Va tratto un bilancio positivo dalla manifestazione/presidio che si è tenuta questo pomeriggio (14 luglio) davanti all’aula di Montecitorio per protestare contro l’ennesimo voto che andrà a rifinanziare la sedicente Guardia Costiera libica.

Centinaia di persone convocate dal mondo dell’associazionismo antirazzista e delle Ong, da Msf a “Cambiare l’ordine delle cose” a Open Arms, Arci, Cgil, Amnesty International, Emergency, per citarne solo alcune. L’idea proposta era semplice: si è chiesto ai manifestanti di indossare per un minuto una benda davanti agli occhi (il titolo era appunto “Una benda per non vedere”). Questo a simboleggiare il rifiuto di accettare che il Parlamento, nonostante le infinite ragioni non solo umanitarie, continui a dare soldi, armi e addestramento militare a chi poi costringe nei centri di detenzione uomini, donne e bambini colpevoli unicamente di provenire da altri paesi e di voler tentare l’ingresso in Europa.

Si è scelto, intelligentemente, di evitare la passarella dei rappresentanti di tutte le associazioni e le forze politiche (poche) presenti. Si è preferito dare spazio alle testimonianze degli attivisti delle Ong, di attori che riportavano le storie inaccettabili di chi dai centri libici è riuscito a fuggire, dei pochi parlamentari che partecipavano per annunciare il proprio voto contrario a tali missioni.

Le missioni militari all’estero sono quest’anno circa una cinquantina, descritte su schede che contengono anche l’ammontare dei finanziamenti da erogare. Ufficialmente per il rapporto di sostegno alle forze della marina libica saranno versati, come recita la “scheda 48” circa 10.400 milioni di euro. Su questa scheda è stato chiesto il voto separato e sembra che almeno una quarantina di parlamentari di diversi schieramenti voterà contro. Ma si tratta di una duplice truffa. Intanto sono ben 5 le schede che di fatto, col pretesto della cooperazione, del contrasto al traffico d’armi o all’immigrazione irregolare, porteranno finanziamenti e know how a Tripoli e al suo nuovo governo. Come ha denunciato in un veemente quanto tecnicamente ineccepibile intervento il senatore Gregorio De Falco, il voto non solo porterà ad un aumento di 30 milioni di euro le spese per sostenere il nuovo corso libico meramente in chiave anti immigrati, ma il Ministro della Difesa Guerini ha di fatto ammesso che fino al luglio 2020 le competenze che dovevano essere libiche erano gestite dalla Marina italiana e che ancora oggi non esiste un codice identificativo libico per definire attività di comunicazioni tali da permettere una gestione dei propri confini.

Quindi, al di là di valutazioni umanitarie, il governo italiano non è complice, ma colpevole diretto, artefice e responsabile della morte di migliaia di persone in mare e delle torture, dei respingimenti, degli abusi commessi in territorio libico. Il segretario del Pd Letta rispondendo alle critiche ha parlato di passi avanti che si stanno facendo per garantire i diritti umani in Libia. Ma quali sono questi passi? Nei centri di detenzione istituzionali non entrano le organizzazioni umanitarie, quelli informali sono messi ancor peggio in quanto gestiti dalle milizie. Secondo Letta si è chiesto all’UE di gestire questo delicato passaggio, ma l’Unione quando accetterà? Fra un anno? E la Libia sarà disponibile ad avere osservatori UE sul proprio territorio? Nessuna risposta a queste domande.

Il voto alla Camera previsto per domani e quello al Senato per la prossima settimana saranno l’ennesima pietra tombale su una richiesta di giustizia. E l’assurdo è che dei crimini commessi anche in acque internazionali e libiche ci sono testimonianze video sulle navi italiane, ma né al governo né ai parlamentari è permesso vederle ora. Sono i parlamentari e i ministri che hanno scelto, da carnefici, di farsi bendare.