In questi giorni ci si è indignati per la presenza della Coca Cola alla COP27, ma bisognerebbe parlare della costante violazione di diritti umani da parte della multinazionale stessa per l’estrazione a basso costo (e con poca trasparenza) della materia prima, la gomma arabica, un emulsionante naturale estratto dall’acacia Senegal, ingrediente fondamentale per sciogliere una quantità così alta di zucchero che altrimenti si depositerebbe in fondo alle bottiglie.

La gomma arabica ha diversi impieghi: vino, caramelle, confetti, marshmallows, yogurt, e poi colori, vernici, prodotti estetici, ma, sostiene il Post, il punto cruciale è la sua necessità per la produzione di Coca-Cola e Pepsi.

La gomma arabica si estrae soltanto a sud del deserto del Sahara, nella cosiddetta “cintura della gomma” per le sue attività di raccolta, che va da est a ovest del Sahel, da Mauritania a Etiopia. Sudan, Ciad e Nigeria sono i maggiori produttori a livello mondiale. Nell’Africa saheliana, la “cintura di gomma” si estende da ovest a est dal Senegal alla Somalia. Il campione del mondo è il Sudan, che estrae più della metà e la migliore qualità del cosiddetto Hashab. Sudan, Ciad e Nigeria, che sognano un cartello della gomma arabica come l’OPEC per il petrolio, producono il 95% delle 60.000 tonnellate di gomma esportate ogni anno nel mondo[1].

Nel 2007, parlando della situazione nel Darfur, l’ambasciatore del Sudan negli Stati Uniti John Ukec[2] minacciò di bloccare le esportazioni di gomma arabica, agitando davanti ai giornalisti una bottiglia di Coca-Cola:  “Avete visto quello che ho qui? Questa è una Coca Cola. C’è una gran Coca Cola in Sudan. La gomma arabica, che permette tutte queste bibite, tutte le bibite del mondo, incluse quelle degli USA, per l’80% è importata dal mio Paese. Il Sudan ha le maggiori esportazioni di gomma arabica e molte delle vostre imprese ne hanno bisogno. Sono le armi che abbiamo”[3].

Il Sudan è responsabile fino al 70-80% della produzione mondiale di gomme da masticare – alcuni esperti stimano la cifra fino al 40% – e le catene di approvvigionamento globali all’interno dell’industria delle bevande analcoliche sembrano dipenderne più che mai. I rapporti suggeriscono che nella prima metà del 2013 le esportazioni del Paese sono salite a 33.000 tonnellate con un fatturato di $ 50 milioni (£ 32 milioni).

Non si sa quali aziende si riforniscono di gomma da masticare dal Sudan e anche scoprire quali aziende di bibite la usano come ingrediente è un compito difficile, poiché è raramente elencato sulle etichette. Una ricerca online dei migliori supermercati del Regno Unito mostra numerosi risultati sotto le parole “gomma arabica”, “gomma d’acacia” o “E414”. Secondo la catena britannica di supermercati ASDA, ad esempio, i prodotti di Colgate, Haribo, Nestlé e Rowntrees contengono l’ingrediente.

Gli USA applicano dal 1997 un pacchetto di sanzioni al Sudan, dopo il colpo di stato militare-islamico di Omar al Bashir nel 1989, per aver dato rifugio a Osama Bin Laden e per le relazioni con l’Iran. Dopo la guerra nella provincia del Darfur[4], il Sudan è soggetto a sanzioni internazionali e critiche da parte dell’opinione pubblica occidentale ed è da anni è nella lista del Dipartimento di Stato Usa dei Paesi che sostengono il terrorismo. Le sanzioni proibiscono di importare prodotti sudanesi negli Stati Uniti.

Durante la caccia al presidente Omar al Bashir, ricercato da Tribunale Penale Internazionale per
il genocidio del Darfur emerse quella che il Le Monde Diplomatique ha definito “Soda pop diplomacy”[5], con specifico riferimento agli USA. Risulta infatti che le lobby delle grandi corporation insieme alla diplomazia statunitense si impegnarono per accettare l’importazione dell’indispensabile gomma arabica[6].

