Luglio 2018, ricordate? Decreti sicurezza, respingimenti, centinaia di migranti lasciati in mezzo al mare per settimane, navi delle ONG sequestrate, denunce, ma soprattutto morti.

A Roma nei pressi del Viminale un gruppo di uomini e donne si tinge le mani di rosso e manifesta. In silenzio, indignati, feriti, con una vergogna da restituire al mittente. Una somma di individui, ognuno con la sua storia: Maria Giulia, nipote di uno dei pochi professori che non giurarono al governo fascista, Marlene, figlia di immigrati in Svizzera, che a suo tempo, da bimba, era clandestina e non doveva farsi vedere in giro, a Enrico, ex console a Buenos Aires durante la dittatura di Videla, e altri.

Decidono di ritornare lì davanti ogni giovedì, ricordando, non a caso, i giovedì delle Madri di Plaza de Majo. Da più di tre anni (con le uniche parentesi dei lockdown), col freddo o col caldo di ferragosto, sono lì.

Manifestano ostinatamente, i governi sono cambiati – dicono – ma la sostanza è identica. Uomini e donne continuano a morire in mare, come in Libia o nel deserto. Una strage silenziosa, anzi silenziata. Meno se ne parla e meglio è.

Non si potrebbe manifestare nei pressi dei palazzi del governo, ma loro hanno continuato e continuano.

Il primo mercoledì del mese si uniscono ai digiuni e ai presidi di Alex Zanotelli, conoscono il gruppo “Porti aperti” di Milano che manifesta una volta al mese, per i nuovi desaparecidos. E ora un gruppo “mani rosse” si è formato a Padova.

Vanno avanti. Sanno che ha un valore simbolico, ma la loro forza è la continuità, la costanza, il loro messaggio è chiaro, forte, ben recepibile.

Le grosse testate li snobbano… Una volta una giornalista di una delle principali testate li intervista, raccoglie materiale, alla fine conclude: “Non siete notiziabili”.

È proprio Enrico Calamai che racconta: “Ho lavorato come console 5 anni in Argentina: qui sta succedendo quello che accadeva lì, l’eliminazione di migliaia di persone in un cono d’ombra dei sistemi mediatici. Non si deve sapere, non se ne deve parlare. A suo tempo in Argentina si sapeva degli arresti, delle torture, ma non si trovavano i corpi e si sperava che fossero vivi. Aiutammo come potemmo, fu terribile.”

Parlo anche con Mauro Zanella, maestro elementare, presente fin dall’inizio: “Sfiliamo sotto il Viminale per ricordare al potere che ha le mani sporche di sangue, quello dei “nuovi desaparecidos” costretti a lasciare il proprio Paese per la mancanza di prospettive, la fame, la guerra, le dittature e gli sconvolgimenti ambientali e climatici prodotti dalle politiche dissennate dei nostri governi.” Mi ricorda di chiudere invitando tutti e tutte a venire: l’appuntamento è ogni giovedì alle 18 e 15 davanti al teatro dell’opera di Roma. Chi può si unisca a loro.

Per scrivere loro: manirosseantirazziste@gmail.com

 

Foto di Mani Rosse