Il pensiero e l’azione politica del Mahatma Gandhi rappresentano l’espressione più alta del movimento culturale indiano che mirava alla piena riaffermazione dei valori essenziali della tradizione induista contro l’imitazione servile di idee occidentali, la quale si era andata sviluppando insieme all’immagine trionfante del colonialismo britannico, alla società industriale, all’opulenza e al nascente consumismo.
Gandhi, partendo dalle basi della cultura indù è stato in grado di darci lezioni ante-litteram di decrescita, nonviolenza, pacifismo ed ecologia profonda. Di questo ne parliamo con Gloria Germani, ecofilosofa impegnata da sempre nel dialogo tra Occidente e Oriente, allieva del filosofo Serge Latouche, dell’ecologista svedese Helena Norberg Hodge e del giornalista Tiziano Terzani, del cui pensiero è tra le massime esperte. Attiva nei movimenti deep ecology, nella Rete per l’Ecologia Profonda, in Navdanya International e nell’Associazione per la Decrescita, è praticante dell’Avdaita Vedanta (Via della Non-dualità), la più conosciuta fra tutte le scuole Vedānta dell’induismo. Nel 2002 scrive il libro Madre Teresa e Gandhi con la prefazione di Terzani che, essendo fortemente interessato a Gandhi negli ultimi anni della sua vita , disse: “Il libro della Germani ci offre una delle migliori interpretazioni di Gandhi che mi sia capitato di leggere”.

L’economia deve essere per l’uomo e non deve essere l’uomo assoggettato all’economia. Come immaginava Gandhi l’economia e quale ruolo avevano le comunità? Autosufficienza e autoproduzione per uno stile di vita ecologico. Quale era il pensiero di Gandhi a riguardo?

Per Gandhi il lavoro deve essere fatto e costruito per nobilitare l’uomo. C’è una frase molto famosa di Gandhi degli anni ’40 che vale la pena di citare. “Mi oppongo alla “follia” della macchina, non alla macchina in quanto tale. La follia riguarda le cosiddette macchine risparmiatrici di lavoro. Gli uomini continuano a “risparmiare lavoro” fino a che migliaia di individui rimangono senza lavoro […] La macchina oggi serve soltanto a far salire i pochi sulla schiena delle moltitudini. L’impulso che sta dietro a tutto questo non è risparmiare lavoro per amore degli uomini, ma l’avidità. Combatto con tutta la mia forza contro questo stato di cose . Oggi che un manciata di persone possiede la ricchezza di metà della popolazione mondiale, e visto l’inarrestabile incedere della robotica, la posizione di Gandhi risulta molto lungimirante. Essa è pienamente in sintonia con molti movimenti di ritorno alla natura, ambientalisti e ecologisti.

Fritz Schumacher- l’economista europeo che più ha ripreso Gandhi, sosteneva nel 1975 che “se si considerano le persone più importanti dei beni, si tende a massimizzare il lavoro e non la produzione. L’obbiettivo, allora, diventa quello di offrire a tutti la possibilità di lavorare, sia per sviluppare così le proprie abilità, sia per superare il naturale egocentrismo lavorando con altri in vista di uno scopo comune, e, infine, per fornire anche i beni e i servizi necessari all’esistenza” . Questo genere di economia è detto della permanenza e non della crescita. La visione di Gandhi era molto articolata e coerente se ci preoccupiamo di approfondirla, benché sia in completa antitesi al concetti dell’economia moderna. Il sistema sociale che il Mahatma auspicava all’indomani dell’Indipendenza dalla Gran Bretagna, era il Sarvodaya, letteralmente “il servizio di tutti”. Ogni individuo avrebbe dovuto agire esclusivamente al servizio di tutti gli altri esseri umani all’interno di piccole comunità locali, cioè preservando e sostenendo i 700.000 villaggi dell’India. Tale servizio sarebbe naturalmente confluito nel “bene comune”. Il “Servizio di tutti” funziona insieme agli altri tre pilastri: “forza della verità” (Satyagraha) ovvero non violenza nei confronti non solo degli altri uomini ma anche della natura e dell’ecosistema; “l’amore e la predilezione dei materiali locali e artigianato locale” (Swadeshi); ed “l’auto-governo o indipendenza” (Swaraj). Quest’ultimo, come abbiamo già visto, è prima di tutto la manifestazione del controllo (raj) di sé (swa) e delle proprie passioni egoiche, e solo allora può diventare autogoverno politico e indipendenza nazionale.

