Universalmente nota come la Giornata mondiale dell’aiuto umanitario, quella del 19 agosto è una data importante del calendario civile, tra i “luoghi della memoria” più significativi, non solo per il suo intrinseco valore etico, ma anche per il senso, che ne costituisce lo sfondo, di un impegno attivo in relazione agli scenari di crisi, di emergenza e di conflitto. Questi ultimi costituiscono infatti l’ambito di impegno proprio degli attori umanitari e degli operatori e delle operatrici della cooperazione in contesti di emergenza, nonché degli operatori e delle operatrici di pace e dei Corpi civili di pace in zone di conflitto.

La data è stata scelta, infatti, per onorare la memoria degli eventi del 19 agosto 2003, quando una bomba all’Hotel Canal, a Baghdad, fece strage di 22 operatori umanitari, e, tra questi, il rappresentante speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per l’Iraq, Sergio Vieira de Mello. La risoluzione con la quale si è provveduto all’istituzione della giornata e alla definizione delle sue caratteristiche è l’importante risoluzione 63/139 del 2008 dell’Assemblea Generale, che, come tutte le risoluzioni dell’Assemblea Generale, non ha valore giuridicamente vincolante, ma che, come spesso accade per questo genere di risoluzioni, soprattutto quando legate a contenuti di carattere politico di così ampio spessore, finisce per avere un valore etico e una caratterizzazione politica di primaria importanza.

I principi umanitari nelle crisi e nelle emergenze

La risoluzione, avente ad oggetto il «Rafforzamento del coordinamento dell’aiuto umanitario delle Nazioni Unite in situazioni di emergenza», ricorda infatti, sin dalle sue note introduttive, «che la violenza, compresa la violenza contro le donne, nonché la violenza sessuale, e la violenza contro i bambini, continua a essere diretta, in maniera deliberata, contro la popolazione civile in molte situazioni di emergenza» e condanna «il crescente numero di attacchi violenti condotti in maniera deliberata contro il personale umanitario e le implicazioni negative per la fornitura di assistenza umanitaria alle popolazioni che ne hanno bisogno». Per questo motivo, richiamando i principi umanitari, vale a dire l’umanità (centralità della persona e dignità della persona, con particolare attenzione ai soggetti più esposti e più vulnerabili), la neutralità e l’imparzialità (non partigianeria nell’intervento) e l’indipendenza (autonomia nell’intervento, in risposta ai bisogni locali), senza distinzioni e discriminazioni, fa appello «a tutte le rilevanti organizzazioni del sistema delle Nazioni Unite e, in quanto appropriati, ad altri rilevanti attori umanitari a proseguire gli sforzi al fine di consolidare la risposta umanitaria alle catastrofi naturali o di origine antropica, nonché alle emergenze complesse, rafforzando ulteriormente le capacità di risposta umanitaria a tutti i livelli, continuando a sviluppare il coordinamento dell’assistenza umanitaria sul campo, comprese le autorità nazionali degli Stati destinatari, e migliorando ulteriormente la trasparenza, lo svolgimento delle attività umanitarie, e la responsabilità». La risoluzione contiene, tra l’altro, un appello assai significativo a tutti gli attori impegnati nelle cosiddette “emergenze umanitarie complesse”, e in particolare in “situazioni di conflitto e post-conflitto”, a «garantire l’accesso, sicuro e senza ostacoli, del personale umanitario, nonché la consegna di forniture e attrezzature, al fine di consentire loro di svolgere in modo efficace il proprio compito di assistere le popolazioni civili colpite, compresi i rifugiati e gli sfollati».

Efficacia e impatto dell’aiuto

È questa, pertanto, la cornice all’interno della quale la risoluzione propone il 19 agosto come Giornata mondiale dell’aiuto umanitario, con l’obiettivo di «contribuire ad aumentare la consapevolezza pubblica sulle attività di aiuto umanitario in tutto il mondo e sulla importanza della cooperazione internazionale in questo senso, nonché di onorare il personale umanitario e delle Nazioni Unite che ha lavorato nella promozione della causa umanitaria e quanti/quante hanno perso la vita in servizio e invita tutti gli Stati membri e le articolazioni del sistema delle Nazioni Unite … nonché le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non-governative, ad osservare la giornata ogni anno in modo appropriato».

Ogni anno le Nazioni Unite scelgono infatti un tema come traccia unitaria e filo conduttore per i contenuti e le attività che, in tutto il mondo, vengono proposte e realizzate per concorrere alla celebrazione della giornata. La Giornata mondiale dell’aiuto umanitario 2022, pertanto, come ricorda il sito tematico delle Nazioni Unite, è dedicata ai temi dell’efficacia e dell’impatto positivo dell’aiuto umanitario e intende fare luce sugli operatori e le operatrici, volontari e professionisti (nonché sulle persone e le comunità toccate dalle crisi e dai conflitti) che, attraverso l’assistenza umanitaria, provvedono a fornire cure mediche e assistenza sanitaria, acqua e cibo, rifugio, protezione, supporto: «in ogni momento e in ogni luogo ove le persone hanno bisogno, ci sono altre persone che le aiutano. Sono le stesse persone colpite – le prime a rispondere quando si verifica un disastro o esplode un confitto – e una comunità globale che le supporta durante la ripresa. Lontani dai riflettori e dai titoli dei giornali, si uniscono per alleviare la sofferenza e riportare la speranza».

Si tratta di una dimensione essenziale per il lavoro di supporto, in uno scenario internazionale reso sempre più drammatico dalla quantità di guerre e di situazione di emergenza ai quattro angoli del pianeta: sono ancora i dati delle Nazioni Unite a stimare che nel 2022 circa 274 milioni di persone avranno bisogno di aiuto umanitario, con l’obiettivo, per le stesse Nazioni Unite, di assistere 183 milioni di persone in 63 diversi Paesi, con un impegno finanziario previsto non inferiore a 41 miliardi di dollari, praticamente l’intero PIL di Paesi come Giordania o Tunisia. Senza considerare il numero di conflitti armati tuttora in corso (in non meno di 30 diversi Stati) e il numero crescente di vittime, di profughi e di sfollati.