti giornalistiche italiane hanno pubblicato  informazioni false sul progetto e su una dei suoi membri fondatori, Pia Klemp, che però in quel momento non si trovava sulla nave e nemmeno in Italia. Non ci sono nemmeno denunce a suo carico.

Le indagini contro Klemp  sono state archiviate nel 2021, due anni prima del fermo della nave e di tutti gli articoli che  ne sono seguiti. I giornali coinvolti nell’azione legale hanno utilizzato il coinvolgimento di  Klemp nel caso Iuventa per consolidare una narrazione falsa e razzista, creando un  collegamento tra ONG e trafficanti. Queste narrazioni sono state respinte dalla Procura di  Trapani nel processo contro i membri di Iuventa, che si è concluso con l’archiviazione di tutte  le accuse ad aprile 2024.

Pia Klemp, membro fondatrice di  Louise Michel, sottolinea: “La falsa informazione è un  metodo indegno con risultati catastrofici. Non è solo un insulto a me personalmente. È un  duro colpo per il giornalismo. I media dovrebbero informare il pubblico piuttosto che diffondere bugie e narrazioni razziste. La migrazione viene screditata come un accumulo  infinito di crimini. Alla fine questo ha conseguenze mortali per migliaia e migliaia di persone migranti”.

L’obiettivo di queste false narrazioni è quello di criminalizzare individui e ONG come  strumento per criminalizzare la migrazione. Le persone migranti, spesso accusate  di essere “scafisti”, molte volte non hanno i mezzi per difendersi in tribunale dall’incessante disinformazione. È essenziale che chi ha mezzi e visibilità si impegni attivamente per smascherare e contestare queste campagne diffamatorie. Questi procedimenti legali vogliono sfidare la diffusione sistematica di informazioni false e il continuo tentativo di punire  la solidarietà. Questo tipo di diffamazione non si limita a screditare chi offre sostegno, ma prende di mira i rifugiati e le persone migranti, con conseguenze letali per loro.

Leona Blankenstein, membro dell’equipaggio di Louise Michel, ha dichiarato: “Oggi è un giorno cruciale nella lotta contro la disinformazione e la diffamazione. Stiamo intraprendendo azioni legali  contro diversi giornali italiani che hanno diffuso informazioni false e narrazioni sessiste sulla  nostra organizzazione e sulla nostra fondatrice Pia Klemp”.

Nel primo processo tenutosi oggi a Bologna, era stata presentata una denuncia formale contro un giornalista di Quotidiano Nazionale, il cui articolo banalizzava l’attivismo di Klemp  concentrandosi sul suo aspetto, facendo affermazioni paternalistiche e false, e traendo  conclusioni fuorvianti basate su accuse gravi e infondate. Con il ritiro dell’opposizione dell’imputato, la condanna è definitiva.

Francesca Cancellaro, l’avvocata di Klemp e Louise  Michel, ha sottolineato: “Pubblicare e  diffondere informazioni false è un reato grave perché alimenta l’agenda dello Stato italiano contro la migrazione e le persone solidali. Siamo qui oggi per opporci a questo e per il diritto di tutti e di tutte a una corretta informazione su questa faccenda politica”.

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