“Da Loikaw stanno scappando tutti, persino i monaci e ora anche le nostre sei consorelle, costrette a lasciare la città sotto i bombardamenti”: suor Giusy Sozza, superiora generale delle Ancelle missionarie del santissimo sacramento, parla con l’agenzia Dire del conflitto in Myanmar.
Le notizie riguardano la capitale dello Stato orientale di Kayah, ritenuta una delle roccaforti delle forze che si oppongono alla giunta militare al potere da quasi un anno. La settimana scorsa le Nazioni Unite hanno calcolato che le persone costrette a fuggire a causa dei raid aerei dell’aviazione di Naypyidaw e dei combattimenti sono state almeno 90mila. Altre organizzazioni hanno fissato la cifra a 170mila. Numeri difficili da verificare per suor Giusy, che sulla base delle testimonianze delle consorelle conferma però come in città ormai nessuno sia più al sicuro. “Le forze che si oppongono alla giunta hanno organizzato un corridoio umanitario per far allontare i civili ma i bombardamenti non si sono fermati” dice la superiora. “In una situazione del genere i colpi di mortaio e le esplosioni non fanno distinzioni tra combattenti e non combattenti”.
Le sei missionarie, originarie del Myanmar, sono andate via nei giorni scorsi e hanno raggiunto uno Stato vicino. A spostarsi, secondo altre testimonianze, sono stati anche monaci buddisti che hanno lasciato i loro monasteri sia a Loikaw che nella vicina città di Demoso. Fonti della stampa internazionale hanno riferito di almeno 5mila profughi che hanno raggiunto lo Stato di Shan, confinante con Kayah.
Difficile, per ora, fare una stima delle vittime. Alla fine di dicembre, quando i combattimenti nell’area erano già divenuti intensi, sono stati ritrovati lungo la strada in uscita da Loikow i corpi di 35 persone che erano state fermate mentre lasciavano la città a bordo di un camion. Tra le vittime, in quell’occasione, anche due operatori dell’ong Save the Children.
Questi episodi, secondo suor Giusy, che si trova in Italia ma è in contatto costante con il Myanmar, confermano l’inasprirsi del conflitto. “Dopo il golpe e l’arresto della consigliera di Stato Aung San Suu Kyi c’è stata una protesta pacifica di piazza alla quale la giunta militare ha risposto con la repressione” ricorda la superiora. “Il desiderio di libertà e democrazia in Myanmar non è però venuto meno e anzi, dopo episodi come quello del Natale scorso a Loikaw, continua a crescere”.
Secondo le missionarie, alcuni giorni fa nei pressi della capitale dello Stato di Kayah sono state arrestate quattro persone. “Il loro crimine”, dice suor Giusy, “è che stavano seppellendo una vittima dei bombardamenti”.