La mobilitazione che dal 24 di maggio era stata promossa dalla piccola ma determinatissima Associazione di attivisti Vivre et Agir en Maurienne contro la devastante cantierizzazione funzionale al tratto francese della Torino-Lione, non si è fermata con l’arrivo dei Gendarmi. Anzi! E’ già diventata Festa.

Perché come si può non festeggiare un sit-in che per giorni, anche grazie ai rinforzi arrivati dai NoTav italiani, è riuscito a bloccare il transito di un buon numero di betoniere sull’unica via di accesso al cantiere! Mobilitazione che per forza si è interrotta giovedì pomeriggio con l’intervento delle forze dell’ordine, che hanno sgomberato il passaggio sollevando letteralmente di peso i manifestanti e trattenendo alla questura di Modane il portavoce del Movimento Philippe Delhomme (fortunatamente solo per qualche ora…).

Ma intanto ha già avuto l’effetto di riaccendere l’attenzione dell’opinione pubblica francese su uno degli interventi infrastrutturali più obiettivamente insostenibili per l’ambiente, senz’altro meritevole della definizione di climaticidio e come tale da bloccare. Perché se in Italia l’episodio è stato totalmente ignorato, così non è successo in Francia: alla fine di un’estate che tra incendi e siccità estrema, ha imposto l’emergenza climatica all’attenzione dei media mainstream, la mobilitazione degli abitanti di Maurienne ha avuto non poco risalto sui canali TV.

Ed ecco appunto già virale la convocazione per domenica 4 settembre, nei prati circostanti il villaggio di Villarodin Bourget, per quello che sarà un “festoso pic nic condiviso”, alla presenza non solo di associazioni ecologiste, attivisti, cittadini e chiunque vorrà partecipare, ma anche di un buon numero di sindaci, amministratori regionali, membri del Parlamento: i senatori Guillaume Gontard (Presidente del Gruppo Ecologista al Senato Fancese) e Thomas Dossus (Membro del Gruppo Verdi al Parlamento EU); i due deputati europei, Gwendoline Delbos e David Cormand; oltre a Gabriel Amard, Jean François Coulommes  (La France Insoumise), Jeremie Iordanof (Gruppo Verdi) e altri, adesioni in continuo aggiornamento.

Spero tanto che oltre alle tante fasce Bianco-Rosso-Blu d’ordinanza, se ne aggiungeranno alcune anche Bianco-Rosse-Verdi” mi dice per telefono Philippe Delhomme, che non ha perso il buon umore nonostante l’interruzione anzi-tempo di una mobilitazione che speravano di poter proseguire fino al 12 settembre. “Sarebbe un bel colpo d’occhio! Sarebbe il miglior modo di rappresentare un’amicizia ben diversa da quella prevista dal c.d. Traité de l’Amitiè (siglato in pompa magna il 21 novembre scorso e meglio noto in Italia come Trattato del Quirinale, ndr): un’amicizia orientata davvero alla difesa dell’ambiente e dei beni comuni; e quindi, necessariamente, alla massima solidarietà contro questa aggressione del TAV, che da troppo tempo stiamo subendo da entrambi i versanti delle nostre belle montagne. E quello che è successo nei giorni scorsi è stato semplicemente straordinario: la risposta così pronta, generosa, immediata alla nostra richiesta di rinforzi… l’arrivo di tutti quei giovani, soprattutto da Torino, ma anche da varie parti della Val di Susa… encroyable, non trovo altra parola per definire. Ed è da questa solidarietà che dobbiamo ripartire, io questo credo. Spero davvero che alla festa di domani (perché ciò che è successo è da festeggiare) saranno presenti anche un buon numero di sindaci della Val Susa, e magari qualche parlamentare…

E infatti: quasi scontata dalla cittadina di Bussoleno, l’adesione della Sindaca, Bruna Consolini, che già lo scorso inverno aveva partecipato (insieme al Presidente di Pro-Natura, Mario Cavargna e a una piccola delegazione del Movimento NoTav) a una bella iniziativa informativa organizzata a Modane da Vivre et Agir en Maurienne per sottolineare una volta di più l’insostenibile delle procedure di scavo funzionali alla costruzione del tunnel); e non potrà mancare dalla neonata Unione Popolare la partecipazione dei candidati Luigi Celebre e Francesca Bertini e speriamo di altri, campagna elettorale permettendo…

