Nei giorni scorsi si è avviata in Emilia-Romagna la raccolta firme per 4 proposte di leggi regionali di iniziativa popolare che intendono intervenire sui temi dell’acqua-rifiuti, dell’energia, del consumo di suolo e delle politiche relative ai rifiuti.

Essa è promossa congiuntamente da RECA, la Rete per l’Emergenza Climatica e Ambientale Emilia-Romagna, che si è costituita ormai 2 anni fa e che raggruppa più di ottanta tra reti e comitati territoriali attive sulle questioni ambientali, e da Legambiente Emilia-Romagna. La proposta di legge sull’acqua-rifiuti intende spostare l’intervento decisionale in materia più vicino ai cittadini e agli Enti Locali, superando l’attuale gestione centralizzata in Regione, riportandola a livello territoriale, e afferma il ruolo fondamentale della gestione pubblica, indicando la strada della ripubblicizzazione del servizio idrico e di quello dei rifiuti; quella sull’energia realizza l’obiettivo di arrivare sul serio alla copertura del 100% del fabbisogno energetico da fonti rinnovabili entro il 2035 e di ridurre in modo significativo i consumi di energia e le emissioni climalteranti al 2030, passando ad un nuovo modello basato sulla produzione e sul consumo decentralizzato e democratico; la proposta di legge sul consumo di suolo, dà priorità al riuso e alla rigenerazione urbana, anche attraverso un censimento degli edifici e delle aree dismesse, e indica la prospettiva del consumo di suolo zero come quella da realizzare concretamente; infine, quella sui rifiuti si pone l’obiettivo di ridurre fortemente la loro produzione e quella dei rifiuti non riciclati, rendendo per questa via possibile l’uscita dal ricorso all’incenerimento nei prossimi anni.

Tali proposte non sono importanti solo per i contenuti che esprimono su questi temi, ponendosi in controtendenza rispetto alle politiche concrete praticate dalla Regione EmiliaRomagna in questi ultimi anni, ma, ancor più, vanno viste nel loro insieme, e cioè come messa in discussione e prospettazione di un’alternativa di fondo alle politiche ambientali e, più in generale, delle priorità assunte dal modello produttivo e sociale dominante anche in EmiliaRomagna. Anche qui, infatti, prevale una logica economicista e produttivista, per cui l’obiettivo fondamentale importante è una forte crescita quantitativa del PIL, senza verificare cosa ciò comporti per il benessere dei cittadini e per la salvaguardia delle risorse naturali ed ambientali. Si continua a pensare che per tale sviluppo quantitativo è fondamentale attrarre investimenti, anche stranieri, al di là del loro impatto ambientale e anche delle ricadute sulla qualità e quantità dell’occupazione; si ragiona sulle grandi opere, a partire da quelle autostradali, come leva per lo sviluppo, in continuità di un modello di mobilità basato sui veicoli privati e ignorando ciò che questa scelta comporta in termini di consumo di suolo. Ancora: si prosegue con le privatizzazione di servizi pubblici, come quello idrico e della gestione dei rifiuti, che garantiscono la gestione di beni comuni fondamentali e si ripropone un’idea di produzione e distribuzione centralizzata e verticistica dell’energia, che ha come conseguenza quella di privilegiare le fonti fossili rispetto a quelle rinnovabili.

Un’impostazione in sintonia con quella del governo centrale, che, peraltro, utilizza la stagione terribile di guerra in corso in Ucraina per proporre ulteriori politiche regressive, in particolare in tema di energia, quando, a proposito di autonomia delle fonti, anziché puntare ad uno sviluppo rapido di quelle rinnovabili, si avanza l’idea di estrarre più gas e, addirittura, di far tornare in auge le centrali a carbone! Oppure quando, con il disegno di legge delega sulla concorrenza,
attualmente in discussione in Senato, si prova ad estendere ulteriormente le privatizzazioni a tutti i servizi pubblici, da quello idrico ai rifiuti e alla sanità. Da ultimo, infine, mi pare necessario sottolineare che la promozione di leggi di iniziativa popolare, con la raccolta delle firme necessarie per presentarle, è una scelta che, volutamente, intende basarsi sulla partecipazione consapevole dei cittadini e sull’espansione della democrazia. E questo non solo perché ci
troviamo di fronte alla gran parte della politica che sembra sempre più caratterizzarsi per essere distante dalle istanze delle persone e autoreferenziale, anche in Emilia-Romagna.

In realtà, puntare sulla partecipazione e su quanto si muove nella società, raccogliere più delle 5000 firme che sono necessarie per portare le proposte di legge all’Assemblea regionale significa avere presente che solo così è possibile influire concretamente e determinare scelte che vanno in direzione dell’affermazione di un mondo che abbia un futuro, e che esso possa essere giusto, dal punto di vista sociale e ambientale.

Corrado Oddi
Rete Emergenza Climatica e Ambientale Emilia-Romagna
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