La morte di Papa Francesco mi ha profondamente colpito, tanto da spingermi a esprimere alcune sensazioni e osservazioni che ho maturato nel tempo. Non si tratta di idee strutturate o di un giudizio ponderato, ma solo di un punto di vista.
Pur non essendo credente e avendo sempre criticato la Chiesa, ricordo un evento che mi impressionò profondamente: la riconciliazione promossa da Francesco nel 2016 con la Chiesa Ortodossa Russa, culminata nell’incontro a Cuba. Un gesto di grande significato.
Un’altra notizia attirò la mia attenzione: il telegiornale TG1 riportò la notizia che Francesco fosse malato di cancro al cervello. Nonostante la smentita, il messaggio mediatico aveva già lasciato il segno, insinuando dubbi sulla sanità mentale del Papa. In poche parole, era stato detto che il Papa “non sta bene con la testa”. Questa situazione mi ha portato a riflettere sull’impatto delle sue posizioni sui poteri forti, spingendomi a seguirlo con maggiore interesse.
Ho apprezzato le sue posizioni contro la guerra e a favore della pace, in particolare i suoi appelli riguardo al conflitto in Ucraina, invitando ad avere il coraggio di negoziare. Inoltre, ha preso una posizione chiara sull’operato di Israele, chiamando genocidio quello che si sta compiendo a Gaza. Memorabile è stata la sua affermazione sulla “terza guerra mondiale a pezzi”, una guerra non organica, “una guerra di interessi, per i soldi, per le risorse, per il predominio dei popoli…” e alimentata dall’industria bellica.
Papa Francesco ha dovuto affrontare critiche provenienti da tutti gli schieramenti. Alcuni gruppi lo hanno considerato un esponente di un conservatorismo retrogrado, mentre all’interno del suo stesso ambiente cattolico, alcuni cardinali hanno persino chiesto le sue dimissioni. Inoltre, tra i fedeli, è circolata la voce che la sua elezione fosse stata influenzata direttamente dal diavolo stesso. Le critiche si sono fatte sentire anche in Argentina, dove alcuni hanno tentato di collegarlo al mondo della dittatura militare, accuse che non avevano alcun fondamento.
Alcuni esponenti della sinistra hanno insinuato che la sua nomina sia stata il risultato di accordi tra élite finanziarie. Da non dimenticare, poi, la campagna di denigrazione nei confronti di Francesco organizzata dai conservatori americani che hanno investito decine di miliardi di dollari in Europa, coinvolgendo anche politici molto famosi.
Anche coloro che hanno apprezzato il suo pontificato, però, hanno ascoltato le sue parole solo in superficie, perché poi non hanno agito di conseguenza.
Sorge una domanda: come mai quando finalmente un Papa parla chiaramente di pace, di nonviolenza, di riconciliazione, di negoziati, i suoi fedeli non lo seguono? Perché, quando scaccia i mercanti dal Tempio, la gente ha difeso i mercanti?
Francesco si è dovuto difendere da tutti, sia dal fuoco nemico che da quello amico. Ha dovuto lottare contro la profonda ipocrisia, come la chiamava Tolstoj, insita nella società. Ipocrisia che in questi giorni possiamo osservare in tutti i discorsi dei politici e dei giornalisti dei talk show.
Le sue dichiarazioni sulla pace e sulla guerra, sulla coerenza con i principi morali professati, sono quelle che milioni di persone esprimono ogni giorno, ma acquistano un significato particolare proprio perché provengono da una figura rappresentativa di una delle più storiche istituzioni di potere, la Chiesa di Roma, che nel corso della sua storia ha spesso avuto relazioni ambivalenti con altre strutture di potere e ha fatto molto per non promuovere una vera liberazione dell’essere umano.
La voce di Papa Francesco è stata una delle poche voci lucide in un mondo sempre più confuso e violento. Grazie, Francesco! Mi hai aiutato ad avvicinarmi a tanti cattolici che, lontano dai centri di potere, si muovono tutti i giorni con amore e compassione.
Parafrasando Woody Allen: Dio è morto, Marx è morto, Francesco pure… e anch’io non mi sento molto bene! Ma come ha detto Silo, Dio riprenderà a vivere lontano dalle istituzioni, nel cuore delle persone semplici.
Resta nelle nostre mani, quelle dei “comuni mortali”, il compito di creare attivamente il mondo a cui aspiriamo, agli antipodi del volere dei leader attuali, incapaci di gestire una situazione molto complessa e vicina all’esplosione.
Il nostro futuro dipende dalle scelte che facciamo oggi.