“La Chiesa non benedice le coppie omosessuali”, questo è ciò che si può tranquillamente leggere nel recente documento della Congregazione per la Dottrina della Fede. Un documento che ha come fonti l’enciclica Amoris Laetitiae, un Catechismo della Chiesa Cattolica fermo al Concilio Vaticano II, e la Lettera Homosexualitatis, alquanto superata, redatta qualche anno fa dalla stessa Congregazione. Un insulto agli ultimi anni di lavoro delle pastorali Lgbt portate avanti anche da parte della Chiesa Cattolica, ai percorsi spirituali di riavvicinamento alle persone Lgbt credenti e ad anni di studi teologici con approccio di genere di moltissimi teologi e teologhe.

Un insulto a circa trent’anni di riflessioni di gruppi di cristiani cattolici che chiedono un Concilio Vaticano III. La Chiesa non può benedire le coppie omoaffettive perché «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppur remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Come se Dio abbia Una ragione giustificata: “la benedizione delle unioni omosessuali non può essere considerata lecita”, “poiché le benedizioni sulle persone sono in relazione con i sacramenti”. Non possono essere legittimi perché non può essere assimilata alla benedizione “invocata sull’uomo e la donna che si uniscono nel sacramento del Matrimonio”.

Alquanto grottesco ed immaginifico riproporre la “Sacra Famiglia” come esempio di “famiglia naturale” dal momento che dimostra esattamente il contrario: Maria, donna rimasta incinta per opera dello Spirito Santo; Gesù, figlio di Dio e di Maria; Giuseppe, padre putativo di Gesù e marito di Maria. A questo punto, quale famiglia merita consacrazione? Quale relazione deve essere ben voluta? Siamo sicuri che questo precetto sia possibile, o è un retaggio da “guardiani del sabato”? Quale è la famiglia cristiana oggi? È la perfezione da nessuno contemplata, un modello perfettibile, o un moto regolativo irraggiungibile? Riguardo alla sacralità della famiglia tradizionale, Adriana Zarri, tra le teologhe pre-femministe più originali del dopo Concilio, non condivideva affatto tutto questo afflato mistico: “Io sono molto contraria al familismo cattolico, perché nostro Signore era poco familista. Quando gli hanno detto: Qui ci sono tuo padre e tua madre e i tuoi fratelli, lui ha risposto: Ma chi sono mia madre e i miei fratelli? Sono coloro che seguono la volontà del Padre. Quindi ha ridimensionato drasticamente la famiglia.”

E sull’omosessualità diceva: “Vivi la tua sessualità serenamente. Non bisogna affidare la propria fede a un prete o alla regolarità biologica”. D’altronde che senso avrebbe basare riflessioni teologiche sul puro biologismo? Se la “teologia ufficiale” risponde alla tradizione tramandata da San Tommaso, dovrebbe curare le cose dell’anima e non del corpo. Ma andiamo oltre.

Nel documento si scrive che «Dio ama ogni persona e così fa la Chiesa», “rifiutando ogni ingiusta discriminazione”, ma a quanto pare non abbastanza da rifiutare l’omofobia. Ad agosto 2019, Famiglia Cristiana intervistava la teologa eco-femminista Cristina Simonelli, Docente di Patrologia all’Università di Verona, che disse: “Lavorando sui temi di genere, rispetto al quale è stata montata una campagna totalmente fuorviante, mi sono scontrata con un odio nei confronti delle persone omosessuali, che se prima non era un mio tema, d’ora in poi lo sarà per sempre. La Chiesa prima o poi arriverà a chiedere perdono anche per l’omofobia dilagante. Ancora oggi il parroco che decida di approntare una pastorale Lgbt lo paga molto pesantemente. (…) Ma la realtà è diversa e migliore, e in molti abbiamo affermato che essere cattolici è un’altra cosa”.

Questa risposta non arriva da chi, nell’unica struttura medioevale sopravvissuta al Secondo Millennio, ha l’indissolubile potere di decidere: le gerarchie ecclesiastiche. A riguardo ricordo Don Andrea Gallo, uno che ha urtato tutti i benpensanti, che diceva: “Dimmi chi escludi e ti dirò chi sei”. Una frase che vale più di tante parole retoriche dette dai “competenti della fede”.

