Fin dagli albori della vita sulla terra, l’arte è uno dei mezzi di comunicazione più produttivi: attraverso le più svariate forme artistiche l’uomo ha soddisfatto il proprio bisogno di comunicare, dalle pitture rupestri raffiguranti scene di vita quotidiana, alle bellezze monumentali oltretempo, ma anche la necessità di denunciare ingiustizie o problemi sociali, ecologici, politici. In tempi in cui la crisi climatica si è elevata a flagello indiscusso del XXI secolo, la libertà creativa è accorsa in soccorso dell’uomo assolvendo in modo ineccepibile il proprio compito di denuncia. Ci si è pertanto abituati a leggere il legame che unisce arte e crisi climatica proprio in quest’ottica, considerando la prima uno strumento per denunciare la seconda.

Eppure, ci si renderebbe subito conto che la correlazione tra arte e crisi climatica è ancora più profonda di quanto si è soliti pensare. Se per un attimo si provasse a immaginare il Colosseo che viene spazzato via da un tornado o la Torre di Pisa spezzata in due da una tempesta, ci si renderebbe subito conto che i disastri ambientali, conseguenze della sempre più acuta crisi climatica, stanno mettendo a rischio gran parte del patrimonio culturale mondiale. Scenari simili sembrano provenire dalle più apocalittiche delle fantasie, non sono tuttavia così irreali.

Gli effetti della crisi climatica sul patrimonio culturale

Riscaldamento globale, crisi climatica, disastro ecologico, sono espressioni entrate ormai nel quotidiano e non fanno poi così tanta paura come dovrebbero, per quanto scienziati e giornalisti si sforzino costantemente per trovare termini nuovi di maggiore impatto. È infatti già dagli anni Settanta del secolo scorso che studiosi da tutto il mondo cominciano a parlare di crisi climatica, sottolineando la condizione di causa effetto tra i mutamenti ambientali e gli eccessi delle attività umane. Nella speranza di azioni concrete e repentine, negli ultimi tempi scienziati e attivisti da ogni angolo della Terra hanno cominciato ad urlare a gran voce mettendo in guardia dalle conseguenze a breve e lungo termine dei cambiamenti climatici. Nonostante oggi si stiano conoscendo i disastrosi effetti della crisi climatica sempre più da vicino, gran parte della popolazione continua a fare orecchie da mercante.

Questo perché la crisi climatica è un fenomeno esteso nel tempo e nello spazio, e, pertanto, viene considerato come qualcosa di troppo lontano, di distante, che non tocca direttamente il singolo, come se non si vivesse sullo stesso pianeta che stiamo distruggendo. Ma se è vero che non si è ancora spaventati dallo scioglimento dei ghiacciai perché questi sono “troppo” distanti, né tantomeno dal famoso buco dell’ozono con cui conviviamo da decenni, da un lato è anche vero che meteo estremo, alluvioni, siccità, non sono poi fenomeni così estranei.

Sono ancora impresse ben chiare le immagini delle alluvioni che nel 2021 hanno colpito in maniera violenta Germania, Belgio e Paesi Bassi, e anche il 2022 non si è fatto mancare alluvioni, siccità, uragani che hanno colpito gravemente ogni parte del mondo. Per quanto riguarda l’Italia, accanto alla siccità nel Settentrione, il 2022 è stato segnato da una serie di alluvioni devastanti, per l’esattezza 62 da gennaio a settembre. Nonostante la gravità e il costo, in termini di vite umane in primis, dei disastri ambientali, è chiaro che le misure preventive messe in atto dai vari governi non sono sufficienti.

Tra le conseguenze terribili della crisi climatica è opportuno mettere in rilievo il pericolo a cui è esposta l’arte in tutte le sue forme. Gli incendi e in particolare le alluvioni rischiano infatti di apportare danni irreversibili a monumenti architettonici, musei e a intere aree considerate patrimonio culturale. Tale è il caso, ad esempio, delle città di Venezia e Ferrara.

Il fenomeno dell’erosione a cui sono soggetti beni architettonici, così come il deterioramento di quadri o statue, sono fenomeni noti. Tuttavia, con i livelli di inquinamento attuali, l’aumento della temperatura globale e le conseguenti frane, alluvioni e altre catastrofi definite “naturali”, ma che di naturale oggi hanno ben poco, i pericoli a cui sono esposti i beni culturali vanno ben oltre una semplice erosione.

Lo scorso febbraio è stata pubblicata da Openpolis un’analisi che mette bene in evidenza il legame tra patrimonio culturale e crisi climatica in Italia. Per valutare il dissesto idrogeologico nella Penisola, nel 2021 l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha realizzato una mappatura delle zone maggiormente esposte a pericolo di frane e alluvioni, tra le calamità più frequenti e che, insieme all’inquinamento, risultano essere i fenomeni che maggiormente contribuiscono al danneggiamento di beni architettonici, monumentali e archeologici. Secondo i dati raccolti, il 7,5% dei beni culturali registrati sarebbe esposto “a pericolosità idraulica alta”, mentre il 23% sarebbe sito in zone a basso rischio.

Già gravemente colpita dall’alluvione di novembre 2019 durante la quale la Basilica San Marco fu sommersa da più di un metro d’acqua, così come altri musei e siti, Venezia è la città maggiormente esposta a rischio elevato registrando ben oltre 4.500 siti a rischio, quasi il 60% del proprio patrimonio culturale. Interamente esposta a rischio inondazioni, ma con percentuale di probabilità inferiore, è invece Ferrara, con ben il 100% di beni culturali in zone a rischio. Ciò non sorprende se si considera che l’Emilia-Romagna, con il 65% del suo patrimonio artistico in pericolo, è la regione maggiormente esposta a disastri idrologici.

Numeri quelli forniti dall’Ispra che fanno senza dubbio riflettere: gran parte del patrimonio culturale è messo in pericolo a causa della crisi climatica, a sua volta causata e incrementata dall’uomo. La natura ci sta mettendo in guardia, ci sta preparando e ci sta dando la possibilità di provare a rimediare ai danni fatti, eppure governi e ministeri vari, così come il singolo cittadino, fanno ancora troppo poco per la tutela del patrimonio artistico e, in primis, del nostro patrimonio naturale.

Se pensare allo scioglimento dei ghiacciai non tocca, almeno ad un primo sguardo, il singolo da vicino, forse i dati citati e atroci immagini apocalittiche riescono a scuotere le coscienze di chi resta ancora indifferente dinanzi al mondo che sta cambiando e alla natura che si sta ribellando.

Nunzia Tortorella

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