L’8 novembre si svolgeranno negli Stati Uniti le elezioni di medio-termine per rinnovare Camera dei Deputati, un terzo del Senato, una quarantina di governatori e assemblee di Stato ed enti vari, oltre che per referendum locali e leggi statali sull’aborto, che è stato cassato recentemente dalla Corte Suprema.

Il Partito Repubblicano ha concentrato gran parte della campagna elettorale sui temi economici, dipingendo i Democratici come sperperatori di risorse pubbliche che non favoriscono l’economia (cioè non danno soldi alle aziende) e mettono alla fame una parte della popolazione. Non tutti i Democratici, condizionati anche dalla volontà di non offendere i loro grandi finanziatori (spesso comuni ai Repubblicani), hanno trasmesso un messaggio chiaro contro gli altissimi profitti di molte imprese che alimentano l’inflazione ed ostacolano i diritti sindacali[i].

I lavoratori statunitensi stanno affrontando il costo della vita più alto da un quarto di secolo e molti hanno grande difficoltà a pagare le bollette: una famiglia su 10 ha problemi per procurarsi cibo sufficiente e migliaia di bambini sono denutriti.

Il tasso d’inflazione è cresciuto fino all’8%. La Banca centrale (FED) ha aumentato già cinque volte quest’anno il tasso d’interesse. Come ha dichiarato un mese fa il suo presidente, nominato da Trump e confermato da Biden, uno degli intenti è di far scendere i salari (per far scendere i prezzi!). Nei fatti si tratta di un attacco alla crescita di potere dei lavoratori in quest’ultimo biennio. Un fenomeno dovuto a vari fattori, non ultimo il massiccio abbandono, nell’apice del covid, dal lavoro salariato (the Great Resignation): 48 milioni di persone lo hanno fatto nel 2021, stanche di cultura aziendale tossica, precariato e pericoli della pandemia mal affrontati dalle imprese[ii]. La riduzione della concorrenza al ribasso delle retribuzioni ha innescato un’impennata di attivismo sindacale, a partire dalle aziende di distribuzione di merci.

Come sottolineavamo ad inizio ottobre, grandi aziende come Amazon e Starbucks sono molto citate oggi per le loro politiche antisindacali negli USA. La prima anche per le modalità ossessive di controllo del lavoro e la nascita del Sindacato Amazon Labor Union (ALU), che ha vinto la prima elezione in azienda a Staten Island.

Starbucks Workers United, nato nel 2021 presso la più grande catena di caffetterie del mondo, ha denunciato 300 casi di pratiche vessatorie e 125 licenziamenti di organizzatori nel solo 2022[iii] , oltre a chiusure di negozi sindacalizzati[iv] Il NLRB (l’ente statale che deve garantire il diritto di contrattazione collettiva) ha ritenuto illegittimo escludere da aumenti retributivi i 238 negozi sindacalizzati. Starbucks ha infine fornito al sindacato le date per iniziare le trattative (per singola unità produttiva, come prevede la legge). Che non saranno facili: l’azienda allungherà i tempi sperando che l’alto turnover dei lavoratori aiuterà i lavoratori “lealisti”, se non già presenti trasferiti nei negozi sindacalizzati, a rinnegare (decertificare) tra un anno il sindacato.

Se pur il tasso di sindacalizzazione resta negli USA bassissimo, attorno al 6% (con punte di adesione nel pubblico Impiego) e 100 milioni di lavoratori non sindacalizzati (soprattutto nel Sud statunitense, terra di leggi antisindacali), anche settori storicamente trainanti per il movimento dei lavoratori, oggi ridimensionati dai cambiamenti economici, si sono rifatti vivi.

Nella miniera Warrior Met Coal in Alabama è in corso da aprile 2021 uno sciopero di 900 minatori per recuperare le condizioni contrattuali che la nuova azienda aveva chiesto di abolire per riaprire nel 2015 gli impianti dopo un fallimento[v]. Stato notoriamente antisindacale, energia inquinante, lavoro pericoloso, ma unica fonte di reddito in quelle zone. Oggi il profitto d’impresa è milionario, i picchetti sono attaccati da manager aziendali, i generi alimentari vengono acquistati con risorse sindacali e contributi dei simpatizzanti dello sciopero e distribuiti alle famiglie. L’azienda ha fatto una “lista nera” di 40 minatori a cui non permetterà di tornare al lavoro. Il NLRB, che recentemente ha spesso supportato i lavoratori nelle loro vertenze, in sede locale ha comminato al sindacato una multa per i “mancati guadagni” dell’azienda a causa dello sciopero di 13,3 milioni di dollari, poi ridotta a 435.000: un segno di quanto sia difficile costituire un sindacato nel Sud degli USA.

