Oggi in una parte di mondo crediamo di vivere in democrazia. Rispetto al passato, nei paesi occidentali la situazione dei diritti umani, riguardo alle necessità materiali, è migliorata, ma questi diritti sono sotto un continuo attacco e vanno preservati, mentre la maggior parte della popolazione mondiale ancora oggi non ha accesso a istruzione, sanità e alimentazione. Siamo davanti a problemi strutturali, al crollo delle istituzioni; i tre poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) e anche i mezzi d’informazione, oggi rispondono a un unico potere assoluto: quello economico. Sappiamo che nella macchina dei partiti, i grandi interessi finanziano i candidati e dettano la politica che questi dovranno portare avanti. La base della democrazia sta nell’esistenza di una società civile forte e ben ramificata che limita lo Stato e ne controlla il funzionamento.  Non può esserci democrazia quando la ricchezza sociale è concentrata in poche mani che esercitano una forte influenza sugli affari nazionali e internazionali, senza che vi sia un reale controllo del loro potere economico e informativo.

A livello internazionale, tra le nazioni, non esiste democrazia reale, perché in questo momento non ci sono le condizioni per un dialogo paritario. Al fine di crearle riteniamo necessarie diverse azioni: il disarmo nucleare a livello mondiale, perché il solo fatto che queste armi continuino ad esistere, è una minaccia perenne sia per gli stessi Stati che le possiedono sia per il globo intero; la riduzione progressiva e proporzionale degli armamenti convenzionali, poiché non può esserci democrazia in relazioni internazionali basate sulla quantità di armi che si posseggono; la prepotenza genera sottomissione, pertanto sarà necessario abbandonare la via della sopraffazione e della violenza. Riteniamo importante la rinuncia dei governi a utilizzare le guerre come mezzo di risoluzione dei conflitti e proponiamo la firma di trattati di non aggressione tra paesi; poiché il presupposto in una relazione tra paesi non può essere “se non fai quello che ti dico ti invado, ti aggredisco”; inoltre proponiamo il ritiro immediato delle truppe d’invasione dai territori occupati; poiché è ovvio che non si può dialogare in termini di democrazia diretta con l’invasore. Prima di continuare ad usare la parola democrazia, occorrerà eliminare almeno questi enormi atti di ipocrisia.

Ma al fine di generare condizioni di democrazia reale, sarà necessario anche scardinare alcune subdole istituzioni che condizionano i rapporti internazionali con la violenza economica. Enti internazionali quali la Banca Europea, la Banca Mondiale o il FMI, rappresentano il vero volto del potere e decidono di fatto le politiche interne alle nazioni. Questo tipo di organismi, concedono prestiti a paesi in difficoltà, a condizione che i debitori attuino le politiche economiche consigliate. Ma queste politiche li portano a indebitarsi sempre di più, fino a che tali paesi sono costretti a svendere il patrimonio nazionale. Un sistema di condivisione, solidarietà e reciprocità porterà senz’altro ad una responsabilizzazione dei singoli stati.

A quanto già proposto aggiungiamo l’abolizione dei monopoli e dei brevetti. Fin quando un’azienda avrà il monopolio di un bene, esso non sarà disponibile per tutti se non pagando. Questo concetto diventa inaccettabile per i beni o le risorse primarie come le risorse energetiche, l’acqua, ecc. Circa i brevetti crediamo che questo momento evidenzi che le case farmaceutiche non hanno fermato la loro ingordigia nemmeno dinanzi ad una pandemia mondiale. Lo sforzo intellettuale, la ricerca che l’umanità ha portato avanti nel corso dei secoli, ha posto le basi anche per coloro che oggi sperimentano e producono vaccini. Un mondo basato su democrazia, condivisione e solidarietà deve sbarazzarsi di questi baracconi e pensare alla cooperazione senza proprietà e brevetto.