Tutto questo è esattamente il contrario della “scienza economica moderna”, secondo cui la società si basa sull’egoismo individuale e sull’Homo homini lupus di Hobbes, cioè su una concezione dell’uomo essenzialmente predatoria e violenta. Come ha dimostrato anche Serge Latouche soprattutto nel suo L’Invenzione dell’economia, queste idee sono nate solo tra Settecento e Ottocento, compreso il concetto di individuo singolo che prima non esisteva . In Europa tutto stava cambiando con l’avvento della scienza cartesiana-newtoniana. Il nome più famoso legato alla nascita della nuova “scienza economica” è quello dell’inglese Adam Smith . Professore di giurisprudenza, «applicò i concetti newtoniani di equilibrio e di leggi di moto e li immortalò con la metafora della “mano invisibile” del mercato la quale, secondo lui, avrebbe guidato l’interesse egoistico di ogni imprenditore, produttore e consumatore dando luogo a quella che definì “l’ armonia naturale degli interessi”» . Dunque un sistema composto da individualismi egoistici nella ricerca del proprio interesse egoico si sarebbe trasformato in un complesso armonico per tutti.” . E’ una legge di cui oggi avvertiamo tutta l’infondatezza e il malriposto ottimismo. In quegli anni in Occidente si stava infatti compiendo un ribaltamento etico di portata epocale. I vizi privati, non furono più vizi, ma diventarono virtù che concorrevano alla ricchezza pubblica, così come evidenziato da Bernard de Mandeville nel suo La Favola delle Api: vizi privati e pubbliche virtù. Se oggi ci troviamo di fronte alla a sfida più grande che l’umanità abbia mia affrontato- il collasso climatico- con l’abuso massiccio della terra, dobbiamo capire questa visione predominante che ci ha permesso e ha razionalizzato questo abuso”.

Dovremmo renderci conto che la visione del mondo non-dualista ha prodotto l’economia della permanenza mentre la visione materialista e riduzionista ha prodotto la scienza economica moderna, indipendente e separata da tutto il resto della vita, con il mito della crescita.

Per questi motivi, Gandhi oggi è attualissimo. Le sue posizioni sono molto più sensate oggi per noi occidentali, che non 90-70 anni fa quando non avevamo ancora smaltito la sbornia per la scienza e la tecnologia e il miraggio di beni che avrebbero prodotto.

In tempi non sospetti, Gandhi aveva capito i pericoli moderni della pervasività della società dei consumi e della produzione di cose futili. Cos’è la filosofia del limite e in cosa consiste?

Questo è un punto estremamente importante su cui occorre soffermarsi ( ho dedicato a questo tutto il IV Capitolo del mio libro) . Gandhi lo inquadra benissimo già dal suo libro del 1909 che abbiamo già citato. “La mente è un uccello irrequieto: più ha e più vuole avere e rimane comunque insoddisfatta. Più siamo indulgenti con le nostre passioni, più esse diventano sfrenate. I nostri antenati perciò misero un freno alle nostre indulgenza. Essi videro che la felicità era, in larga misura una condizione mentale. Un uomo non è necessariamente felice se ricco, o infelice se è povero .” scrive Gandhi .

Questo è un tema comune anche al buddismo. La Seconda Nobile Verità ci dice che la causa della sofferenza è il desiderio, il tendere a qualcosa fuori di noi. Infatti se partiamo dalla verità comune al pensiero orientale che tutto è impermalente e tutto è interrelato, la tendenza della mente umana a credere nelle parole e nei fenomeni molteplici ci porta fuori strada. Quando il Buddha realizza che tutte le cose non hanno sostanza, ma passano e diventano qualcos’altro – realizza che la sofferenza sta proprio nell’attaccamento alle cose, nel desiderio di fermarle. Questo vale per le persone, gli stati anche sociali (sono ingegnere, sono banchiere, sono ricco) le proprietà (ho una casa, una automobile), ma anche e soprattutto per il proprio ego, che come tutto il resto, non ha sostanza propria ma passa e va. Attaccarsi morbosamente alla propria sopravvivenza, è infatti considerato un grave offuscamento che ci impedisce di scorgere la nostra vera realtà.

Il pensiero moderno, che nasce in Occidente, ha costruito invece quelle che io chiamo le Fabbriche dell’Ego.
La società industriale , la società dei consumi, deve per necessità vedere quel che produce e per far questo deve fare la pubblicità. Il che vuol dire creare dei desideri che no esistono e con ciò seminare continuamente infelicità. Il principio del marketing e della pubblicità è infatti quello di “creare un bisogno che prima non c’era”.

