“Una persona diventa colpevole solo attraverso un procedimento giudiziario che arrivi a questa conclusione. Se il processo viene invece dichiarato nullo, a rigor di logica la persona in questione è innocente”: così all’agenzia Dire Rogerio Arantes, professore del Departamento de Ciencia Politica da Universidade de Sao Paulo (Usp). L’intervista si svolge dopo la decisione del giudice del Supremo Tribunal Federal (Stf) Edson Fachin di annullare tutte le condanne emesse nei confronti dell’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva, più noto come Lula, dalla corte federale della città di Curitiba, riferimento dell’indagine nota come ‘Lava Jato‘.

Nella sentenza, Fachin ha sottolineato che la task force con base a Curitiba non dovrà più essere a capo dei casi che portarono Lula all’incarceramento nel 2018 e ha determinato che questi siano ripresi dalla Corte del Distrito Federal della capitale Brasilia. La questione relativa all’imparzialità dell’ex giudice federale Sergio Moro è stata indicata come possibile ragione dell’annullamento del processo da parte della difesa dell’ex presidente. Il Supremo Tribunal Federal, che ha posticipato il giudizio su Moro a partire dal dicembre 2018, ha iniziato a votare ieri sulla faccenda.

Secondo Arantes, “queste notizie arrivano in un contesto in cui delle conversazioni registrate tra il pubblico ministero, il giudice federale e gli investigatori recentemente rese pubbliche hanno rivelato che si è trattato di un’operazione tecnicamente politica, nel senso che i fini sono stati più importanti dei mezzi”. Il docente spiega: “Questi tre diversi attori del processo hanno condiviso decisioni che, stando al codice penale, dovrebbero essere adottate nel modo più imparziale e quindi legittimo possibile; nel momento in cui hanno compiuto questi atti, sono venuti meno al diritto di difesa dell’ex presidente ed è per questa ragione che Lava Jato sta andando incontro a una profonda revisione”.

In conseguenza delle condanne, Lula non aveva potuto candidarsi alle elezioni del 2018, nonostante guidasse i sondaggi sulle intenzioni di voto contro l’attuale presidente, Jair Bolsonaro. In una nota la difesa dell’ex capo di Stato ha affermato che la decisione presa dal Supremo Tribunal Federal “è in sintonia con tutto quello che abbiamo sostenuto in più di cinque anni di processo”. La tesi è che “il verdetto non ha però il potere di riparare ai danni irrimediabili provocati dall’ex giudice Sergio Moro e dai procuratori di ‘Lava Jato’ all’ex presidente Lula, al sistema della giustizia e allo stato democratico di diritto”.

In un’intervista rilasciata all’emittente Cnn Brasil, Bolsonaro ha detto che Fachin, che è stato indicato come giudice del Supremo Tribunal Federal dalla ex presidente Dilma Rousseff, “ha sempre avuto un forte legame con il Partido dos Trabalhadores (Pt, formazione alla quale appartengono sia Lula che Rousseff) e ha aggiunto che “il popolo brasiliano non vuole che Lula si candidi”.

Anche i mercati hanno reagito all’annuncio dell’annullamento delle condanne, facendo registrare un calo del quattro per cento in borsa e il maggior valore del dollaro dal maggio 2020. Stando a specialisti ascoltati dalla stampa locale, il rischio è che, con Lula eleggibile, Bolsonaro viri su politiche ancora più populiste rinunciando ad avanzare nelle riforme economiche promesse. Ipotesi, queste, secondo Arantes tutte da confermare, visto che non si sa se Lula deciderà di candidarsi alla presidenza. Il punto importante, questa la tesi del docente dell’Usp, sta nella decisione dei giudici del Supremo Tribunal di dar inizio al processo di revisione di ‘Lava Jato’. Sulla base di misure tecniche, Fachin ha evitato un male maggiore per l’indagine, ma il giudizio sull’imparzialità di Moro avviato dalla corte rischia comunque di generare “un clamoroso passo indietro”.

Ancora Arantes: “Le accuse nei confronti del giudice non mettono solo in discussione la competenza tecnica del tribunale di Curitiba ma prefigurano qualcosa di molto più dirompente, sul piano etico e morale, demolendo la figura di Moro, che viene dichiarato sospetto e quindi parziale in tutto quello che ha fatto fin dall’inizio dei suoi primi passi nell’inchiesta ‘Lava Jato'”.