Un altro aspetto fondamentale è il rispetto e l’applicazione della carta dei Diritti Umani. Sebbene la dichiarazione dei diritti umani sia stata adottata dall’ONU già dal 1948 ancora oggi molti di questi diritti restano solo sulla carta. I Diritti Umani sarebbero da applicare a tutti gli esseri umani, a prescindere dal luogo di provenienza. C’è una significativa discrepanza tra quello che ci viene divulgato e la realtà che vediamo nel sistema globale.

Infine, nel passaggio a una democrazia reale sarebbe necessario abolire o modificare la funzione di organismi quali le Nazioni Unite, il G7/G20 & NAFTA. All’interno delle Nazioni Unite il Consiglio di Sicurezza e’ formato da quindici membri, ma di questi solo cinque (ovvero Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina) hanno diritto di veto: questo ovviamente è incompatibile con la democrazia diretta.

Il denaro costituisce nella nostra società il valore più importante. Per attuare un’autentica trasformazione sociale, che permetta il passaggio da una democrazia formale ad una democrazia reale, è necessario innanzitutto ridefinire le priorità nella gestione sociale. L’ideologia capitalista pone in cima alla lista il denaro, l’umanesimo colloca l’esistenza umana e le sue necessità concrete al centro dello sforzo collettivo.

La concezione dello Stato come entità che concentra il potere politico, economico e militare deriva dalla credenza che i grandi insiemi umani siano incapaci di farsi carico delle proprie decisioni e devono dunque delegarle a un superpotere idealmente saggio, che le gestirà in modo corretto. Nel migliore dei casi, nelle democrazie formali, tale cessione è avvenuta per via democratica.

Nella visione umanista lo Stato non è un accumulatore di sovranità ma un efficiente coordinatore dell’attività molteplice e autonoma che si svolge nella base sociale. E questo succederà quando le società si umanizzeranno e sia le “masse” che i “consumatori” si accetteranno come esseri umani pienamente intenzionali, responsabili del loro destino individuale e collettivo.

Pertanto la rivoluzione umana è prima di tutto una rivoluzione interiore che si manifesterà nel passaggio dal comportamento competitivo animale, alla ricerca della convergenza reciproca. Le onde di questo profondo cambiamento interno si propagheranno senz’altro anche alla realtà sociale, provocando anche là trasformazioni radicali.

Il Nuovo Umanesimo vede gli insiemi umani come complessi sistemi di relazioni, che si vanno organizzando intorno a una coincidenza di intenzioni tra i loro membri. Secondo tale concezione, queste vere e proprie reti intenzionali non richiedono guide o stimoli esterni alla loro iniziativa, bensì un coordinamento adeguato.

Per passare dalla democrazia formale a quella reale, è anzitutto necessario realizzare un maggiore e concreto decentramento degli organismi decisionali, riducendo il potere centralizzato, dividendo il territorio in comunità che abbiano l’estensione di un quartiere, dove tutti possano decidere sui problemi che li riguardano da vicino; abilitare forme di consultazione permanente della popolazione, utilizzando le possibilità offerte dalla tecnologia informatica, consultazioni che abbiano valore vincolante e non quello di meri sondaggi manipolabili; produrre così una riduzione del potere decisionale degli eletti, il cui ruolo dovrà essere solo di coordinare e di implementare le scelte fatte dai cittadini; disporre comunque di un sistema elettorale che tuteli le minoranze e garantisca una reale rappresentanza a tutte le forze politiche; promulgare leggi di responsabilità politica, che obblighino gli eletti a mantenere le promesse elettorali, pena la perdita della carica; in riferimento alle varie aree della vita umana garantire determinati diritti significa per noi aumentare la libertà dell’essere umano: in qualsiasi campo della vita umana, (sanità, educazione e qualità della vita) le risorse destinate si devono considerare un investimento nell’essere umano e non un “costo sociale”.

