– Sono morto sul lavoro.

– Mi dispiace davvero per quello che ti è accaduto.

– Sono più dispiaciuto io.

– Eh, lo immagino.

– Raccontami qualcosa di te.

– Conosci la mia storia?

– No.

– Forse hai visto una mia foto.

– Dov’è apparsa?

– Articolo sul quotidiano della provincia.

– Non l’ho notato.

– Diciotto righe, prima delle pagine di lifestyle metropolitano.

– Ah, ora ricordo.

– Ti rammenti di me?

– No, ricordo le pagine di lifestyle. C’era un titolo su un nostro concittadino che ha un sacco di follower su TikTok.

– Hanno parlato di me due settimane fa, il giorno dopo l’incidente. Hanno scritto che la mia morte ha scioccato tutti, che fatti del genere non devono più ripetersi.

– Le notizie di due settimane fa sono scomparse dall’archivio della mia memoria.

– È normale. La gente dimentica. Altrimenti c’è il rischio che qualcuno si metta in testa di cambiare le cose.

– Non cambia mai niente?

– No. Anche oggi è morta una persona. Ma non ne hanno parlato.

– Perché? Di cosa hanno parlato?

– Pandemia, sondaggi politici, successione al Quirinale.

– E poi?

– La foto su Instagram che ha sconvolto il web, Pio e Amedeo, il meteo.

– Capisco. Senti, devo farti una domanda.

– Ti ascolto.

– Cosa succede dopo la morte?

– Ciò che eri non esiste più. Succede questo.

– Tutto qui? Un immenso nulla?

– Non proprio. Diventi qualcos’altro.

– Ti prego, vai avanti.

– Perché ci tieni tanto?

– Come perché? È la domanda più importante. È il cruccio esistenziale di ogni essere umano.

– E va bene. Te lo dico. Dopo la morte l’identità terrena lascia il posto a una nuova forma.

– Il tuo corpo astrale intraprende un viaggio interdimensionale?

– No.

– Ti reincarni in una grande aquila che domina le valli dall’alto?

– No.

– La tua anima raggiunge una città sulle nuvole ove regna una grande entità creatrice a cui il mondo deve la sua esistenza?

– No. Però posso dirti che il disfacimento del corpo fisico, nei casi come il mio, è il primo stadio di un processo di trasformazione.

– Cosa diventi alla fine? Devo saperlo. Sento di essere vicino alla soluzione del più grande dei misteri.

– Diventi un dato, cifre e lettere su un foglio di carta, tracce di inchiostro. Il mio altrove è la pagina di un libro di statistiche sugli incidenti in fabbrica, uno di quei volumi con copertine grigie che sembrano fatte apposta per prendere polvere. Io e gli altri dati ogni tanto usciremo dai libri impolverati e ci incontreremo nelle tabelle, nei grafici, in qualche slide esibita durante convegni semideserti, per mostrare che gli incidenti sul lavoro sono sempre più numerosi, per indicare che la situazione è peggiorata rispetto a dieci anni fa, quando già si diceva: “Certe tragedie non devono più ripetersi”. È questo il paradiso che mi attende.

– Ma quindi, esattamente, cosa sei ora?

– Decesso stagionale numero 180, operaio schiacciato da una pressa. Età: 24 anni.