Il Belucistan è un territorio del Pakistan, occupato e annesso con la forza il 27 marzo 1948. Da allora il suo popolo ha lottato per riprendersi la sua terra e i suoi diritti dagli invasori.

Il Pakistan continua la sua repressione e la sua crudeltà da 75 anni.

Geograficamente il Belucistan è una regione sud-occidentale del Pakistan confinante con Afghanistan e Iran, comprende il 44% del territorio nazionale, nel quale vivono circa 6 milioni di beluci. Nonostante questo, è la provincia più povera e sottosviluppata, benché molto ricca di risorse naturali; nella regione del Belucistan è sita la quinta più grande miniera d’oro del mondo, e possiede enormi quantità di rame.

In Belucistan ha sede il porto di Gwadar, la cui costruzione è costata 67 miliardi di dollari, centrale per la Cina e i suoi commerci.

Il problema più grave che il popolo beluci deve affrontare è la violenza e la brutalità dell’esercito pakistano. Le sparizioni forzate ed i “finti incontri”[1] sono al culmine nella regione. Il Voice for Balochistan Missing Persons (VBMP) viene fondato il 27 ottobre 2009 da Mamma Qadeer Baloch e Nasrullah Baloch. Il VBMP è un’organizzazione non governativa per i diritti umani che mira ad organizzare proteste, manifestazioni, scioperi della fame e facilita la creazione di rapporti da presentare alle stazioni di polizia o ai tribunali. Il VBMP sostiene che le persone scomparse siano state rapite dalle agenzie di sicurezza pakistane, dagli agenti di frontiera e le varie agenzie di intelligence tra cui l’Inter-Services Intelligence.

Nasrullah Baloch è la presidente dell’organizzazione; suo zio Ali Asghar Bangulzai è stato rapito nel 2000 e mai ritrovato. Il figlio di Mamma Qadeer Baloch Jalil Reki è stato rapito nel 2009 dai militari e il suo corpo venne ritrovato mutilato per strada. Sammi Deen Baloch è il segretario generale dell’organizzazione e suo padre Deen Mohammed Baloch è stato rapito il 28 giugno 2009.

Migliaia di scrittori, poeti, attivisti per i diritti umani sono stati rapiti dalle forze di sicurezza pakistane dal 2000. Nel giugno 2009 è stato rapito Zakir Majeed, che era il leader delle proteste studentesche beluci. Ancora oggi, ogni mese migliaia di case vengono bruciate e rase al suolo. Nel 2011 è stata istituita una commissione per risolvere il problema delle sparizioni forzate, ma la commissione non è riuscita a recuperare le persone scomparse dalle celle di tortura dei funzionari pakistani.

Secondo Voice for Balochistan Missing Persons 53000 beluci sono stati rapiti dai militari pakistani negli ultimi due decenni. Quest’anno centinaia di studenti beluci sono stati rapiti nelle varie scuole ed università dai militari e le loro agenzie. Da quando il PPP (Pakistan People Party) è salito al potere nel 2008 tutti i primi ministri hanno parlato delle persone scomparse; tutti hanno promesso di affrontare la questione finché non sono saliti al governo, dove hanno dimenticato il problema.

Le persone scomparse spesso vengono trovate morte, mutilate e gettate nei fossi; possono essere sottoposte a tortura o a maltrattamento durante spietati interrogatori.

Negli ultimi decenni centinaia di persone sono state ritrovate in varie strutture di detenzione, spesso dopo anni dalle loro denunce di scomparsa.

Il silenzio riguardo questo argomento è facilitato dalla censura dei media pakistani e dalle minacce che derivano a chi parla di diritti e sparizioni, ciò significa che avvocati, politici, attivisti e giornalisti hanno paura di essere rapiti a loro volta.

Le famiglie vengono disgregate e talvolta emarginate e vivono nell’incertezza e dolore.

Chiediamo a gran voce che l’ONU intervenga in questa situazione di negazione dei diritti umani fondamentali e faccia giustizia nei confronti del popolo beluci

Islam Murad Baloch

 

Islam Murad Baloch un’attivista politico e richiedente asilo nei Paesi Bassi. Traduzione in italiano Giovanni Scalzotto

[1] I finti incontri sono indicati dagli attivisti della turbolenta regione pakistana come un modo in cui le persone, rapite estragiudizialmente dalle agenzie di intelligence pakistane per i loro presunti legami con militanti (attivisti politici, studenti o semplici sospetti), vengono uccise dopo un periodo di detenzione e tortura in scontri organizzati, il più delle volte rivendicati dalla polizia antiterrorismo che li dichiara terroristi.