Ad esempio la salute è un diritto acquisito alla nascita e per nessun motivo deve costituire un affare; l’educazione deve essere gratuita e di buona qualità per tutti gli abitanti, a tutti i livelli e per tutte le età. Riguardo al lavoro, la concentrazione di ricchezza finanziaria in poche mani, genera disoccupazione e povertà tra i lavoratori e demolisce gli imprenditori delle piccole e medie imprese. Bisogna dare ai lavoratori la possibilità di partecipare alla direzione dell’azienda, questo eviterebbe che i profitti prendano la strada della speculazione, permettendo il reinvestimento e la diversificazione nell’azienda stessa. Inoltre, si deve permettere ai lavoratori di partecipare agli utili, così da poter divenire anche proprietari dell’azienda stessa.

La nostra è chiaramente una democrazia formale: non c’è assolutamente autogestione e potere al popolo, solo delega per decisioni che riguardano tutti quanti.

Realizzare di non trovarsi davvero in una democrazia reale, però, non ci deve sconfortare, ma anzi far comprendere che può esistere qualcosa di meglio, un’alternativa realmente democratica da poter costruire. Ciò sarà possibile creando ambiti e spazi in cui i cittadini possano davvero occuparsi praticamente della gestione del loro territorio, guidati dal bisogno di benessere comune condiviso, nei quali si sentano parte di una più grande comunità fondata sulla reciprocità. Tutto ciò pare un’utopia, ed è così. Infatti per iniziare a costruire la democrazia reale dovremmo inizialmente immaginarla, e definire quindi i passi da affrontare; ed è qui che entra in gioco tutta la grande creatività umana; niente è impossibile, ma non si ha nessun potere di cambiare le cose se non vi è organizzazione. Il cambiamento parte dalle persone e dalla loro intenzione attiva e partecipativa di costruire ambienti di scambio, autogestione e di iniziative di responsabilizzazione.

Nelle relazioni umane (coppia, famiglia, amicizia, scuola, ambiente lavorativo) la competizione, l’individualismo, il prestigio, la ricerca a tutti i costi del consenso e del potere, sono aspetti che minano nelle sue fondamenta lo sviluppo di una reale democrazia. Immaginarci in guerra gli uni con gli altri, come se il nostro destino e le nostre ricerche fossero diverse, è una grande ingenuità. Non ci accorgiamo che ciò che cerchiamo quotidianamente è lo stesso che cercano gli altri; tutti vogliamo stare bene. Per questo è necessario cambiare i nostri valori e modelli, e vedere l’altro come un compagno di viaggio con il quale cercare di costruire un progetto che sia utile per tutti, che sia per il bene comune, mettendo a disposizione le nostre migliori qualità.

Questo sguardo nelle relazioni si declina in diversi modelli basati sulla necessità di condividere una visione comune: è molto importante poter condividere un’idea, un progetto comune della relazione, la convergenza si dà su tale visione comune, comunicando in modo diretto, aperto e sincero, con l’intento di risolvere problemi e trovare soluzioni. Ogni punto di vista, ogni idea nella direzione del bene comune sono una ricchezza per l’insieme. Cogliere in sé e negli altri interessi e necessità comuni ci permette di rafforzare noi stessi e scoprire la diversità come opportunità, sviluppando un atteggiamento di solidarietà e reciprocità nei confronti degli altri. Un approccio sperimentale verso la risoluzione dei problemi o nell’ideazione di nuove soluzioni ci permette di essere sempre freschi e dinamici senza fossilizzarci su possibilità limitate. Questo tipo di approccio è facilitato dalla possibilità di poter accedere alle informazioni necessarie in modo chiaro e semplice e dalla creazione di spazi adeguati al confronto e alla comunicazione diretta.

Risulta chiaro che lo sviluppo di questi aspetti implica necessariamente una completa messa in discussione di ciò che fino ad ora siamo stati abituati a considerare giusto o soddisfacente o meglio un dato di fatto. Questa messa in discussione in ultima istanza riguarda una ribellione a diverse gabbie che ci imprigionano in schemi prestabiliti e che ad un’ attenta osservazione potremmo ritrovare già nelle nostre menti.