La sentenza di proscioglimento del Senatore Salvini sul caso Gregoretti è passata piuttosto in sordina nel caos dell’informazione estiva, fortemente condizionata dalla pandemia e dallo scontro sul Green Pass e sull’obbligo vaccinale. Tuttavia non è mancato chi ne ha tentato una utilizzazione distorta, proiettando quanto deciso a Catania sul prossimo processo Open Arms che si apre a Palermo il 15 settembre prossimo.  Fermo restando il rispetto per tutte le sentenze della magistratura, non sarà quindi inutile un breve commento, in un momento in cui nel nostro paese è assai vivo il dibattito sul rapporto tra discrezionalità politica e Stato di diritto. Da giuristi non possiamo che partire dalla verifica delle fonti normative su cui si è fondata la decisione del giudice catanese, che ha largamente trattato di temi squisitamente politici per inquadrare l’attività del senatore Salvini, all’epoca ministro dell’interno, nella complessiva attività del governo di cui faceva parte.

Il GUP dell’udienza preliminare di Catania, nel caso Gregoretti, non ha citato norme che potevano mettere in dubbio la tesi assolutoria, già prospettata dalla difesa ed avallata dalla Procura. Tra i riferimenti normativi mancano norme fondamentali per gli sbarchi dopo operazioni di soccorso, come l’art.10 ter del Testo Unico sull’ immigrazione 286/98 ed il Piano nazionale Sar del 1996 (citando invece quello del 2020 aggiornato nel 2021). Il comma 9-quinquies dell’art.12 del Testo Unico 286/98, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 ( Bossi Fini), stabiliva, poi, che le modalità di intervento delle Unità della Marina Militare, e di collaborazione con altre unità navali, dovevano essere definite con decreto interministeriale dei Ministri dell’interno, della difesa, dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti. Che non sembra oggetto di un richiamo specifico.

L’art. 10 ter, comma 1, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (introdotto con d.l. 17 febbraio 2017 n. 13, conv. in l. 13 aprile 2017 n. 46), esclude qualsiasi ipotesi di trattenimento dei naufraghi a bordo delle navi coinvolte in eventi di soccorso (SAR), ai quali viene garantito l’immediato trasferimento in appositi centri di accoglienza (Hotspot), per i rilievi foto-dattiloscopico e segnaletico, e per le eventuali richieste di protezione internazionale.

Il 27 luglio del 2019 il ministro dell’interno impediva al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione dello steso Ministero di “esitare tempestivamente” la richiesta di indicazione di un porto di sbarco sicuro avanzata dalla Centrale di coordinamento della guardia costiera italiana (IMRCC), bloccando quindi le procedure di sbarco dei migranti.

Come ricorda Il Domani, in un recente articolo, “Il “Il 31 luglio del 2019 i carabinieri consegnano ai magistrati di Siracusa, oltre al verbale di ispezione, un ampio fascicolo fotografico dopo un sopralluogo sulla nave Gregoretti. Lo stesso giorno, il 31 luglio, il Procuratore di Siracusa, con una lettera indirizzata alla Prefettura e alla Questura della città siciliana, chiede di procedere allo sbarco immediato delle persone adducendo motivazioni di tipo sanitario”.

Nel caso Gregoretti non era certo applicabile il  Decreto sicurezza bis 14 giugno 2019 n.53 voluto da Salvini, per dare una base legale ai divieto di ingresso nelle acque territoriali, all’art.2 differenziava il naviglio militare rispetto alle navi civili con riferimento ai divieti di ingresso nelle acque territoriali. Quindi tutti i rinvii contenuti nelle motivazioni del proscioglimento ai casi di soccorso operati dalle ONG sono ininfluenti. Anche perché la Gregoretti doveva ricevere tempestivamente la indicazione di un porto di sbarco dalle autorità marittime competenti (IMRCC) di Roma e le persone erano state trattenute a bordo della nave militare per quattro giorni solo per la contraria volontà del ministro dell’interno. Che autorizzava lo sbarco soltanto il 31 luglio 2019 dopo l’esplicita richiesta della Procura di Siracusa e dopo che cinque paesi europei si erano dichiarati disponibili a dare accoglienza ad una parte dei naufraghi. In ogni caso l’assegnazione dei poteri di vietare l’ingresso nei porti italiani, trasferito dal Ministero delle infrastrutture al ministero dell’interno con il Decreto sicurezza bis n.53 del 2019, non poteva rilevare nel caso della nave Gregoretti che era una nave militare espressamente esclusa dall’area di applicazione del decreto.

L’articolo 83 del Codice della Navigazione, conferma la distinzione tra navi militari e naviglio commerciale, sancendo che “Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti può limitare o vietare il transito e la sosta di navi mercantili nel mare territoriale, per motivi di ordine pubblico, d i sicurezza della navigazione e, di concerto con il Ministro dell’ambiente, per motivi di protezione dell’ambiente marino, determinando le zone alle quali il divieto si estende”. Una base testuale inattaccabile che lascia senza basi legali la ritardata indicazione di un POS da parte del Viminale, e non permette di avvicinare i casi Gregoretti ed Open Arms. Non era certo necessario, dunque, per valutare il comportamento del senatore Salvini nel caso Gregoretti richiamare i diversi casi di soccorsi operati nel Mediterraneo centrale dalle ONG presenti a partire dal 2016, perché le regole di ingaggio e di coinvolgimento nelle operazioni SAR di navi civili, come nei casi di successiva indicazione di un porto sicuro di sbarco non avevano nulla di comune con le attività d’ufficio operate dalle navi militari della Guardia costiera, nei rapporti tra i diversi ministeri interessati al fine della individuazione di un porto sicuro di sbarco in Italia. Come appare del tutto ridondante il riferimento a “zone grigie” nelle modalità operative dei soccorsi da parte delle ONG, che il Giudice dell’Udienza preliminare di Catania ritiene utile richiamare in un procedimento penale nel quale rilevava esclusivamente l’intervento di unità militari battenti bandiera italiana. Non si coglie in particolare la rilevanza, nella sentenza di proscioglimento nel procedimento Gregoretti, dell’ampio richiamo al procedimento penale per il caso IUVENTA. ancora alla fase di fissazione dell’udienza preliminare, dopo quattro anni dal sequestro della nave e dall’avvio del procedimento penale. Certo serve a cogliere il punto di vista del giudicante, che si lascia andare a considerazioni generiche sulle ONG come “sponda ai trafficanti di migranti”, dunque su un procedimento penale nel quale non è parte.

 

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