E insomma è successo. È successo che sul fronte dell’opposizione al TAV si realizzasse quella convergenza non solo di ragioni, non solo di scambio d’informazioni e visite e sventolare di bandiere, non solo di appelli congiuntamente sottoscritti all’attenzione dei vari ChiDiDovere, regolarmente sordi a qualsiasi confronto, regolarmente non motivati a rispondere. Ma convergenza proprio fisica, di corpi in carne ed ossa, come risposta immediata al messaggio che, del tutto inatteso, è rimbalzato a una certa ora serale di domenica 28 agosto, sulle NoTav Chat del versante italiano, per dire che dalla Maurienne “c’è bisogno di AIUTO, possibilmente subito, urgentemente!…”

 “Ciao a tutti. Da mercoledì 24 agosto gli abitanti di Villarodin Bourget stanno bloccando il transito delle betoniere destinate al cantiere, per impedire qualsiasi rifornimento di materiale e cemento. 200 m3 di calcestruzzo da scaricare ogni giorno. Siamo una trentina, non abbastanza. Intendiamo rimanere fino al 12 settembre, ogni giorno, dalle 6 del mattino, per impedire qualsiasi rifornimento di materiale e cemento. Sarà soprattutto fondamentale esserci mercoledì, giornata in cui dovrebbero arrivare diversi mezzi… Chiunque possa raggiungerci è benvenuto, disponibili a organizzare un carpooling, non esitate a inoltrare ai vostri contatti…”

E praticamente subito sono partiti i rinforzi dal versante italiano della lotta, per unirsi ai compagni francesi già dalle prime ore del lunedì. Il sostegno è arrivato in particolare dai NoTav Torino e Cintura, oltre che da altri valsusini lungo il tragitto. In loco era già allestito il campeggio per la notte, con ricambio dei rinforzi nei giorni successivi.

Prima o poi doveva succedere, dicevamo… Ottimo che sia successo proprio in questo finale di agosto, che per la Val di Susa è trascorso nella snervante attesa di capire come gestire l’ingestibile, dove e come succederà cosa, dove e cosa soccomberà per prima alla Grande Svendita, al Gran Ricatto delle Compensazioni, nella più incredibile, scandalosa, data per scontata NON trasparenza delle Istituzioni: Regione, Prefettura, Università, alcune (più vulnerabili di altre) Amministrazioni, ormai totalmente appiattite al signoraggio della TELT – nonostante la sempre più evidente insostenibilità di un progetto che, letteralmente, perde acqua da tutte le parti (ma persino in tempi di acuta siccità, cosa vuoi che siano  le 245 fuoriuscite d’acqua causate dal 2017 ad oggi dalle trivelle del Cantiere di Chiomonte, con una perdita media di 102,6 litri al secondo!…)

Così non è stato per la popolazione della Maurienne, sul fronte francese del progetto. Da anni denunciano la situazione sempre più allarmante per le falde acquifere, già in acuta sofferenza per la scarsità di acqua piovana, per non dire della riduzione dei ghiacciai. Ed ecco che appunto, il 24 agosto scorso, la popolazione di alcuni villaggi, in particolare quella di Le Bourget, ha deciso di reagire ed è scesa in strada. Letteralmente: si è data appuntamento alle 6 del mattino sull’unica strada di traffico della zona, e li è rimasta, per ore, in pacifico sit in. Determinata a sbarrare il passaggio di camion e autobetoniere destinate al cantiere della TELT. Esattamente come per i portuali del CALP, che il 5 settembre avranno l’onore di condividere con Jeremy Corbyn (tra gli altri) il prestigioso Premio di World Beyond War per essersi concretamente, fisicamente opposti al traffico di armi, eccoci a riscoprire (in era-social e attivismo da tastiera) la semplice efficacia di un tot di corpi seduti a terra, per un tot di giorni… e per chissà quanti altri giorni se fossero stati di più, e poi sempre di più, e poi ancora di più, come nel caso di quelle straordinarie proteste contadine in India, che anche in pieno Covid sono continuate per settimane e mesi, e tutte le quattro stagioni di un un anno intero… Perché quando si tratta di vita o di morte, non c’è scelta. E se finisce l’acqua, lo sappiamo, finisce anche la vita.

“Gli abitanti di questa regione non possono più sopportare le foreste tagliate, i prati sventrati, le sorgenti prosciugate, i terreni agricoli distrutti e invasi dalle macerie” hanno scritto infatti i cittadini di Maurienne in un volantino illustrato, subito tradotto in italiano e virale sulle chat della Val Susa. “Mentre i ghiacciai scompaiono, gli inverni si accorciano, la siccità e il caldo aumentano, TELT sottrae alla montagna e sversa nel fiume Arc più di 150 litri d’acqua al secondo! Si tratta di 5 milioni di m3 di acqua all’anno persi per sempre (…). Gli abitanti non sopportano che TELT non rispetti la legislazione sull’acqua in vigore in Francia, né le zone di protezione dei bacini idrografici che verrebbero impattati dal tracciato della galleria – aree di protezione che escluderebbero a priori qualsiasi scavo!”

