Da 106 anni, la Chiesa Cattolica celebra la Giornata Mondiale del migrante e del Rifugiato che quest’ anno cade il 25 settembre: lo stesso giorno in cui milioni di italiani vanno al voto dopo una campagna elettorale in cui il tema dell’ immigrazione non ha mai smesso di essere tra gli  argomenti di dibattito acceso. Non si è parlato di integrazione, quanto piuttosto di come arginare un’incontestabile crescita nel 2022 dei flussi migratori,  in particolare quelli via mare. Le proposte vanno da  quelle più restrittive del centro destra, con il ripristino dei decreti sicurezza e/o accordi con i paesi di partenza, a quelle del centro sinistra, che chiedono corridoi umanitari e un dispositivo europeo di salvataggio in mare. Proposte che in entrambi i casi, non sarebbero ahimè risolutive comunque le si consideri. Perché la soluzione resta a monte, nelle cause che spingono milioni di persone in tutto il mondo a fuggire.

Basterebbe osservare meglio quello che si sta consumando da mesi nel Mediterraneo orientale e centrale, entrare nelle storie di chi è costretto a strappare le radici dalla propria terra, giocando a dadi con la morte. Solo così si può davvero capire che l’aumento dei flussi verso l’Europa è legato al caos che ha investito negli ultimi anni Asia, Africa e ora l’Europa stessa. Persone poi lasciate al proprio destino.

Le notizie ci riportano di vittime tra i migranti che attraversano il mare, non solo per annegamento, ma sempre di più per deperimento e disidratazione. Abbandonati per giorni, così in una settimana sono morti di sete sette esseri umani.  Louji, siriana, 3 anni, chiedeva acqua ad una mamma disperata perché su quella barca partita dal Libano rimasta alla deriva vicino Malta, i viveri erano finiti da un pezzo. Morirà poco dopo essere stata trasferita (troppo tardi) in un ospedale maltese.

Nella stessa area di ricerca e soccorso sono spirate altre sei persone. Partite dalla Turchia circa dieci giorni prima, avevano finito viveri e acqua: in quel tratto di mare passano decine di imbarcazioni e tante hanno sfiorato quel barchino, ma nessuno si è sentito in dovere di rispondere alle loro richieste di aiuto. I corpi delle vittime sono stati abbandonati in mare dagli altri passeggeri perché era diventato impossibile proseguire con sei cadaveri a bordo.

“La speranza si è spenta ogni volta che vedevamo barche con persone, acqua e cibo a disposizione che ci passavano accanto senza darci aiuto” è solo una parte degli atroci racconti di chi su quell’imbarcazione era stato abbandonato al proprio destino. Due bimbi piccoli, un dodicenne, due donne e un uomo, tutti siriani, sono morti di stenti. Gli altri sono stati salvati in zona Sar italiana dalla nostra Guardia Costiera e portati a Pozzallo.

Qualche giorno dopo, la nave della Ong Open Arms, in uno dei soccorsi che porteranno a recuperare oltre 400 persone, insieme a un gruppo di sopravvissuti trova anche un cadavere avvolto in una coperta. E’ il corpo di Wegihu, un eritreo di 20 anni, ammazzato di botte in Libia prima di essere caricato ormai senza vita sul  barcone. I suoi compagni di viaggio lo hanno portato con loro fino all’ultimo per dargli degna sepoltura.

Eritrea e Siria sono solo alcuni degli Stati dai quali si fugge per evitare guerre, ma anche fame e persecuzioni. Ci sono anche gli afghani che scappano dai talebani, gli iraniani che scappano da un governo tiranno capace di uccidere una donna per una ciocca di capelli sfuggita dall’hijab, i siriani che scappano da una guerra ormai dimenticata, ma non per questo meno devastante di altre. Si scappa anche dal Libano afflitto da una crisi economica di enormi dimensioni. E poi Libia, Egitto, Algeria, Tunisia: tutta quella fascia del Nordafrica che non trova pace.

I flussi sono aumentati perché i governi di mezzo mondo non sono stati in grado di mediare e di contribuire al miglioramento delle condizioni di vita in questi Paesi. E dunque per risolvere il problema dei flussi e soprattutto delle migliaia di morti in mare, non serve alzare muri veri, virtuali o immaginari. Forse serve piuttosto tornare al vero spirito cristiano che ha spinto a celebrare per la prima volta la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che nel 1914 papa Pio X aveva istituito a livello nazionale, dedicandola ai milioni di emigrati italiani. Nel 1973 questa giornata usciva fuori dai confini italiani e oggi viene celebrata a livello mondiale, non solo per i cattolici, ma per tutti quelli che credono nei Diritti Umani, senza distinzione alcuna. Quei diritti che rischiano di essere soppiantati da un’impunita indifferenza verso l’orrore.

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