Cartesio – il padre della filosofia moderna- stabilì la separazione tra ego e mondo esterno ( il dualismo cartesiano). Con una argomentazione che agli occhi orientali sarebbe apparsa come un errore madornale, ha giustificato ed esaltato l’ego. Ed è appunto questo ego che viene glorificato mediante il principio del marketing. Infatti, è proprio attraverso il fenomeno del desiderio che l’Ego si solidifica e si cristallizza, attraverso un processo continuo di insoddisfazione. Come già aveva previsto vari secoli fà Girolamo Savonarola, oggi ci troviamo immersi nella “ fiera delle vanità”. L’obiettivo è invece tacitare l’ego psicologico per raggiungere la nostra essenza silenziosa più profonda, che coincide con l’essenza indivisa dell’universo. Si può chiamare atman nell’induismo, o anatta nel buddismo, ma l’obiettivo è il medesimo: orientare verso un livello molto alto di empatia con ogni essere vivente del passato, del presente e del futuro. “Io” sono un processo, contiguo ad altri processi – nelle menti, nei corpi e nella materia, ovunque, che mi condizionano e che io a mia volta condiziono. Ciò che importa è la relazione, quindi l’essenziale è lavorare per l’armonia del tutto. Il bambino deve essere alimentato dalla cura amorevole genitoriale, solo cosi quando sarà adulto può lavorare con generosità per il benessere degli altri e l’armonia del tutto.

Il sistema industriale, oltre alla visione predatoria e competitiva dell’uomo, implica invece che sia giusto e opportuno modificare la supposta la materia inerte esterna. Premessa questa che è stata del tutto screditata anche dalla fisica quantistica, oltre che dalle filosofie orientali. Inoltre il sistema industriale non può sostenersi senza pubblicità. In sintesi, le fabbriche dell’ego e manipolazione della materia sono i due grandi errori della società moderna. Non c’è da stupirsi se il malessere sta aumentando esponenzialmente sia a livello ecologico, che sociale/esistenziale.

Come dice in un passo molto chiaro Gandhi,” La peculiarità dell’Induismo è l’unità di tutte le vite è ciò fa si che l’uomo non sia il signore della creazione. Quando parliamo di fratellanza degli uomini, pensiamo invece che tutte le altre vite siano li per essere sfruttate per scopi umani. Al contrario l’induismo esclude lo sfruttamento. Realizzare davvero l’unità con ogni forma di vita non è facile, ma l’immensità del nostro scopo pone dei limiti ai nostri bisogni. Come è palese, questo è il contrario della posizione della civiltà moderna che dice: “aumenta i tuoi bisogni”.

Tu citi la filosofia del limite – oggi molto di moda – ma io non ritengo appropriata questa definizione. Perché il limite presuppone un io che deve limitarsi, mentre nella cultura indiana e in Gandhi l’obiettivo è sempre il superamento dell’ego, perché questo superamento è l’ unica fonte di vera felicità e vera libertà.

Per l’induismo e per Gandhi la strada è quella di “liberarsi da ogni sentimento inferiore, cioè dall’attaccamento, dal desiderio-odio, dalla gelosia” , mentre come chiarisce F. Schumacher: « Alla base di ogni atteggiamento economico, ci sono l’ingordigia, l’avidità, l’invidia, la libidine del potere. Queste sono le cause reali della guerra ed è pura illusione cercare di porre le fondamenta della pace, senza prima rimuoverle. È doppiamente illusorio pensare di costruire la pace su basi economiche, perché queste a loro volta si fondano sul coltivare sistematicamente l’ingordigia e l’invidia che conducono gli uomini al conflitto».

In India, Gandhi è considerato il Padre della Nazione. Credi che l’India contemporanea, con il nazionalismo di Modi e la crescita economica annua al 9%, abbia dimenticato i principi ispiratori del Mahatma?

Certamente si. Possiamo dire che già il suo discepolo J. Nerhu, Primo ministro indiano dal 1947, si allontanò dalle indicazioni economiche di Gandhi per seguire in buona parte un modello moderno sovietico. Dobbiamo però afferrare che la questione è più complessa e globale. Lo aveva capito benissimo Terzani che visse e studiò l’Asia per trenta anni, dal 1970 alla morte nel 2004. Aveva osservato « i missionari del materialismo e del benessere economico[…]. Uomini di affari, banchieri, esperti di organizzazioni internazionali, funzionari dell’ONU, tutti convinti profeti dello “sviluppo” ad ogni costo» ., “Uno dopo l’altro, i vari paesi dell’Asia hanno finito per liberarsi del gioco coloniale e mettere l’Occidente alla porta. Ma ora? L’Occidente rientra dalla finestra e conquista finalmente l’Asia non più impossessandosi dei suoi territori, bensì della sua anima. Lo fa ormai senza un piano, ma grazie ad un processo di avvelenamento contro cui nessuno ha trovato per ora un antidoto: l’idea di modernità. Abbiamo convinto gli asiatici che solo ad essere moderni si sopravvive e che l’unico modo di essere moderni è il nostro: il modo occidentale.

