Thomas Piketty è uno degli economisti più famosi del mondo e “Capitale e ideologia” è un saggio monumentale che prende in esame la storia dell’economia e della società degli ultimi tre secoli (La nave di Teseo, 2020, 1176 pagine effettive, euro 25).

Piketty è un saggista decisamente molto impegnativo e questa lettura è consigliata agli economisti professionisti e ai laureati più motivati. Il saggio è suddiviso in quattro parti: la prima parte riguarda “I regimi della disuguaglianza nella storia” (cinque capitoli); la seconda parte prende in esame “Le società schiaviste e coloniali” (quattro capitoli); la terza parte tratta “La grande trasformazione del XX secolo” (quattro capitoli); la quarta parte si intitola “Rivedere le dimensioni del conflitto politico” (questi quattro capitoli sono alla portata di tutti).

Il grande accademico francese ha proseguito uno studio avviato negli anni 2000, basato sulle precedenti ricerche sulla distribuzione mondiale della ricchezza iniziate negli anni 1950-1970 (https://wid.world). Ricordo che l’economista italiano Vito Tanzi si è occupato di tematiche simili, lavorando all’interno di molte istituzioni economiche e finanziarie internazionali di grande rilievo (https://www.eticaeconomia.it/author/vito-tanzi, https://www.bruegel.org/author/vito-tanzi, https://www.hoepli.it/libro/the-economics-of-government/9780198866428.html).

Il libro è quindi una gigantesca descrizione di vari fenomeni dal punto di vista economico e politico. Per capire meglio riporto un esempio che ha ricadute molto interessanti: “La Rivoluzione francese scelse di porre fine alla vendita di quasi tutte le cariche e le funzioni pubbliche, pur prevedendo una compensazione… l’attribuzione di ruoli nella diplomazia statunitense ai maggiori finanziatori delle campagne elettorali di fatto non se ne discosta di molto” (p. 232).

Comunque “nel periodo 1990-2020, oltre alla riduzione delle imposte sugli utili societari, molti paesi europei hanno introdotto vari regimi in deroga che hanno permesso ai dividendi e agli interessi di eludere il sistema di tassazione progressivo sul reddito, e quindi di versare imposte più basse rispetto a un equivalente reddito di lavoro” e questo non avveniva gli altri decenni (p. 636). Negli Stati Uniti esiste anche la tradizione della partecipazione azionaria dei dipendenti (come in avviene in Germania; http://www.mitbestimmung.it), che andrebbe incentivata con politiche fiscali adeguate (p. 582). Il progresso economico e sociale non è lineare, e la libera concorrenza e la libera espressione delle capacità lavorative devono essere promosse giorno per giorno.

In molti casi i livelli di tassazione dei super ricchi viaggiano intorno all’uno per cento. Forse oggi basterebbe tassare gli utili azionari negli Stati Uniti e nel Regno Unito per risolvere due dei principali problemi dell’economia occidentale: la disuguaglianza derivata dalla mancata tassazione e dalla nuova moneta confluita nei circuiti azionari delle principali borse. Borse che sono diventate dei sistemi piramidali estremi e parassitari (https://www.agoravox.it/Mariana-Mazzucato-e-il-valore-di.html). Esiste inoltre la colonizzazione finanziaria di uno Stato, quando una nazione cede “una quota sempre più elevata della sovranità fiscale del paese, secondo un classico scenario coloniale di coercizione attraverso il debito” (p. 435).

In ogni caso il livello “giusto” “delle retribuzioni e dei profitti non è qualcosa che cade dal cielo. Dipende dalle istituzioni, dalle norme sociali e sindacali in vigore in ciascun paese, nonché delle regolamentazioni giuridiche e fiscali… la quota del valore delle imprese destinata ai salari tende al ribasso, mentre la quota dei profitti aumenta in maniera simmetrica: fenomeno che può essere attribuito alla trasformazione dei rapporti di potere – sotto il profilo della negoziazione – tra azionisti e sindacati ” (p. 733). Stranamente “la riforma tedesca del 2009 ha comportato la perdita di parecchi dati fiscali sul reddito da capitale, creando notevoli difficoltà per i ricercatori impegnati a misurare l’evoluzione della disuguaglianza complessiva dei redditi da lavoro e da capitale” (nota a p. 774).