Ma perché la Chiesa Cattolica parla di omosessualità? Su quali basi? Su quali fonti bibliche? La parola “omosessuale” venne coniato nel 1869 dal letterato ungherese Kertbeny contro l’introduzione, da parte del Ministero della Giustizia prussiano, di una legge per la punizione di atti sessuali fra due persone di sesso maschile. Stiamo parlando di circa 1.900 anni dopo la nascita di Cristo, quindi dove si trova questa parola nella Bibbia o nell’Evangelo? Nella Bibbia si trova la parola “sodomita”, che spesso si trova in elenchi dei peggiori peccatori, ma non si riferisce agli “omosessuali”, ma bensì agli abitati di Sodoma e Gomorra che commisero il più grave peccato di tutti: rifiutare l’accoglienza a tre angeli mandati dal Signore. Mi domando, ad oggi, perché la Chiesa faccia dell’omosessualità un problema, quando in realtà è lo stesso testo biblico a non dire niente. Ma soprattutto mi domando perché abbia benedetto mafiosi, abbia nascosto pedofili, abbia stretto le mani a dittatori sanguinari come Pinochet, abbia fatto patti con politici che non incarnavano certamente il “perfetto cristiano”, abbia benedetto le crociate in passato e i Patti Lateranensi con il fascismo nel passato recente; e abbia con lo IOR fatto operazioni finanziarie speculative, riciclato soldi della mafia, investito in armi e in porno… Eppure le coppie omoaffettive sembrano detenere una natura intrinseca più “peccaminosa” di tutte queste cose. Nelle festività si benedicono case, automobili, uova, candele, medagliette, immaginette e tutte le più banali cose scadenti dell’esistenza, ma se si tratta delle coppie omoaffettive tutto decade: sarebbero meno degne di essere benedette rispetto ad un trattore? La materialità delle cose merita più benedizione di una persona?

E poi mi domando come si possa sostenere una cosa simile dopo che i propri enti religiosi, tra gli azionisti di banche armate, investono e continuano ad investire in armi, bombe e quant’altro. Mi domando la sola legittimità, oggi, dei cappellani militari che, grazie ad una legge del 1961, sono equiparati agli ufficiali in divisa per i quali lo Stato italiano spende oltre 20 milioni di euro, tra retribuzioni, tredicesime, benefit e pensioni. Mi domando, quanto può essere accettabile che un prete benedica le armi ancora oggi. Papà Francesco dichiarò che “per assistere spiritualmente i soldati, in caserma e nelle missioni all’estero, non servono sacerdoti coi gradi”, eppure si trascina ancora resistenze fortissime perché l’equiparazione dei cappellani militari a ufficiali delle Forze armate presuppone dei privilegi che pochi vorrebbero perdere, come il Cardinal Bagnasco.

Mi domando quale senso abbia dichiararsi per il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari, per poi vendere e “benedire” le armi non-nucleari; che senso ha esprimersi per l’accoglienza e la solidarietà per poi sfociare nell’omofobia canonicamente istituzionalizzata?

Se è per carità cristiana, meglio rivedere le basi su cui si fonda: se carità è compassione e pietà, mi domanderei quanto ancora possa essere chiamato “valore cristiano”. Le armi si possono benedire, i preti militari sono accettabili, ma a due persone che si amano non viene riconosciuta la dignità ecumenica di partecipare in quanto tali alla vita delle comunità cristiane, chiedendogli invece di essere tali lontano da questi contesti. Come può essere cristianamente accettabile?

Alla base di tutto questo c’è potere, gerarchia, ma soprattutto la presunzione di non sentirsi mai propriamente “peccaminosi”. Forse, ancor prima che lottare contro il clericalismo, che cancella la misericordia, bisognerebbe chiedersi quanto possa essere ancora sopportabile questa nauseante ipocrisia.

Fonte: https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2021/03/15/0157/00330.html