Il prossimo 24 febbraio ricorrerà il primo anniversario dall’invasione russa dell’Ucraina, ultimo atto di un conflitto che si protrae da ormai 9 anni nella regione, figlio delle mire espansioniste della Nato ad est e delle pretese della Russia di tenere sotto stretto controllo le sue tradizionali sfere d’influenza. Un conflitto scoppiato nel 2014 nelle regioni del Donbass che già prima del 24 febbraio aveva prodotto oltre 14mila morti.

La guerra in Ucraina rappresenta la conseguenza più nefasta delle crescenti tensioni interimperialiste delle principali potenze capitalistiche negli ultimi anni. A fronte di una nuova configurazione dei rapporti di forza internazionali e di una crisi sistemica ormai irreversibile, la guerra rimane l’unica risposta che gli Stati capitalisti riescono a trovare per tentare di salvaguardare il loro potere.

Nelle scorse settimane il Parlamento italiano ha votato l’invio di armi all’Ucraina per tutto il 2023. Il Governo Meloni, in piena continuità con l’Agenda Draghi e col sostegno della quasi totalità del Parlamento, conferma un coinvolgimento spinto del nostro Paese nel conflitto imperialista ucraino, favorendo così l’industria italiana delle armi e tutti quei settori economici che vedono opportunità di profitto nella ricostruzione dei territori distrutti.

Con la stessa fermezza con cui viene rimarcato il supporto dell’Italia ad una delle due fazioni belligeranti, il Governo Meloni sta portando avanti una guerra alle classi popolari: il taglio del reddito di cittadinanza, la reintroduzione dei voucher e la rimozione dei limiti sull’utilizzo dei contratti a tempo determinato accresceranno le sacche di lavoro nero e precario, specialmente al Sud. L’autonomia differenziata acuirà le differenze già esistenti nell’erogazione di servizi tra le regioni più ricche e quelle più svantaggiate.

Per sostenere ciò, il Governo si adopera per costruire consenso attorno alle sue scelte: le sempre più frequenti collaborazioni tra scuole, istituzioni locali e corpi militari rispondono a questo bisogno attraverso una sottile operazione ideologica volta a legittimare la militarizzazione della società e la tendenza alla guerra, in particolar modo in una regione come la Sicilia costellata di basi militari.

Allo stesso modo si cerca di compattare il fronte interno attraverso l’individuazione di pericoli per la sicurezza dello Stato al fine di avere carta bianca nell’aumentare la stretta repressiva: è il caso di Alfredo Cospito, militante anarchico recluso al 41 bis, il cui sciopero della fame e le mobilitazioni di solidarietà stanno provando a sfondare la linea dell’intransigenza voluta dal Governo.

Torniamo a mobilitarci a Niscemi, luogo simbolo dei piani dell’imperialismo che coinvolgono la nostra regione, e facciamo appello a sindacati, movimenti, collettivi, organizzazioni politiche di manifestare insieme a noi.

Nella stessa giornata ci saranno manifestazioni in diverse città italiane, tra cui una grande manifestazione contro la guerra imperialista a Genova, lanciata dal CALP. I portuali di Genova rappresentano il più fulgido esempio di come sia possibile ostacolare concretamente la filiera bellica, bloccando la movimentazione delle armi. Da Genova a Niscemi uniamo le nostre lotte per dire no alla guerra.

Vogliamo aggiungere – come Redazione locale dell’Agenzia-Pressenza – che a Palermo, alle ore 9,30 di venerdì 24 a Piazza Politeama,  è stata indetta dall’ Udipalermo  la manifestazione per rivendicare l’immediato arresto del conflitto bellico in Ucraina ed opporsi alla montante escalation militare. Scrivono le donne della storica organizzazione palermitana: “Un anno di guerra è troppo! La Pace è la vittoria di cui abbiamo bisogno!”

 

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