Gli economisti di solito adorano prendere in esame il coefficiente di Gini, che però ha molti limiti: “offre una visione piatta e asettica delle disuguaglianze. Tende a mascherare i conflitti tra la realtà fisica dei gruppi sociali che compongono la gerarchia del reddito e del patrimonio, e spesso tende ad appiattire i cambiamenti in corso”. Il coefficiente tende a nascondere la natura dei dati (p. 754). Ad esempio negli ex Stati comunisti le disuguaglianze non sono cresciute come in Russia, poiché, “dopo il crollo del comunismo, gli investitori dei paesi occidentali sono diventati poco per volta proprietari di una parte considerevole del capitale degli ex paesi dell’Est: circa un quarto, se si considera l’insieme dello stock di capitale (compresi i beni immobili), e oltre la metà se si fa riferimento alla proprietà delle aziende”, soprattutto le grandi imprese” (p. 732). In effetti le disuguaglianze non sono cresciute “perché buona parte dei redditi elevati derivanti dal capitale dei paesi dell’Est viene versato all’estero” (come dimostrato da Filip Novokmet, citato a p. 732).

Per quanto riguarda la Cina, “i dati nazionali sui contribuenti ad alto reddito non vengono più pubblicati dal 2011… Anche se la mancanza di trasparenza sulle disuguaglianze è un problema mondiale”, in Cina e in Russia l’opacità fiscale è troppo grande. Sempre in Cina, “la registrazione e la misurazione dei patrimoni è ancora più lacunosa di quella dei redditi” (p. 710 e p. 711). In realtà il NazionalComunismo cinese di stampo pseudo-capitalista è divenuto una plutocrazia mascherata con il vecchio e il nuovo populismo. Il potere della ricchezza orienta i sentimenti del popolo a vantaggio degli uomini più ricchi e delle persone inserite più in alto nell’apparato politico.

Forse per alleggerire la lettura si potevano ottenere tre saggi: uno storico, uno economico e uno politico. Inoltre un economista del calibro di Piketty potrebbe a indagare a fondo i meccanismi poco trasparenti del funzionamento delle banche private e di quelle parastatali, oggi praticamente privatizzate in quasi tutti gli Stati del mondo. Sarebbe anche molto interessante studiare a fondo la manipolazione delle borse: http://www.agoravox.it/Democrazie-capitaliste-e-regimi.html. Per provare a capire meglio come agiscono le Banche Centrali consiglio due video e due documentari: https://www.youtube.com/watch?v=XcGh1Dex4Yo (Chi crea i soldi? Quando li crea? Come li crea? Perché li crea? Dove li mette? Chi ci guadagna?); https://www.youtube.com/watch?v=8FT-zyTX2nE (il vero ruolo delle banche centrali, dialogo con il Prof. Richard Wernerd, modera Stefan Grobe); https://www.youtube.com/watch?v=p5Ac7ap_MAY&feature=youtu.be (la banca del Giappone, documentario straordinario); https://www.youtube.com/watch?v=OVrJkzra_5A (riflessioni sul sistema economico giapponese).

Thomas Piketty insegna economia a Parigi: http://piketty.pse.ens.fr/fr. Il suo libro “Il capitale nel XXI secolo” (2014) è stato tradotto in 40 lingue e ha venduto 2,5 milioni di copie. La mia recensione del saggio del 2014 è qui: www.agoravox.it/L-economia-secondo-Piketty-Quando.html. La moglie di Piketty è Julia Cagé: http://www.agoravox.it/La-salvatrice-dei-media-e-Julia.html.

Per leggere una recensione del saggio precedente: https://www.doppiozero.com/materiali/la-societa-giusta-di-thomas-piketty. Qui potete trovare un piccolo saggio emergenziale gratuito: http://www.lanavediteseo.eu/come-evitare-il-peggio-di-thomas-piketty-in-regalo-ai-lettori. Un paio di link: www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty; www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia.

Nota schiavista – All’inizio della tratta degli schiavi circa il 20 per cento moriva durante il viaggio in nave e un altro 20 per cento moriva durante il primo anno per le dure condizioni di lavoro e per la precedente debilitazione (da p. 242). Comunque la tratta degli schiavi è stata abolita quando più o meno si erano raggiunti i livelli quasi ottimali di schiavi, grazie anche alla riproduzione interna agli Stati schiavisti. Quindi lo schiavismo non conveniva più ed è finito principalmente per quel motivo.