Coincidenza ha voluto che, proprio nelle stesse ore in cui gli abitanti del piccolo villaggio di Le Bourget si mobilitavano in sit in, il Presidente Macron, nel suo primo discorso al Consiglio dei Ministri di ritorno dalle vacanze, stesse pronunciando il suo famoso (e criticatissimo) discorso sulla “fine dell’abbondanza”: riconoscendo a reti unificate la gravità della situazione idrica in termini di “grande sconvolgimento”; e raccomandando (da che pulpito!) la necessità di “adottare le misure più adeguate, per far fronte alla fine dell’incoscienza e dell’abbondanza”.

Argomentazioni prontamente riprese anche dall’appello di Villarodin Bourget: “se davvero vogliamo andare in questa direzione, dobbiamo mettere fine una volta per tutte a questo progetto: perché sottrae denaro pubblico dai reali bisogni delle popolazioni che vogliono servizi pubblici di qualità; perché non facilita affatto la transizione verso una società con basse emissioni di carbonio; perché non offre posti di lavoro sostenibili e significativi…”

Sulla difesa dell’acqua come supremo bene comune, sulla sua gestione necessariamente pubblica, in quanto risorsa di vitale importanza per la produzione di cibo, per la comunità, per la vita dei territori, la Francia ha (per fortuna, ancora) una legislazione molto attenta, come non smette di ricordare ogni volta che può Gabriel Amard, autore di vari libri sull’argomento, fondatore insieme a Jean-Luc Mèlanchon di France Insoumise e neo-eletto deputato nelle file del NUPES per la regione del Rodano.

In Val di Susa Gabriel Amard ci è tornato anche di recente, accompagnato da tre deputate/i del NUPES: Marie-Charlotte GarinÉlisa Martin e Jean-François Coulomme (quest’ultimo presente anche alla mobilitazione anti-betoniere dei giorni scorsi). Sull’assoluta necessità di fermare quel progetto di Alta Velocità così chiaramente nemico dell’ambiente, è convinto da sempre. Sulle possibilità di vincere la partita una volta per tutte, dirottando sulla riqualificazione della linea già esistente una minima parte della spesa (sempre più enorme, inevitabilmente lievitante, sotto tutti i punti di vista insostenibile) prevista per quel “Tunnel che non vedrà mai la fine” (come titolava un recente articolone su Le Canard Enchaîné) è persuaso più che mai e lo ha ribadito anche di recente.

Di un mesetto fa questo suo intervenuto alla Commissione degli Affari Esteri (ovviamente ignorato dai nostri media), per denunciare l’inclusione della Torino-Lione nel famoso Trattato di Amicizia Francia-Italia, sebbene incompatibile con qualsiasi seria considerazione sul fronte della protezione dell’ambiente e soprattutto inaccettabile rispetto a una legislazione francese che in fatto di acqua dice cose ben precise.

 

 

In estrema sintesi:

“L’insieme dei tracciati che sarebbero previsti nel massiccio della Chartreuse o nel massiccio delle Alpi, ignora completamente le leggi che abbiamo in Francia sull’acqua, e in particolare l’interdizione di forare aree che possono interferire con il fabbisogno dell’acqua per scopi domestici. Si tratta di una legislazione chiarissima, che risale al 1964, che il trattato Francia-Italia, non prende in considerazione. Vorrei inoltre far notare che la linea ferroviaria esistente è stata rinnovata per 1 miliardo di € dal 2012 al 2018 e oggi, contrariamente a quello che è scritto nella valutazione degli impatti, non è affatto satura. Transitano solo 23 treni al giorno, contro gli oltre 100 che eravamo in grado di far transitare negli anni ’80. Per non parlare della previsioni di costi, lievitata dai 3 miliardi nel 1991 ai 30 miliardi di oggi. Perciò insisto nel dire che potremmo sollevare gli abitanti delle valli così gravemente affetti da questo progetto di Alta Velocità non solo aumentando la capacità della linea esistente, ma senz’altro depennandolo dal suddetto Trattato e quindi annullato.”

