Le immagini che escono da Gaza sono spesso per me  insopportabili. Bene fa chi documenta l’orrore, per fornire prove ai tribunali internazionali, ma a che serve divulgarle al vasto pubblico? Non si scade in quella che viene definita “pornografia dell’orrore?

Le ragazze palestinesi spesso postano su social tipo Istagram… immagini fiere e di aperta sfida agli occupanti sionisti e ai loro alleati (cioè i governi occidentali, sia di destra, come quello italiano, e sia di finta “sinistra” tipo quello Inglese o statunitense). Non vogliono mostrarsi come vittime. Si mettono i vestiti piú belli, sfoderano talvolta perfino un sorriso.

«Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà(…). È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore» scriveva Peppino Impastato: la bellezza come antidoto all’orrore.

Il rischio nell’ abuso di certi video e di certe immagini é l’assuefazione all’orrore del mondo, assuefazione devastante soprattutto per le bambine e i bambini, per i giovani, ma per tutti e tutte noi. Le ragazze palestinesi preferiscono mostrarsi disarmate, ma fiere, indomite ed irriducibili partigiane della causa palestinese.

Non ho mai amato il mito del miliziano armato, neppure quando é riferito ai partigiani e alle partigiane italiane. I tempi della guerra di Spagna, o della Resistenza dei Vietcong o dei Tupamaros, sono finiti da un pezzo e per sempre. La lotta nonviolenta é l’unica lotta rivoluzionaria possibile oggi, non soltanto per motivi etici, che pure sono fondamentali, ma anche per realismo politico: da almeno quarant’anni, dalla vittoria dei sandinisti in Nicaragua, dovuta in realtà al disimpegno del presidente Jimmy Carter, non vi é piú alcuno sbocco possibile alla rivoluzione armata, anzi il potere vuole indurre i movimenti antagonisti allo scontro armato, il suo terreno prediletto, dove sarà sempre invincibile.

Le vicende degli anni di piombo dovrebbero averci insegnato qualcosa, ma, come scriveva Antonio Gramsci, la Storia insegna ma non ha scolari. Così tutt’ora vi sono giovani in Italia che credono che la forma più radicale di lotta sia quella armata! Grazie a dio vi sono invece giovani e giovanissimi militanti nonviolenti che non abboccano alla trappola. Penso a Ultima Generazione o alle due ragazze di Vergiate (Varese) fermate dalla polizia e probabilmente denunciate per aver imbrattato con il “sangue” della vernice rossa un elicottero esposto fuori dalla sede della Leonardo.

La Resistenza italiana antifascista, fu lotta armata di disertori e renitenti alla leva, disobbedienza quindi al cieco militarismo patriotardo che spinse altri giovani a collaborare attivamente contro gli aggressori nazisti come militi della Repubblica di Salò. Ma la Resistenza fu anche, e soprattutto, lotta non armata (nascondere, sfamare, trovare abiti civili per disertori, perseguitati, fuggiaschi, senza contare i grandiosi scioperi operai di Milano e Torino che fecero tremare nelle sue mado’ amento il consenso al regime fascista e alla corrotta e screditata monarchia). In taluni casi, fu anche una scelta meditata e deliberatamente  nonviolenta. Penso ad esempio ad Aldo Capitini, a don Pietro Pappagallo, a Salvo D’Acquisto, a Lidia Menapace… una scelta di ripudio radicale della violenza, non per viltà, anzi, tutt’altro, esponendo se stessi in prima persona,  pagando in taluni casi con la propria vita.

Questa consapevolezza é incisa nell’articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana: il ripudio assoluto della guerra. Queste immagini che i giovani, ma soprattutto le ragazze postano da Gaza, a mio avviso, mostrano il vero volto della Resistenza Palestinese.