Lo sciopero dei ferrovieri, tuttora incombente, si è manifestato invece come un incubo per il governo federale a settembre, quando i 12 sindacati di mestiere (una caratteristica ottocentesca del comparto) hanno aperto una vertenza soprattutto per le condizioni di lavoro, contro l’esclusione dalla copertura sanitaria dei permessi per visite mediche e contro una gestione velocizzata dei carri merci che produce migliori risultati finanziari con minor personale, meno sicurezza del ferrovieri e più deragliamenti. Le ferrovie merci hanno perso più del 20% dei posti di lavoro nel solo settore della manutenzione e in totale più di 50.000 dal 2000. La trattativa si è interrotta, è ripresa e si è chiusa sulla base di un arbitrato imposto da Biden, ma solo coi due sindacati maggiori (più quattro che si sono aggiunti in seguito). Non sembra però che abbia risolto il problema dei permessi per visite mediche: non retribuiti, saranno concessi solo in tre giorni fissi alla settimana e con un preavviso di almeno 30 giorni. Alcuni sindacati o loro componenti interne hanno invitato a votare contro l’accordo[vi]. A metà ottobre avevano votato 12.000 dei 23.900 lavoratori e il 56% era contrario.

Queste e altre lotte sindacali, desuete per diffusione territoriale e mediatica, indette da giovani con alto titolo di studio o lavoratori esperti, da sindacati di base neonati o altri con decenni di attività, incideranno sul voto di novembre? I provvedimenti governativi hanno affrontato i problemi della classe lavoratrice allontanandola (soprattutto quella bianca) dal voto a destra, come per una parte è avvenuto con Trump nel 2016?

Appena insediato Biden si era dichiarato il Presidente più filo-sindacale della storia e aveva licenziato il direttore del NLRB nominato da Trump per distruggerne le funzioni a favore dei lavoratori, ma anche a causa della sua maggioranza risicatissima al Senato non è riuscito a fare passare il Pro Act (la legge che voleva aumentare i diritti sindacali) e l’aumento del salario minimo federale per tutti a 15 dollari all’ora (che migliorerebbe la retribuzione di 27 milioni di lavoratori USA). Crediti fiscali per i figli, assegni una tantum e sussidi per la disoccupazione hanno tamponato la fase economica di emergenza covid, ma non hanno migliorato sostanzialmente la copertura sanitaria (che 70 milioni di americani non hanno).

Sebbene l’occupazione sia cresciuta durante la prima metà del mandato di Biden, lo scontro divaricante ormai presente negli USA ha fronti che sembrano prescindere in gran parte dai problemi del mondo del lavoro (ciò che accade anche in molte nazioni europee).

Il contrasto è sulla natura degli Stati Uniti: una base sociale conservatrice si è saldata con una minoranza radicale di destra che non disdegna la violenza politica (lo si è visto nell’assalto al Campidoglio) e non transige più su qualsiasi diversità rispetto alla propria concezione del mondo, affermando di incarnare i “veri valori” USA. E con Trump ha trovato non solo ammiccamenti (come nel dibattito tv con Biden, quando disse al gruppo di estrema destra Proud Boys: “Stand back and stay by” traducibile con “fate un passo indietro, ma tenetevi pronti”) ma anche protezioni, se non inclusioni, nella dirigenza locale dei Repubblicani. La componente liberale del partito è ormai quasi ovunque tagliata fuori dalle parole d’ordine e dagli atteggiamenti trumpiani.

Il New York Times ha riportato come le voci di “guerra civile” siano aumentate a dismisura a destra dopo l’irruzione del FBI nella proprietà di Trump in Florida. Un sondaggio di agosto ha rivelato che più del 40% degli statunitensi pensa che una guerra civile potrebbe verificarsi nel prossimo decennio (quasi il 55% della base repubblicana)[vii].

La speranza degli USA è affidata, ora e più che mai, ai suoi lavoratori, che devono affrontare un padronato che impiega un sacco di soldi per contrastare i sindacati e alle componenti della società civile che hanno una concezione del proprio Paese diversa dalla “Terra dei liberi” (di armarsi e di essere individualisti), ma basata sulla solidarietà.

[i]A.Perez / D.Sirota, Democrats Are Not Talking About the Economic Issues That Most Americans Care About, Jacobin, 17.10.2022

[ii]EDsmart, The Great Resignation Statistics

[iii]M.Sainato,  More workers say Starbucks retaliated for union efforts: ‘I lost everything when they fired me’, The Guardian, 16.10.2022

[iv]N.Bloomberg,  Starbucks Plans to Shut Down One of Its First Unionized Locations in Chicago,WTTW, 13.10.2022

[v]E.Willis, Alabama Miners Are Holding Firm on the Longest Ongoing Strike in the US, Jacobin, 10.10.2022

[vi]J.Furman, Railroad Track Workers Have Rejected Their Proposed Contract,Jacobin, 13.10.2022

[vii]B.Beckett, The Right Might Be Ridiculous, but That Isn’t Stopping Them, 9.10.2022