La “fine dell’incoscienza”, appunto. La necessità di guardare una volta per tutte i dati di realtà. Se da questa parte delle Alpi, persino in questi mesi di gravissima siccità, abbiamo potuto continuare a ignorare la situazione in Val Susa, ormai totalmente dimenticata persino in campagna elettorale, quasi fosse un tabù… così non è stato in Francia. L’estate mai stata così feroce, le regioni del sud sconvolte dagli incendi, le migliaia di persone evacuate, i vigili del fuoco che a malapena riescono a contenere le fiamme, sotto assedio persino aree di gran pregio agricolo e vinicolo, come Bordeaux. E poi i ghiacciai che si ritirano, la siccità che si impadronisce dei campi, l’acqua che da bene comune rischia proprio di non esserci più, per irreversibile morte delle falde: emergenza-ambiente mai stata così chiara.

E come si può, in un simile scenario, concepire una linea ferroviaria che già nel testo stesso del progetto della società (ex LTF oggi TELT) che ha preso in carico i lavori, già dalle certificazioni effettuate dalla COWI A/S (gruppo di consulenza internazionale, specializzato in ingegneria, scienze ambientali ed economia, con sede a Lyngby, Danimarca), prevede un drenaggio dai 60 ai 125 milioni di m3 di acqua all’anno, e un progressivo oltre che irreversibile esaurimento delle falde acquifere (leggere per credere a pagina 47 di questo rapporto).

Un twitter postato recentemente da Daniel Ibanez (storico oppositore del TAV in Francia) visualizza con impressionante prossimità lo scempio: lo scrosciare dell’acqua che fuoriesce da due enormi tubi per disperdersi nel fiume, mentre qualcuno (forse un contadino) cerca di trattenere almeno qualche secchio. Intro alle brevi riprese: “in periodo di siccità questa è il costo della Torino Lione…” A un commento tra i tanti, che chiede dettagli circa il decorso di quell’acqua, Ibanez risponde “finisce nel fiume Arc che poi finisce nel fiume Isère, ma la perdita è per i campi e soprattutto per le falde acquifere: danno irreversibile…”

Non meno impressionante la testimonianza di una certa Dani Buisson, di professione restauratrice, raccolta da una rete televisiva durante i giorni della mobilitazione a Le Bourget, che (dal min. 0.40 https://www.youtube.com/watch?v=U0LH3OpjfLc&t=84s) ci fa vedere dall’alto la devastazione di una area che un tempo era soloboschi e foreste, mentre adesso è transito incessante di camion, cumuli di sassi e terra ovunque, e appunto betoniere.

La cantierizzazione che da mesi paventano gli abitanti della Val Susa, che da un momento all’altro potrebbe cominciare proprio dalla piana di San Giuliano, tra Susa e Bussoleno, per poi proseguire cantiere dopo cantiere fino a Torino, nella più totale impossibilità di reazione degli Amministratori, ormai esautorati (grazie al recente Decreto Concorrenza) persino del dovere di tutela verso i territori che amministrano.

Et alorsEnfin… come si può accettare una simile e perdurante incoscienza, e continuare a sostenere la necessità di proseguire in quel buco, che per 57 + 57 km sotto la montagna, avrebbe tali e incalcolabili impatti per l’ambiente!

Infatti, non si può. Ed è su questa crescente percezione di sfaldamento, di decisioni che finalmente si scontrano con l’evidenza dell’insostenibilità, che pur consapevole delle forze limitate, gli attivisti di Villarodin Bourget hanno deciso di mobilitarsi. Scommettendo di poter contare sulla solidarietà che sarebbe arrivata dal di là delle Alpi. Scommessa vinta. Ma non è abbastanza. “Il nostro problema è che siamo isolati oltre che pochi” mi dice Philippe Delhomme. “A differenza della Val di Susa, non abbiamo una città a poca distanza, in grado di compensare i limiti anche culturali della partecipazione locale, con flussi sempre nuovi di giovani e studenti. Siamo 40.000 abitanti in una valle di 120 km. Ma da qualche tempo anche coloro che non avevano mai dato peso al problema del Tav, si stanno svegliando, perché la questione dell’acqua non si può ignorare. Speriamo che da questa mobilitazione, discretamente seguita dai media sebbene così breve, possa scaturire una crescente sensibilità e solidarietà anche in Francia, una presa di coscienza ben oltre i confini delle nostre montagne.”

Nell’attesa, il 4 settembre dalle 10 di mattina in poi, i bei prati di Villarodin Bourget ci aspettano. Ce n’est qu’un debut! Partecipiamo numerosi!

 

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