E’ questo il processo della globalizzazione, che è stato così ben analizzato da Helena Norberg Hodge. Non si tratta affatto di una naturale evoluzione, come la narrazione storica ci vuole far credere. Piuttosto è la visione materialista che viene imposta attraverso le leggi di Deregolamentazione ( deregulation) approvate a livello internazionale e attraverso pressioni finanziarie. Questo insieme diabolico fa si che nessuno paese possa gestire autonomamente la propria sussistenza ed indipendenza – come voleva Gandhi.

Qual è il filo rosso che lega decrescita, nonviolenza e vegetarianesimo nel pensiero di Gandhi?

Il movimento culturale della decrescita nasce intorno al 2002 come critica all’economia moderna e alla sua legge di fondo che è quella della crescita infinita  (anche se viviamo in un pianeta finito). Come ha recentemente ribadito il suo massimo esponente, Serge Latouche, essa nasce come sintesi di due movimenti culturali: quello della critica dello sviluppo del cosiddetto Terzo Mondo e quello del pensiero ecologista.
Come spero di aver chiarito, Gandhi è uno dei massimi autori della critica allo sviluppo del Terzo Mondo attraverso la sua critica acuminata della civiltà moderna portata dagli inglesi in India.

Inoltre egli ha confutato – con ampiezza di argomenti -l’economia moderna. La sua è una economia della permanenza, basata sulle piccole comunità, inconciliabile con le idee di profitto individuale e di ritorno per gli azionisti insegnati oggi nelle università di economia.

E veniamo infine al tema della nonviolenza – che Gandhi considerava la base stessa dell’induismo.
Attraverso la lettura che ho cercato di proporre, si vede bene come la nonviolenza è la base stessa del pensiero ecologista. Essa nasce dalla certezza che tutto è uno e quindi non riguarda solo i rapporti tra uomini (tra diverse posizioni umane), ma concerne tutti gli ambiti: quindi rapporti con la natura, con gli animali, con tutti gli esseri senzienti, addirittura con i minerali e le altre sostanze inorganiche.

Questa visione è la stessa di quella che oggi chiamiamo Ecologia Profonda. Non è un caso infatti che il vegetarianesimo sia da tempi immemori una dei pietre fondanti dell’induismo. L’importanza del cibo vegetariano, biologico, prodotto localmente (non importato da luoghi lontani) è contrale per Gandhi e in generale per l’induismo, che ha dedicato ad esso una tradizione millenaria. La sacralità della vacca, che è così radicata in India, lungi dall’essere qualcosa di primitivo, è il simbolo della profonda certezza nell’interconnessione del tutto, nell’unità e sacralità di tutto ciò che vive.

Scrive Gandhi: ”Il fatto centrale dell’induismo è la protezione della vacca. Per me, esso è uno dei fenomeni più meravigliosi dell’evoluzione umana. Essa porta l’uomo oltre la propria specie. Godiamo della vista della vacca per realizzare la sua identità con tutto ciò che vive. Per me è ovvio il perché la vacca sia stata scelta come simbolo per antonomasia. In India la vacca era il migliore compagno di vita. Era la portatrice dell’ abbondanza. Non solo ella dava il latte, ma rendeva possibile l’agricoltura. E’ la madre di milioni di indiani. La protezione della vacca significa la protezione dell’intera creazione silenziosa di dio” .

Credo che la lezione di Gandhi sia di vitale importanza oggi per i movimenti ecologisti, per Fridays for Future o Extintion Rebellion, per i pacifisti e per i decrescenti o gli obiettori della crescita. Come ha ribadito Tiziano Terzani solo 20 anni fa, la nonviolenza di Gandhi è l’unica via di uscita ad una spirale di violenza che si è manifestata sempre di più negli ultimi 30 anni sia nelle guerre attuali, che nei confronti dell’Ecosfera con la drammatica crisi climatica.

In estrema sintesi, oggi dobbiamo capire che la pace e la nonviolenza sono possibili soltanto in un contesto non dominato dall’Economia Moderna, cioè in una visione del mondo non fondata sul dualismo (con i suoi corollari materialismo e meccanicismo).