Su quanto successo a Bucha, ma anche su altri (veri o presunti) crimini che stanno insanguinando la guerra in Ucraina, come ad esempio le torture sui soldati russi prigionieri, credo che la cosa più giusta, oltre l’umana e naturale riprovazione, sia sospendere il giudizio sulle responsabilità, e chiedere a gran voce che venga nominata una commissione d’inchiesta internazionale, sotto l’egida dell’ONU, composta da osservatori esperti e provenienti da paesi neutrali.

Purtroppo nel clima avvelenato della comunicazione a senso unico che domina ormai i media occidentali, temo che una tale posizione sarà subito tacciata di filo putinismo, o quantomeno di pilatismo e di equidistanza “vergognosa” (aggettivo divenuto ormai canonico sui social per esprimere, in modo offensivo, qualunque tipo di dissenso politico). Ma si tratta evidentemente di una sciocchezza. Un conto sono infatti i giudizi politici di natura generale sulla guerra, con le sue ragioni e le sue motivazioni, altra cosa è indagare per accertare la verità intorno a fatti specifici e puntuali, con   tutte le eventuali responsabilità del caso. In queste circostanze non è la logica della politica e dello schieramento di parte che deve prevalere (almeno nella prima fase che riguarda l’accertamento dei fatti), quanto piuttosto quella del diritto, fondato sulla imparzialità nella ricerca della verità, anche rispetto a eventuali imputazioni di responsabilità diretta e personale, ammissibili, come si sa, solo nel rispetto della formula “oltre ogni ragionevole dubbio”. In buona sostanza il diritto internazionale dovrebbe essere concepito come del tutto autonomo da valutazioni e interessi di tipo politico, o d’altro tipo, che gli sono completamente estranei, uniformandosi alle logiche  e ai principi che, su base nazionale, caratterizzano ciò che comunemente viene definito “Stato di diritto”.

Naturalmente nulla di tutto questo muta il nostro giudizio sulla guerra. L’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia resta in ogni caso, e a prescindere dal valore di fatti specifici che possono caratterizzare il conflitto, un atto vile ed inaccettabile. E’ bene chiarire, a questo proposito, che più che una valutazione politica, la nostra è una valutazione etica: Ogni guerra d’aggressione è un crimine contro l’umanità. Non ci sono eccezioni. Questo significa che la condanna di oggi della Russia deve essere esattamente identica a quella che in passato abbiamo espresso nei confronti delle aggressioni americane perpetrate nei confronti dell’Iraq, della Libia e dell’Afghanistan, e del bombardamento della Bosnia (giusto per limitarci al “peggio” delle pratiche a stelle e strisce, a partire dalla fine della guerra fredda). Anche qui il mainstream potrebbe obiettare che si parla dei “cattivi” del passato per giustificare “i cattivi” di oggi. Ma anche in questo caso si tratterebbe di una stupidaggine. Di fronte all’etica della pace, avere memoria degli orrori delle guerre del passato è un dovere improrogabile, ogni volta che questi orrori tornano a funestare il presente. Nessuno, d’altra parte, penso possa essere minimamente sfiorato dall’idea che rievocare, per esempio,  i crimini nazisti, con tutta la loro abnormità, possa rappresentare una qualche giustificazione per i criminali di oggi.

Questa posizione di assoluto rifiuto della guerra di aggressione in quanto crimine, potrebbe far pensare ad una sorta di indifferenza di fronte a tutte le guerre, considerate in qualche modo tutte identiche nella sostanza della loro inaccettabilità. Questo potrebbe anche essere vero da un punto di vista etico. Esiste tuttavia anche un punto di vista politico, rispetto al quale penso si possa dire, giusto per tornare all’attuale conflitto, che le motivazioni che hanno spinto la Russia alla guerra, e che riguardano, come è noto, per un verso il continuo espansionismo della NATO verso i propri confini, e per altro verso l’esigenza di salvaguardare l’incolumità e l’autonomia delle popolazioni russofone dell’Ucraina, possono anche avere un loro senso e una loro giustificazione. Credo infatti che sia del tutto legittimo ritenere non accettabile avere le armi nucleari del nemico sotto il naso, così come è del tutto giustificabile il preoccuparsi della sorte dei propri fratelli del Donbass, massacrati dal 2014 in una guerra che probabilmente ha fatto, ad oggi, 15.000 morti. Da questo punto di vista sono sicuramente molto meno comprensibili, ed anzi pretestuose al limite del ridicolo, le giustificazioni guerrafondaie degli americani che dovevano “esportare democrazia “ nel mondo, cancellando le armi di distruzione di massa di Saddam, che non esistevano, o le armi chimiche di Gheddafi, che ugualmente non esistevano.

Naturalmente resta il fatto che nulla può giustificare la guerra. La Russia aveva altri modi per affermare le proprie ragioni (e potrebbe averle ancora se il conflitto fosse fermato e si aprissero vere trattative di pace). L’aggressore, chiunque esso sia, accettando la logica della guerra, si mette dalla parte del torto, divenendo colpevole e vanificando ogni sua possibile giustificazione. La logica della guerra è la logica del politico come “assoluto”, del “politico” inteso cioè come schieramento dei fronti e annientamento del nemico, che prevale sulla “arte della politica” intesa invece come capacità di mediazione e di compromesso. La politica deve sempre essere rispettosa del diritto e subordinata all’etica, ed è questo che la guerra nega affermando il diritto del più forte contro qualunque valore di giustizia, e facendo a pezzi in questo modo  l’autonomia del diritto e la superiorità dell’etica.

Colpevoli dunque i russi per avere iniziato questa guerra, ma colpevoli oggi anche gli americani che questa guerra la vogliono proseguire fino alle estreme conseguenze. Non si spiegano altrimenti le dichiarazioni di Biden su Putin, e la richiesta ormai esplicita che il capo del Cremlino venga processato per crimini di guerra da un tribunale internazionale. In pratica significa che la guerra non deve avere fine, se non con l’annientamento dell’avversario, o almeno con la sua morte politica. Ma siccome c’è da dubitare che i carri armati (o le bombe nucleari) USA possano arrivare a Mosca (o almeno lo speriamo), è molto probabile che questa guerra continuerà oltre gli attuali scenari, comunque si concludano le operazioni militari in Ucraina, trasformandosi presumibilmente in una nuova guerra fredda globale. Dove “fredda” è comunque un eufemismo, visto che sarà comunque piena di luoghi di scontro armato e di morte, esattamente come fu la prima. La speranza dell’Occidente, a questo punto, potrebbe essere quella che la storia si ripeta, e che un giorno “la caduta di un muro” da qualche parte della terra, sancisca una nuova vittoria. Ma questa volta i conti potrebbero non tornare, e gli scenari potrebbero farsi veramente foschi per la nostra parte di mondo. La Cina è in grande ascesa e gli USA non sembrano godere di buona salute. In mazzo l’Europa pronta al martirio. Ma questo è un altro discorso, meritevole magari di futuri approfondimenti.