Non si fa menzione della gomma arabica nel Rapporto di sostenibilità della Coca-Cola del 2012[7] e la società non ha confermato né smentito la sua fonte. Tuttavia, in un’intervista di alcuni anni fa, Mansour Khalid, presidente del consiglio di amministrazione della Gum Arabic Company, ha dichiarato alla National Public Radio che la Coca-Cola “compra gomme lavorate che provengono dall’Europa e l’Europa compra dal Sudan. L’intera faccenda è stupida”.

La Coca Cola e altre multinazionali delle bibite gassate non offrono alcuna trasparenza ai consumatori e non specificano da dove estraggono questo ingrediente così fondamentale[8]. Da quali aziende si riforniscono? Come ottengono le loro materie prime[9]? Parliamo di un ingrediente che raramente compare nelle etichette, anche se ampiamente usato.

Sarah Rivas, un’operatrice umanitaria indipendente che vissuto in Sudan, lavorando a progetti per costruire mercati sostenibili per i piccoli agricoltori, ritiene che le aziende dovrebbero essere trasparenti rispetto alla loro catena di approvvigionamento globale e rispettare i diritti umani: “Per molti agricoltori locali, il raccolto di acacia è una questione di sostentamento. Non è detto che boicottare la Coca Cola per protesta funzioni, poiché queste aziende si riforniranno altrove o cercheranno alternative. Nemmeno i sostituti chimici più economici sono la risposta”

Ad oggi 5 milioni di persone nel solo Sudan dipendono dal reddito della gomma arabica, con alcuni che guadagnano meno di £ 900 all’anno. Il regime di Khartoum guadagna più entrate dal petrolio che dalla gomma arabica, ma nessun mercato ha preso sul serio questa minaccia. Gli affari continuano, ma l’embargo è ipocrita perché punisce i sudanesi, il 20% dei quali dipende dalla gomma.

“Per quanto ne so, le aziende di bibite non acquistano la gomma grezza direttamente dagli agricoltori, ma forse dovrebbero. Se questo venisse fatto correttamente, potrebbe portare a salari migliori e condizioni di lavoro regolamentate”, ha affermato Rivas, riferendosi alla necessità di investimenti in programmi di sostenibilità per la gomma arabica, simili al progetto di Coca-Cola per sostenere la coltivazione della canna da zucchero. “Se preferiscono non essere strettamente associati al Sudan, aziende del calibro di Coca-Cola e PepsiCo dovrebbero almeno fare luce sulla questione”.

Molte zone dell’Africa sono ancora in guerra, anche se nessun media ne parla e alcune inchieste di Al Jazeera dimostrano che i guerriglieri sono anche coltivatori di gomma arabica. Dopo l’11 settembre, l’intelligence americana scoprì come parte del ricavato della vendita della gomma arabica venisse usata per finanziare le azioni di Al-Qaeda. Il fatto destò una certa impressione, a tal punto che il senatore repubblicano Frank Wolf arrivò a dire: “Ogni volta che compriamo una bibita gassata di marca americana, contribuiamo ad arricchire le casse di Bin Laden”.

Niente da fare: Coca e Pepsi continuarono a essere commercializzate, con la gomma arabica al loro interno e la Coca Cola, sponsor della Cop27 a Sharm El Sheik, continua il suo greenwashing.

[1] https://ecodiario.eleconomista.es/espana/noticias/638941/07/08/La-goma-arabiga-en-Sudan-mana-celestial-y-arma-estrategica.html

[2] https://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2007/05/30/AR2007053002157.html https://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2007/05/30/AR2007053002157_2.html

[3] https://www.youtube.com/watch?v=lbbxNNeq41k

[4] https://home.treasury.gov/policy-issues/financial-sanctions/sanctions-programs-and-country-information/sudan-and-darfur-sanctions

[5] https://mondediplo.com/2011/06/15gumarabic%20

[6] https://www.theguardian.com/world/2013/apr/30/sudan-rebel-coca-cola

[7] https://www.npr.org/2007/06/20/11224050/gum-arabic-sudans-miracle-commodity

[8] https://www.theguardian.com/sustainable-business/gum-arabic-soft-drink-supply-chain

[9] https://www.theguardian.com/global-development/gallery/2013/apr/01/harvesting-gum-arabic-sudan-in-pictures