“Abbiamo l’obbligo di opporci per evitare di assistere alla svendita totale della nostra città. Non ci fermeremo”. Questo l’obiettivo del gruppo napoletano di Mi Riconosci?  che ieri – con altri soggetti sociali – ha manifestato davanti alle Catacombe di Napoli, per contestare il ministro Franceschini, dov’ era ospite per parlare del suo “modello di cultura” incentrato sulla valorizzazione che, detto in altri termini significa: privatizzazione del patrimonio culturale, uso elitario dei beni culturali, aziendalizzazione  dei musei (“che continuano ad aumentare il loro biglietto”), location evenemenziali ed attrazioni varie. Un modello mercantile che ha determinato le condizioni  per cui chiese e spazi paesaggistici e naturalistici che erano ad accesso gratuito oggi “sono diventati o stanno per diventare a pagamento”

 

Chiese a pagamento, aumento del biglietto d’ingresso dei musei, gestione aziendalistica del patrimonio culturale, uso esclusivo dei luoghi della cultura: è questo il modello di gestione dei beni culturali che l’attuale ministro Dario Franceschini, candidato del PD a Napoli alle prossime elezioni, ha difeso oggi pomeriggio alle Catacombe di San Gennaro.

Un gruppo di attiviste e attivisti di Mi Riconosci, Gridas – Gruppo Risveglio dal Sonno, Chi rom e chi no, Ex OPG Occupato – Je so’ pazzo, SET Napoli – i diritti al tempo del turismo, SET – Sud Europa di fronte alla turistificazione, ha manifestato il proprio dissenso con slogan come “La Cultura non si svende”, “NO privatizzazioni, fondazioni ed eventi privati nei luoghi della cultura”, per ribadire che quella di Franceschini non è e non deve essere l’unica narrazione possibile.

A Napoli, come in tutta Italia, si è assistito negli ultimi anni ad un’estrema parcellizzazione dell’offerta della cultura: luoghi, prima gratuiti, ora sono gestiti da associazioni o cooperative a pagamento, senza aver neppure immaginato un’offerta integrata; la creazione di numerosi musei autonomi (“fiore all’occhiello” della riforma Franceschini), i quali hanno più che raddoppiato il biglietto d’ingresso (il Museo archeologico è passato dagli 8€ del 2017 ai 18€ nel 2022; Capodimonte dagli 8€ nel 2017 ai 12€ nel 2022; Palazzo Reale dai 6€ nel 2021, ai 10€ nel 2022!). L’impressione è quella di trovarsi di fronte non più ad un servizio pubblico, con un biglietto accessibile per larga parte della popolazione, ma ad un’offerta elitaria per i cittadini più abbienti e soprattutto per i turisti, i quali sono più propensi a pagare data l’esclusività del viaggio.

“Negli ultimi anni a Napoli abbiamo assistito a modelli di gestione di beni culturali o parte di essi in maniera esclusiva, da parte di associazioni o cooperative: è questo il modello che oggi difende il ministro. – dichiara Enrico Paris, attivista di Mi Riconosci Campania – Non sempre le stesse garantiscono lavoro qualificato, con le giuste paghe e con contratti di lavoro adeguati”. Per il pubblico questo si traduce in obbligo di pagamento per fruire di beni un tempo gratuiti, motivo che spinge i cittadini a scegliere un altro luogo vicino magari gratis, perché non tutti possono permettersi dai 5 ai 10€ per visitare ogni chiesa.

Le attiviste e gli attivisti guardano inoltre con preoccupazione alla gestione del Cimitero delle Fontanelle e di Castel dell’Ovo: il comune ha già dichiarato che questi luoghi, tra i pochissimi oltre alle chiese ad essere ad accesso gratuito, diventeranno presto a pagamento. Sono in programma altre azioni per evitare che questo avvenga. “Siamo preoccupati perché vediamo attorno a noi un totale disinteresse verso il servizio pubblico essenziale dell’accesso alla cultura – affermano gli attivisti – Il patrimonio culturale di Napoli viene sfruttato solo come una macchina da soldi e noi abbiamo l’obbligo di opporci per evitare di assistere alla svendita totale della nostra città. Non ci fermeremo”.