Nota storica – Uno studioso ha fatto l’ipotesi che il crollo della civiltà azteca oltre a essere stato determinato dalle malattie importata dalla Spagna, sia stato favorito anche da una lotta intestina azteca, a causa delle forti disuguaglianze sociali che erano arrivate a livelli insostenibili” (Gruzinski, p. 379). Nei Paesi Passi nei secoli passati, “l’élite commerciale controllava a proprio vantaggio il potere e le finanze pubbliche tramite l’accumulazione di debiti a carico dello Stato, bloccando così le capacità di sviluppo della società nel suo insieme” (nota a p. 625). Negli ultimi tre decenni qualcuno ha cambiato il mondo occidentale: www.agoravox.it/Chi-ha-cambiato-il-mondo-Egemonia.html. Chi ha cambiato il mondo ha travisato Smith: http://www.agoravox.it/Tutta-la-verita-su-Adam-Smith.html. L’unico premio Nobel francese per l’Economia aveva le idee molto chiare sulla fenomenologia del denaro: https://www.agoravox.it/Allais-il-fisico-che-vinse-il.html. La Guerra Civile Americana dal punto di vista economico e geopolitico (traduzione di un articolo americano): https://www.mittdolcino.com/2020/12/30/quando-fu-la-russia-a-salvare-gli-stati-uniti-damerica/#more-36625.

Nota francese – Alcuni sindacati francesi pagano le ore e i giorni di sciopero per tutelare di più i lavoratori (comunicazione personale). La disuguaglianza può portare ai conflitti sociali e alle guerre civili, più o meno allargate: www.agoravox.it/Cattaruzza-e-la-guerra-spiegata.html (le guerre urbanizzate); www.agoravox.it/Maalouf-e-il-naufragio-dell.html (l’esistenza umana alla deriva). Dal punto di vista antropologico “ogni società vorrebbe essere immortale e ciò che chiamiamo cultura non è altro che un insieme organizzato di credenze e riti aventi lo scopo di lottare contro il potere di dissoluzione della morte individuale e collettiva”; la morte viene trasformata in business con la vendita delle armi e attraverso il potere tecnologico sanitario (Louis-Vincent Thomas, Morte e Potere, 2006, p. 16).

Nota anglosassone – Per quanto riguarda gli Stati Uniti e il Regno Unito, nel 2019 il debito pubblico ha superato “il valore della totalità dei beni pubblici”, come avvenuto per l’Italia nel 2011 (p. 697). Il Regno Unito “dopo le guerre napoleoniche, aveva un debito pubblico superiore a due anni di reddito nazionale (pari al valore di circa un terzo delle proprietà private del paese) e si trovava dunque in una situazione di pesante passività dei conti pubblici… il problema fu risolto con l’utilizzo degli avanzi di bilancio (circa un quarto delle entrate fiscali), grazie a quanto venne versato in modo continuo e costante per un intero secolo (dal 1815 al 1914) dai piccoli e medi contribuenti britannici, a tutto vantaggio dei ricchi possidenti” (p. 704). Per approfondire alcune questioni legali recenti: http://spiderswebfilm.com/#trailer (un documentario molto ficcante); https://www.youtube.com/watch?v=np_ylvc8Zj8 (il documentario con i sottotitoli italiani).

Nota finale – L’uomo fa l’occasione ladra: www.pressenza.com/it/2015/06/la-lista-falciani-la-caccia-grossa-e-la-cassaforte-degli-evasori; http://www.agoravox.it/Le-isole-del-tesoro-delle.html. Quindi “sembra che vi sia larga tolleranza per diverse forme di elusione delle tasse di successione, soprattutto attraverso i trusts familiari o altri stratagemmi che consentono di diminuire il valore delle eredità o di camuffarle in enti pseudo-filantropici” (nota a p. 782). I più ricchi sono più bravi a farsi fare le leggi con un bel taglio sartoriale fatto su misura. Ad esempio Warren Buffet vorrebbe pagare più tasse, dato che nel 2015 ha pagato delle tasse federali che corrispondevano allo 0,003 per cento del suo reddito (nota a p. 1103). Forse la nuova ondata della storia cambierà molte cose: www.pressenza.com/it/2014/08/potere-politica-delluomo-comune (Havel e il potere dei senza potere). In ogni caso la sacralizzazione dei miliardari è la nuova religione: “come se Bill Gates, Jeff Bezos e Mark Zuckerberg avessero inventato da soli i computer, i libri e gli amici” (p. 815).