Anna Foa: “se non è più il tempo dei processi deve essere il tempo di capire che il fascismo è stato negativo fin dall’inizio e non solo dal 1938 o dall’entrata in guerra dell’Italia, bensì dall’abolizione della democrazia e della libertà”.

Sono insieme ad Anna Foa, una delle più grandi storiche della Shoah in Italia, per parlare del suo ultimo libro, edito da Laterza, uscito qualche giorno fa intitolato “Gli ebrei in Italia. I primi 2000 anni”. Un libro che racconta l’importanza della cultura ebraica, e su quanto abbia influenzato in positivo prima le varie regioni e poi lo Stato unificato dell’Italia. Quanto si sono influenzate a vicenda la cultura italiana e quella ebraica?

Innanzitutto dobbiamo partire dall’importanza della presenza ebraica accettata, prima nelle varie regioni e successivamente nella nazione italiana unificata, come una minoranza organizzata, collettiva, che aveva una storia e una religione diversa rispetto alla maggioranza. Una presenza così lunga nel territorio italiano non era certo una cosa scontata, basti pensare alla Francia dove già intorno alla metà del XIV secolo gli ebrei furono espulsi mentre a fine Duecento erano stati espulsi dall’Inghilterra, dalla Spagna furono cacciati nel 1492 e pochi anni dopo anche dal Portogallo, e in tutti questi casi gli ebrei furono cacciati per via della loro religione perché gli stati volevano mantenere una sola religione. Nella penisola italica la situazione è diversa ed entrambe le culture hanno finito per influenzarsi a vicenda, già nel periodo romano gli ebrei parlano in latino, infatti se si fa una storia attraverso le lapidi si vede che soltanto in alcuni periodi queste sono scritte in lingua ebraica, successivamente ci sono state interazioni proficue con la cultura cattolica (anche se non dobbiamo dimenticarci della creazione dei ghetti e di altre forme di discriminazione), il rinascimento, l’unificazione italiana fino ad arrivare ai giorni nostri.

Il libro parla dei primi 2000 anni quindi inevitabilmente vai ad affrontare il fascismo, le leggi razziali, la deportazione e lo sterminio degli ebrei. A 100 anni dalla marcia su Roma, guardando ai processi e all’aspetto culturale, basti pensare che ogni anno i nostalgici vanno in pellegrinaggio a trovare la tomba di Mussolini, o ai calendari e gadget che vengono venduti su di lui, l’Italia è riuscita a fare i conti con la propria storia e con il fascismo?

L’Italia questi conti non li ha mai fatti, e questo dipende anche dal fatto che abbiamo una storia diversa da quella di altri paesi occupati dai nazisti. Noi siamo entrati in guerra al fianco della Germania poi dopo l’armistizio abbiamo avuto un governo fantoccio, che ha guidato la caccia all’ebreo tra il 1943 al 1945, una caccia portata avanti in primo luogo appunto dai repubblichini di Salò. In seguito anche per poter andare alle trattative di pace da vincitori e non da vinti, l’Italia ha cancellato le colpe del passato che non erano solo quelle della guerra, ma quelle del fascismo, della mancanza di libertà, delle violenze. Tutto ciò è stato naturalmente reso possibile dall’amnistia concessa dal ministro Togliatti, fare i conti col passato sarebbe stato troppo difficile in quel momento, che ha in realtà cancellato questo passato. Ora non è più il tempo di fare processi, inoltre molti di quelli fatti nel dopoguerra hanno portato a rapide assoluzioni o cancellazioni di pene, e quindi quasi nessuno ha pagato per i suoi crimini. Tuttavia se non è più il tempo dei processi deve essere il tempo di capire che il fascismo è stato negativo fin dall’inizio e non solo dal 1938 o dall’entrata in guerra dell’Italia, bensì dall’abolizione della democrazia e della libertà. Ma questo non è ancora stato capito e l’immagine che si ha ancora oggi del regime fascista in Italia è quella di un regime dove in fondo i treni arrivavano in orario, c’era la battaglia del grano, e dove poi Mussolini avrebbe perso la testa prima entrando in guerra, poi finendo con la Repubblica di Salò a lanciare la caccia agli ebrei. Ma di quest’ultima cosa non si parla troppo, perché c’è l’idea che siano stati solo i nazisti ad arrestare gli ebrei e non i fascisti che invece nel novembre 1943, con le leggi di Verona, hanno sguinzagliato i loro militi contro gli ebrei. Questa idea che siano stati solo i nazisti a realizzare la Shoah porta molti italiani, anche ebrei, a riuscire a venire a patti con il fascismo.

In Germania ci sono vari musei sul nazismo, mentre in Italia nemmeno uno sul fascismo. Tempo fa si era discusso di farne uno a Predappio, anche se secondo me la scelta della località era sbagliata perché sarebbe potuto facilmente diventare un luogo di culto per i nostalgici che già vi fanno i pellegrinaggi, ma poi non se ne fece niente. Quanto sarebbe importante la costruzione di un museo nazionale sul fascismo italiano?

