Lotta alla fame nel mondo, dieta alimentare, cura della salute, difesa dell’ambiente, anti-specismo e contrasto ai cambiamenti climatici: sei temi che s’incrociano nella relazione dell’IPCC, l’organismo mondiale per la lotta al cambiamento climatico.

Le informazioni pubblicate, nel 2019, nel rapporto speciale “Climate Change and Land” sono infatti concordati: « il sistema alimentare globale, che include tutte le emissioni generate lungo l’intera filiera dalla produzione fino al consumo, contribuisce per circa il 25-30% delle emissioni antropogeniche di gas serra » [1]. In particolare, « l’agricoltura è responsabile di circa la metà delle emissioni di metano indotte dall’uomo ed è la principale fonte di protossido di azoto, due gas ad effetto serra molto potenti » [2].

IPCC: Per difesa salute e per clima, tagliare consumi di carne

« Per limitare l’innalzamento della temperatura globale a 2°C – spiega il rapporto -, è necessario un cambiamento diffuso delle abitudini alimentari verso diete a basse emissioni di carbonio, che prevedono un consumo maggiore di vegetali e frutta, e una sostanziale riduzione di consumi di carni rosse. Queste diete hanno anche notevoli vantaggi in termini di salute. Il potenziale di riduzione di gas serra dal cambio di alimentazione è elevato » [1].

Che ridurre il consumo di carne, soprattutto rossa, rappresenti un benefico, oltre che per il pianeta ( meno consumo di cereali e di acqua per alimentare gli animali, meno consumo di suolo per ulteriori piantagioni, meno emissioni di gas metano da digestione e scorie animali ), anche per la salute umana è un’informazione nota. Lo studio [3] dell’IARC di Lione pubblicato sulla rivista The Lancet, all’epoca, nel 2015, prima di essere affossato dai media confindustriali, fece scalpore.

L’IPCC insiste, e spiega: « alcune scelte alimentari [ gli allevamenti animali, NdR ] richiedono più suolo e più acqua, e causano maggiori emissioni di gas serra di altri » [2]. Il messaggio è chiaro: gli allevamenti intensivi sono uno dei peggiori esempi al mondo di capitalismo predatorio e inquinante.

IPCC, alimenti: se ne consumano e sprecano in troppi

E, ancora, che « circa un terzo del cibo prodotto va perso o sprecato. La riduzione di questi sprechi e di queste perdite ridurrebbe le emissioni di gas serra e migliorerebbe la sicurezza alimentare » [2].

L’IPCC precisa che « a livello mondiale, attualmente 821 milioni di persone sono denutrite (una persona su 10) mentre 2 miliardi sono invece affette da obesità (2,5 persone su 10) » [1] e che « la sicurezza alimentare sarà sempre più colpita dai cambiamenti climatici con diminuzione delle rese produttive » [2]. La situazione, coll’avanzare del cambiamento climatico, non può che peggiorare: « circa 500 milioni di persone vivono in aree colpite dalla desertificazione » [2].

Con « il cambiamento della dieta alimentare, la riduzione degli sprechi e delle perdite alimentari possono ridurre la pressione sulle risorse, contribuendo allo sradicamento della povertà e al miglioramento delle condizioni di salute e igiene » [1].

In proposito i ricercatori rilevano come « Dal 1960 il consumo di calorie pro capite è aumentato di circa un terzo, il consumo di carne è raddoppiato. Allo stesso tempo, lo spreco alimentare pro capite è aumentato del 40% e corrisponde attualmente al 25-30% del cibo prodotto, che contribuisce all’8–10% delle emissioni del sistema alimentare » [1].

Science: obiettivi Accordo Parigi solo con cambio alimentazione

La rivista Science, con altri studi [4], ha confermato la teoria: « se vogliamo raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, sono necessari grandi cambiamenti nelle modalità di produzione degli alimenti ».

Non si tratta, evidentemente, di “imporre” alla popolazione un regime alimentare più salutare e più razionale. Si potrebbe trattare, semplicemente, di non sostenere il regime alimentare basato sul consumo di carne coi « fondi per la promozione dello stile di vita europeo elargiti dall’UE » [5], oppure di “limitare” la presenza di carni, lavorate e non, nei menù delle mense pubbliche ( scuole, carceri, ospedali ) oppure ancora intervenire con il sistema fiscale, con campagne di educazione alimentare.

