Quando pensiamo alla guerra risulta spesso automatico pensare agli uomini: capi di governo, ministri della difesa, generali e soldati. E quando parliamo di nonviolenza? Il primo personaggio a cui pensiamo è sicuramente Gandhi, poi Aldo Capitini e Martin Luther King. Ancora una volta nessuna donna. Ma anche le donne e il femminismo hanno avuto un ruolo importante nel movimento nonviolento, come del resto lo hanno sempre avuto quando si tratta di voler cambiare in meglio la società.

Barbara Deming, autrice e attivista nata nel 1917 a New York, fu una delle prime ad unire la lotta per i diritti delle donne alla promozione dell’approccio nonviolento. Grazie al suo lavoro di giornalista ha viaggiato molto, vedendo coi suoi occhi la guerra, esplorando varie parti del mondo, aprendo sempre più la sua mente. Proprio così è entrata in contatto con il pensiero di Gandhi e dopo aver scoperto un po’ per caso il movimento nonviolento, è stata capace di apprezzarne fin da subito l’importanza. Poi ha partecipato a vari corsi di formazione del Peacemaker Training Program, durante i quali ha conosciuto varie persone appartenenti al movimento nonviolento con cui ha collaborato molte volte in occasione di marce, proteste e altro ancora.

L’esempio di Barbara Deming, oltre a dimostrare l’importanza dei corsi di formazione e il loro impatto sulle persone che li frequentano, è anche un grande esempio di intersezione fra due cause che possono sembrare indipendenti fra di loro, ma non lo sono affatto, come del resto tutte le cause che riguardano l’ottenimento di un mutamento sociale. Lei si è battuta in particolare per unire femminismo e movimento nonviolento, ma a queste si intersecano da sempre tante altre lotte, ad esempio quelle per i diritti civili delle minoranze o quelle per l’ambiente.

Infatti, Barbara Deming si è mossa non solo per il movimento nonviolento di cui ha iniziato a far parte, ma anche per i diritti delle donne e altre cause ancora. Andando controcorrente, quando la maggior parte degli attivisti pacifisti si concentrava solo sulla propria lotta e ancora non era arrivata l’ondata del femminismo intersezionale, lei si schierò già attivamente per i diritti civili dei neri nel 1963 e per questo fu anche arrestata. Nonostante ciò, non rinunciò mai a raccontare la storia delle persone segregate, senza farla diventare sua e rimanendo sempre consapevole del suo privilegio.

Ha scritto molti articoli per Liberation, rivista di cui diventerà la prima direttrice donna, e libri. Ha testimoniato guerre e ingiustizie, ha descritto il suo percorso interiore senza paura di mostrarsi vulnerabile, raccontando anche la paura provata in carcere e in Vietnam, la difficoltà di mantenere un approccio nonviolento in certe circostanze e di come riuscire a farlo, però, sia la cosa migliore. Ha quindi saputo integrare il discorso nonviolento a quello femminista, e non solo, in tutti i suoi scritti e in tutte le sue azioni.

Se Barbara Deming è stata fondamentale nel movimento nonviolento in America, spingendo verso una lotta più inclusiva, in Italia c’è stato un gruppo femminista che ha segnato la storia del movimento italiano per il disarmo. Si tratta delle femministe lesbiche che hanno costituito un campo chiamato “La Ragnatela” per manifestare contro l’installazione della più potente base missilistica d’Europa a Comiso, vicino a Ragusa, negli anni Ottanta.

Foto di Peacelink

Erano gli anni della corsa al riarmo atomico, la NATO aveva approvato l’installazione di circa 572 missili a medio raggio nella base di Comiso in funzione antisovietica. Questa decisione lasciò sconcertate molte persone, in particolare gli abitanti della città siciliana e così iniziarono manifestazioni e sit-in. Anche se, in realtà, molti nella presenza di una base militare NATO ci vedevano un guadagno, per cui una fetta consistente dei cittadini rimase impassibile. Alle prime proteste partecipò anche questo grande gruppo di femministe, che però notarono il linguaggio particolarmente violento degli slogan; dettaglio che assieme al contatto con le attiviste del Berkshire, in Inghilterra, dove erano state portate avanti proteste simili, spinsero le femministe siciliane ad unire le forze proprio con le inglesi e organizzare un campo pacifista, “La Ragnatela”.

In realtà, la collaborazione fra donne e persone provenienti da varie parti del mondo non era una novità. Infatti a Comiso era già stato organizzato l’8 marzo internazionale nel 1982. Però questa volta si trattava di un’esperienza ancora più potente: donne con diversi background, abitudini e tradizioni, non solo erano unite dai loro ideali e dalla causa che appoggiavano, ma anche dalla forza di volontà e dai sacrifici che erano disposte a fare per poterli difendere. Comprarono un pezzo di terra a un prezzo simbolico e vissero là accampate per moltissimo tempo; le ultime a lasciare il campo lo fecero nel 1984.

Uno dei ruoli fondamentali delle attiviste inglesi e italiane fu quello di motivare la popolazione. Mobilitarono i cittadini, rendendoli più coscienti della situazione. Un atto essenziale in questo senso fu un’azione coordinata Comiso-Greenham Common, campo pacifista inglese, nel dicembre 1982: in entrambi i luoghi, a un solo giorno di distanza, le pacifiste di Comiso bloccarono l’ingresso dell’aeroporto militare Magliocco, intrecciando fili di lana colorati, e le inglesi fecero altrettanto, circondarono la base NATO nel Berkshire, tessendo una ragnatela con fili di lana e attaccandoci sopra oggetti di vita quotidiana. Dopodiché, nel 1984 l’80% dei siciliani che votarono al referendum autogestito (5 milioni di schede) si espressero chiaramente contro l’installazione dei missili. La Ragnatela aveva fatto la differenza.

Questi sono solo due esempi di come le donne e il femminismo abbiano contribuito imprescindibilmente all’interno del movimento nonviolento. Il primo ci insegna che non si deve mai smettere di imparare e informarci, ci spinge ad aprire la nostra mente, a essere consapevoli dei nostri privilegi e a difendere i diritti di qualsiasi persona discriminata. L’altro, invece, ci dimostra la forza, simbolica e non, della nonviolenza, soprattutto quando ad agire è un gruppo unito e convinto dei valori per cui combattere. Infine, entrambi sicuramente sono la dimostrazione che tutti i movimenti il cui obiettivo è migliorare la società sono più efficaci se agiscono insieme: non esiste pace senza uguaglianza, non esiste femminismo senza diritti civili per tutti e a oggi si può affermare con assoluta certezza che non esiste niente di tutto ciò senza lotta all’emergenza climatica.

Fonti:

Sheehan, Radici del femminismo nonviolento rivoluzionario di Barbara Deming, Centro

Studi Sereno Regis, 2021

Ruscica, C’era una volta la ragnatela. Esperienze lesbiche e femministe a Comiso: http://storieinmovimento.org/wp-content/uploads/2017/08/Zap21_18-Interventi2.pdf

Università Ca’ Foscari Venezia, Deportate, esuli, profughe. Rivista telematica di studi sulla memoria femminile, n. 46, Luglio 2021:

https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/ n46/DEP_46_unicofile.pdf