La ventenne ha vinto la prima edizione della Women’s Challenge Marathon, che si è svolta nell’ex capitale dello Stato islamico. “Hanno provato a farmi desistere, ma ho voluto dimostrare che il posto della donna non è la casa.”

“Mentre pedalavo mi sono sentita libera e forte abbastanza da sostenere gli occhi della gente puntati addosso, anche se c’erano tante persone piene di pregiudizi. Voglio continuare a usare la bicicletta a Mosul, per dimostrare che il posto della donna non è la casa”. Yasmine ha 20 anni ed è nata a Mosul, nel nord dell’Iraq. L’agenzia Dire l’ha contattata dopo che il 12 aprile ha vinto la prima edizione della Women’s Challenge Marathon, una corsa in bicicletta tra le strade della città, organizzata dall’ong Un Ponte Per (Upp) in collaborazione con il dipartimento Gioventù e sport iracheno e con il supporto della rete di associazioni locali Ninewa Peace Forum e del Malteser International in Iraq.

“LE MIE AMICHE HANNO CERCATO DI FARMI DESISTERE”

Alle 34 partecipanti sono state fornite le bici e una settimana di training gratuito. Il coraggio, loro, lo hanno invece dovuto trovare in se stesse. “Ho deciso di partecipare perché qui la donna soffre ancora tanti stereotipi: se andiamo in bicicletta, in tanti ci guardano male” dice la vincitrice della maratona. “Ho provato a coinvolgere le mie amiche. Per ben tre volte le ho incoraggiate a iscriversi, ma non solo hanno rifiutato, hanno anche cercato di farmi desistere. Mi hanno detto di lasciar perdere, che era brutto se lo facevo e mi hanno chiesto se non provassi vergogna”. Quando Yasmine ha tagliato il traguardo, però, racconta la ragazza, “tutti mi hanno festeggiata e ammirata e allora si sono ingelosite”.

IL RUOLO DELLA DONNA E L’INFLUENZA DELL’ISIS

In Iraq resiste ancora una certa cultura che impedisce alla donna di avere le stesse opportunità dell’uomo. A peggiorare le cose, il lungo conflitto che ha causato morte, sfollati e distruzione a Mosul, con l’avvento del gruppo Stato islamico (Isis) nel 2014, che ha fatto di questa città ad ovest del fiume Tigri la sua capitale in Iraq. “È stato un periodo terribile per tutti, ma soprattutto per le donne” ricorda Yasmine, che in quegli anni era poco più che adolescente. Al dramma della guerra si era aggiunta la visione oscurantista dei fondamentalisti islamici, che avevano imposto ulteriori limitazioni alla vita delle donne. Per questo, una volta liberata la città, ricorda la giovane, “ho iniziato a fare la volontaria per Un ponte per. Ho tanti sogni per il futuro, vorrei studiare e diventare giornalista oppure attivista per i diritti delle donne, che vanno sostenute”.

LA LENTA RIPRESA DELL’IRAQ

La Women’s Challenge è stata accolta positivamente, come dimostra l’adesione di donne di tutte le età e le comunità: musulmane, cristiane, yazide, arabe e curde. Lo conferma sempre alla Dire Mohamed Ambrosini, project manager di Upp in Iraq, che spiega: “Sono partite dalla moschea di Al-Nouri, un simbolo per questa città: è qui che Abu Bakr Al-Baghdadi annunciò la nascita del califfato”. L’edificio, Patrimonio Unesco, è celebre per il minareto pendente simile alla Torre di Pisa, rimasto distrutto durante gli scontri tra lo Stato islamico e la coalizione internazionale a guida americana. La scorsa settimana l’Unesco ne ha annunciato i lavori di restauro.

“Qui è strano se una donna corre, figuriamoci se va in bici” continua Ambrosini. “Oltre a evidenziare il legame che collega la bicicletta a salute e ambiente, abbiamo deciso di inviare un ulteriore messaggio: invertire la narrazione, promuovendo i diritti femminili”. Un obiettivo che in tutta la Piana di Ninive Upp porta avanti offrendo corsi di formazione, laboratori di musica e appuntamenti sportivi attraverso i vari centri giovanili. Secondo Ambrosini, in Iraq “la ricostruzione procede lentamente e la disoccupazione quindi resta alta, soprattutto tra i giovani”. Il cooperante aggiunge: “Il Covid ha peggiorato le cose. La situazione però non è disastrosa: qui la volontà di riprendere in mano la propria vita è molto forte”.

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