Se i cambiamenti nelle scelte alimentari dei cittadini non saranno decisi e sostenuti dalla politica, è certo che saranno imposti dall’industria e dalla ricerca privata: « la start-up israeliana Future Meat Technologies ha inaugurato il primo stabilimento di produzione su larga scala di “carne pulita”. Attualmente sono in produzione carne di pollo, maiale e agnello, ma presto verrà integrata anche la creazione in vitro di carne di manzo. L’obiettivo? Arrivare sul mercato entro la fine dell’anno prossimo [2023, NdR] » [6].

« La carne in coltura cellulare – prosegue l’articolo – può essere prodotta 20 volte più velocemente della carne convenzionale, generando l’80% in meno di emissioni di gas serra ».

E, per chi avesse dubbi, l’Europa è già impegnata, anche economicamente, a sostenere la “carne in vitro” [7].

Fonti e Note:

[1] IPCC Italia, Climate Change and Land, “Domande e Risposte”, 8 agosto 2019, “Rapporto Speciale IPCC sui Cambiamenti Climatici, Desertificazione, Degrado del suolo, Gestione Sostenibile del territorio, Sicurezza Alimentare e Flussi dei Gas ad Effetto Serra negli Ecosistemi Terrestri” [ scarica qui PDF: IPCC – 2019 – Domande e Risposte ].

[2] IPCC Italia, Climate Change and Land, “Comunicato stampa”, 8 agosto 2019, “Il territorio è un risorsa fondamentale, afferma il Report dell’IPCC. È sotto pressione da parte delle attività umane e dei cambiamenti climatici, ma è anche parte della soluzione” [ scarica qui PDF: IPCC – 2019 – Comunicato Stampa ].

[3] The Lancet, 26 ottobre 2015, “Carcinogenicity of consumption of red and processed meat”, Véronique Bouvard, Dana Loomis, Kathryn Z Guyton, Yann Grosse, Fatiha El Ghissassi, Lamia Benbrahim-Tallaa, et al.:

In dettaglio: “Nel complesso, il Gruppo di lavoro ha classificato il consumo di carne lavorata come “cancerogeno per l’uomo” (Gruppo 1) sulla base di prove sufficienti per il cancro del colon-retto. Inoltre, è stata riscontrata un’associazione positiva con il consumo di carne lavorata per il cancro allo stomaco. Il Gruppo di lavoro ha classificato il consumo di carne rossa come “probabilmente cancerogeno per l’uomo” (Gruppo 2A). Il consumo di carne rossa è stato inoltre associato positivamente al cancro al pancreas e alla prostata” [ scarica PDF ].

In ogni caso, ad esempio, anche il giornale “Humanitas Salute”, edito dal gruppo ospedaliero Humanitas,stituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), precisa come « in generale è bene comunque ricordare che chi segue diete ricche di proteine animali, soprattutto carni rosse e lavorate, hanno un maggior rischio di sviluppare patologie come diabete, infarto e problemi cardiovascolari, obesità e cancro. Tra i tumori, il rischio aumenta soprattutto per quelli dell’apparato gastro-intestinale (colon-retto e stomaco), ma anche per alcuni tumori “ormone-dipendenti” come quello al seno, alla prostata e all’endometrio ».

[4] Science, 6 ottobre 2020, “Global food system emissions could preclude achieving the 1.5° and 2°C climate change targets”, Michael A. Clark, Nina G. G. Domingo, Kimberly Colgan, Sumil K. Thakrar, David Tilman, John Lynch, Inês L. Azevedo, and Jason D. Hill.

[5] Open, 8 dicembre 2022, “«Carni rosse, salumi e vino sono salvi»: la Commissione Ue continuerà a finanziarli”.

[6] Veganok, 13 luglio 2021, “Carne coltivata: aperto il primo impianto di produzione industriale”.

[7] Euro Parlamento, Interrogazione parlamentare Salvatore De Meo (PPE), Lucia Vuolo (PPE), Andrea Caroppo (PPE), 3 novembre 2021, “Finanziamenti europei destinati alla produzione di carne in vitro”.