Quarant’anni dopo l’omicidio del segretario regionale del PCI Pio La Torre e del militante comunista Rosario Di Salvo (assassinati il 30 aprile del 1982 in Piazza Generale Turba a Palermo), si conoscono gli esecutori, ma restano interrogativi inquietanti sui mandanti, sulle complicità eccellenti e sul contesto nazionale e internazionale.

Alle controinchieste di Pio La Torre e altre illustri vittime su Gladio, servizi segreti, trame occidentali, delitti eccellenti, colletti bianchi, rapporti tra mafia e politica, è dedicato il volume scritto dall’avvocato Armando Sorrentino (legale di parte civile del Partito Comunista Italiano nel processo per il duplice omicidio) e dal giornalista Paolo Mondani (inviato della trasmissione di Rai Tre, Report).

Il volume (presentato nei giorni scorsi nella libreria Tantestorie di Palermo, con un dialogo tra il libraio Giuseppe Castronovo e i due autori) si intitola “Chi ha ucciso Pio La Torre? Delitto di mafia o politico?” (Castelvecchi Editore).

Tra i tanti moventi possibili sono annoverati: la manifestazione pacifista contro i missili occidentali a Comiso in funzione antisovietica; l’ideazione della legge sulla confisca dei beni ai boss; la Relazione di minoranza della Commissione Parlamentare Antimafia scritta da Pio La Torre con Cesare Terranova (ucciso il 26 settembre del 1979 insieme al maresciallo Lenin Mancuso) e altri parlamentari comunisti.

Secondo il giornalista Mondani e l’avvocato Sorrentino, “la vicenda di Pio La Torre appartiene alla democrazia, quella vera, fatta di partecipazione, lucidità e passione che va ricordata e mantenuta dentro i canali di una ricerca delle troppe verità nascoste di questo Paese…. E’ una storia che, negli anni in cui volgeva al termine, raggiunge livelli alti di un discorso concreto sul potere e sul sistema di potere mafioso, fuori da analisi superficiali e di comodo”.

L’avvocato Sorrentino e il giornalista Mondani respingono le tesi depistanti sulla fantomatica “pista interna” e collegano l’assassinio di Pio La Torre e del suo fedele amico Rosario Di Salvo con il contesto della strage di Portella della Ginestra e dei delitti eccellenti degli anni Settanta, in un intreccio di mafia, apparati dello Stato, eversione nera, poteri forti e poteri occulti.

Secondo i due autori, “La Torre aveva fatto coincidere la stagione degli omicidi eccellenti con la messinscena del rapimento di Sindona e i suoi rapporti con la Destra americana. Riteneva che la nuova Cosa Nostra corleonese avesse in testa un progetto condiviso con alcuni capi della Dc. E gridava ad ogni comizio che, con la base di Comiso, la Sicilia sarebbe diventata terreno di manovra di spie, terroristi e provocatori di ogni risma”.

Nel libro si accenna anche all’interesse di Pio La Torre per il dossier scottante del vicequestore Giuseppe Peri che, ostacolato dai superiori, nel 1977 attribuisce il disastro di Montagna Longa e i delitti eccellenti di magistrati (da Scaglione a Occorsio) alla strategia della tensione e all’eversione neofascista.

Il volume “Chi ha ucciso Pio La Torre?” è preceduto da una prefazione del compianto scrittore Andrea Camilleri, che ricorda la sua conoscenza con il deputato comunista, presentatogli da una comune amica.

Secondo Camilleri, « pur provenendo dalla “destra” del partito, La Torre si ritrovò sulle posizioni della diversità berlingueriana, un’idea che continua tuttora a dare fastidio e che in quel momento era un signum individuationis molto preciso. Altro che moralismo! Certo, tra i moventi la proposta di legge sui patrimoni mafiosi può aver contato ma è dimostrato che la mafia si è assunta compiti anche per conto terzi, una parte di interesse nell’omicidio di Pio certamente l’aveva ma poi tornava comodo ad altri come copertura. Spesso in Sicilia si manifestano questi fenomeni di convergenza di intenti. Sindona, la mafia al Nord, Gladio, quanti altarini rischia di scoprire quest’uomo? Ricordo che ci furono reticenze sul movente dell’omicidio. Subito si disse: la mafia, la mafia, la mafia. Poi subito dopo, anche sui giornali, ci fu chi disse addirittura che si trattava di una resa di conti interna al partito, una cosa assolutamente incredibile ».

Nella Prefazione del volume di Mondani e Sorrentino, Camilleri evidenzia altri fatti inquietanti: “Nella vicenda La Torre ci sono i servizi segreti che lo pedinano per decenni, spariscono i suoi documenti e sparisce la sua borsa. Le borse, chissà perché, spariscono sempre… C’è un filo che collega Portella e le stragi fino a via D’Amelio? Perché non ipotizzare un continuum? Fino ad un certo periodo la mafia ha agito per interposta persona…”