Anche io sapevo della possibilità di costruire un museo sul fascismo a Predappio, ma ero contraria perché Predappio è un luogo considerato mitico e quindi non può nascervi nessuna riflessione seria. Fare un museo serio sarebbe una cosa molto importante, ma mi sembra che si stia andando in tutt’altra direzione purtroppo, infatti stiamo andando verso la rivalutazione dei saluti romani e del passato come un qualcosa di normale visto che il fascismo e l’antifascismo sarebbero morti. Tuttavia nel concreto bisogna difendere la democrazia così come la Costituzione, e riflettere su cosa sia quest’ultima perché è antifascista, fatta da antifascisti che spesso sono state in carcere o al confino. E’ il frutto dell’antifascismo. La sua difesa deve essere un nostro dovere.

Edith Bruck, scrittrice sopravvissuta alla Shoah, parlando a La Stampa ha dichiarato: “La condanna di Giorgia Meloni del nazifascismo sono parole vuote, pronunciate solo per legittimarsi. Se è sincera cancelli la fiamma dal simbolo del partito.” Ė d’accordo con le sue dichiarazioni?

Certamente avrebbe dovuto togliere la fiamma, sono assolutamente d’accordo con Bruck. Ora siamo noi che dobbiamo vigilare su questa simbologia che può influenzare l’opinione pubblica, ma ormai che le elezioni sono passate bisogna vigilare soprattutto sulle iniziative concrete del nuovo governo senza soffermarci solamente sulle prese di posizione di principio, naturalmente non mi riferisco a Edith Bruck che ha fatto un ottimo intervento. Sarà molto importante vedere come si svilupperà la questione delle modifiche costituzionali, dalla quale si decideranno molte cose e che richiede la nostra opposizione più netta.

Domenica 23 ottobre, la senatrice Liliana Segre, sopravvissuta all’Olocausto, nel programma Che tempo che fa ha detto: “So, con pessimismo, ma anche con realismo, che nel giro di pochi anni la Shoah sarà una riga nei libri di storia, poi non ci sarà più neanche quella.” Condividi la sua preoccupazione?

Si, io ho lo stesso timore, non perché penso ci sia una vera e propria volontà di distruggere la memoria della Shoah, anche se in qualche parte della destra ci potrebbe senz’altro essere. La memoria della Shoah è diventata praticamente il baluardo su cui si è costruita l’idea antifascista, antirazzista e democratica dell’Europa unita. Tuttavia nel momento in cui l’Europa è in forte crisi, è sotto gravi attacchi, nel momento in cui i sovranisti sono al potere sia in Ungheria sia in Polonia attuando determinate politiche, ed ora chissà anche in Italia (anche se noi abbiamo un’opposizione che potrebbe essere forte nonostante sia fortemente disorganizzata), nel momento della guerra di aggressione russa all’Ucraina, io non so quale potrà diventare la funzione della memoria della Shoah. In questo senso trovo un’intuizione molto importante da parte della senatrice Segre l’aver detto questo: “una riga nei libri di storia.” Forse sarà più di una riga, però non avrà più la funzione di baluardo contro il razzismo, l’antisemitismo e l’odio, ma sarà una semplice considerazione sul passato.

In questa situazione, se andiamo a guardare in Francia, nonostante la presenza di sovranisti come la Le Pen, lì la memoria è molto centralizzata grazie alla costruzione, a Parigi, del Memoriale della Shoah che ogni anno riceve molte sovvenzioni statali per organizzare Master e corsi di perfezionamento sulla didattica e la storia della Shoah. Mentre in Italia c’era un Master di II livello a Roma che non viene riaperto da diversi anni, e l’unico corso di perfezionamento post-laurea è quello di Firenze diretto dalla Professoressa Silvia Guetta. Quanto sarebbe importante quindi che, il nuovo governo investisse risorse per fare aprire nuovi corsi e Master sulla didattica e la storia della Shoah?

Sarebbe molto importante, anche per quanto riguardo la storia della Shoah perché, molti insegnanti non soltanto non sanno come insegnarla ma non conoscono davvero quello che è successo in quel periodo e di conseguenza poi non possono spiegarlo agli studenti. Tuttavia io non credo che sia sufficiente chiedere finanziamenti, poiché è necessario che le scuole e le università partano dal basso per costruire questi corsi, con l’obbiettivo di creare dal basso questo insegnamento. Vedo come la necessità di una spinta spontanea alla conoscenza. Penso che il ruolo dell’insegnamento sia fondamentale, perché è l’unico ruolo che gli intellettuali e i docenti in questo momento possono avere, e quindi credo che vada valorizzato il più possibile visto che i giovani e gli studenti sono spesso, anche se non sempre, ansiosi di conoscere e di sapere. Vorrei che dalle università partisse una forte richiesta di conoscenza, sia sulla Shoah sia sul fascismo.

Ringrazio Anna Foa per il suo tempo e invito tutti a comprare il suo ultimo libro “Gli ebrei in Italia. I primi 2000 anni”.