Domani 12 aprile, nell’ambito dell’evento “Liberare la Conoscenza per ridurre le Disuguaglianzeorganizzato a Roma dal Forum Disuguaglianze e Diversità, sarà presentato un Manifesto in cui vengono rilanciate le molteplici proposte di cambiamento strutturale elaborate in questi anni, con l’obiettivo di orientare le transizioni digitale e tecnologica in senso democratico. Durante l’incontro verrà anche presentato lo studio “Mapping of long-term public and private investments in the development of COVID-19 vaccines” (Mappatura degli investimenti pubblici e privati a lungo termine nello sviluppo di vaccini contro la COVID-19) redatto su richiesta del Parlamento Europeo.

Il 3 febbraio 2021 erano in fase di sviluppo 289 vaccini sperimentali contro la COVID-19, di cui 20 nella fase 3 dei test clinici. A marzo 2021, meno di un anno dopo che la pandemia aveva colpito i paesi europei, nell’Unione europea erano state somministrate oltre 34 milioni di dosi, numero destinato ad aumentare rapidamente nelle settimane successive (a inizio aprile 2021 erano state somministrate 74 milioni di dosi nell’UE e, un anno dopo, oltre 844 milioni di dosi).

Ma chi ha finanziato tutto ciò?

Purtroppo, sono disponibili solo informazioni limitate circa tutte le fonti di finanziamento che sono state effettivamente coinvolte. E per questo motivo lo studio richiesto dal Parlamento Europeo assume una valenza particolare. Uno studio che restituisce per la prima volta il calcolo del contributo pubblico e privato allo sviluppo e alla produzione dei vaccini contro il Covid-19, mostrando la netta prevalenza del rischio finanziario assunto dal pubblico rispetto al privato, cui sono tuttavia seguiti enormi extra-profitti per un piccolo gruppo di imprese con la resa delle ragioni dell’interesse pubblico. Viene sfatata insomma quella falsa narrazione secondo la quale i risultati ottenuti con i vaccini si devono soprattutto al rischio assunto dalle imprese farmaceutiche. Lo studio presenta invece la prima stima mai effettuata di quanti investimenti le imprese e gli Stati, il privato e il pubblico, hanno realizzato per individuare e sviluppare i vaccini prima di sapere che funzionassero (quindi investimenti “a rischio”), dimostrando che per i 9 vaccini esaminati dallo studio, la ricerca ha stimato che le imprese hanno realizzato investimenti di 5 miliardi di Euro per Ricerca e Sviluppo e di 11 miliardi per investimenti produttivi prima di avere certezza di vendita, per un totale di 16 miliardi. A fronte di essi, dall’esterno, in quasi completa provenienza dagli Stati, sono arrivate invece alle imprese sovvenzioni a fondo perduto di 9 miliardi per Ricerca e Sviluppo (con enorme variabilità fra imprese riceventi e in larga misura dagli USA) e 21 miliardi di advanced purchase agreements (in parti simili da USA e Unione Europea), cioè accordi di acquisto prima dell’autorizzazione dei vaccini stessi, per un totale di ben 30 miliardi.

I governi e altri attori pubblici rappresentano quindi oltre l’80 % del totale dei fondi esterni assegnati. Il settore pubblico è intervenuto con sovvenzioni, prestiti e Accordi Preliminari di Acquisto – APA (ciascuno con una diversa funzione d’incentivo), pari rispettivamente al 27 %, allo 0,6 % e al 54 % del totale dei fondi esterni assegnati. I fondi rimanenti sono stati forniti da enti filantropici, aziende private terze, partenariati pubblico-privato e dalla Banca europea per gli investimenti (BEI). La percentuale dei finanziamenti pubblici (ossia forniti da enti pubblici a diversi livelli di governo) rispetto ai finanziamenti totali varia notevolmente da impresa a impresa, passando da 100% per Moderna a zero per Pfizer (anche se il vaccino, Comirnaty, è stato sviluppato in collaborazione con BioNTech, che ha ricevuto un sostegno pubblico significativo, il che rende anche Comirnaty cofinanziato dal settore pubblico). In media, i finanziamenti pubblici hanno coperto almeno il 50% delle spese cumulate per l ricerca e lo sviluppo, il che rende i governi i partner principali nello sviluppo dei vaccini contro la COVID-19.

Siamo di fronte –in buona sostanza– ad ingenti investimenti pubblici (di tutti), che vanno però a fare la fortuna soltanto di pochissimi privati: la realizzazione dei nove vaccini è stata ottenuta solo grazie al settore pubblico e non certamente per i soldi dei privati, i quali però hanno potuto godere di elevatissimi extra-profitti realizzati nella vendita dei vaccini. Extra-profitti che in alcuni casi hanno raggiunto decine di miliardi di euro, assolutamente non giustificati dal rischio di mercato assunto. Un rischio che è stato invece due volte maggiore per gli Stati, che in definitiva si avvalgono dei contribuenti attuali e futuri. Stati che purtroppo – e incredibilmente – non hanno esercitato la funzione di governo e quindi di controllo dei prezzi e distribuzione, che competono a chi si assume il rischio maggiore. Se lo avessero fatto, avrebbero potuto utilizzare quelle ingenti risorse finanziarie che sono andate nelle tasche dei privati per rafforzare- per esempio- i sistemi sanitari pubblici, sempre più scassati un po’ ovunque.

Il documento si conclude auspicando “di prendere in considerazione un intervento pubblico più diretto (approccio attuato con successo per la politica spaziale e altri settori con base scientifica): creare un’infrastruttura paneuropea di R&S e predisporre la fornitura di medicinali in determinati settori critici, con una dotazione di bilancio e un’ambizione scientifica paragonabili a quelle dell’NIH statunitense, combinando gli sforzi dell’UE e degli Stati membri”.

La versione integrale dello studio europeo sulla “Mappatura degli investimenti pubblici e privati a lungo termine nello sviluppo di vaccini contro la COVID-19” è disponibile soltanto in lingua inglese al seguente indirizzo:

https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2023/740072/IPOL_STU(2023)740072_EN.pdf.

Questa una scheda di sintesi in italiano:

https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2023/740072/IPOL_STU(2023)740072(SUM01)_IT.pdf.