Da 5 anni ogni primo giovedì del mese la rete Milano senza frontiere si raccoglie in Piazza Scala a Milano per ricordare, per denunciare, per chiedere verità e giustizia.

Scendono in piazza e camminano in cerchio, con al collo le foto dei tanti desaparecidos del Mediterraneo. Chiunque può unirsi a loro, basta raccogliere una di queste foto, mettersela addosso e unirsi al cerchio. L’immagine ricorda quella delle madri argentine, il dramma è maledettamente simile.

Da un altoparlante raccontano, ripetono quello che è successo, che succede e che rischia di continuare a succedere: la vergogna per cui noi europei possiamo muoverci per il mondo quasi ovunque, basta il nostro passaporto, ma per chi viene dal Sud del mondo così non è. E se basterebbero 250 euro per fare un biglietto di nave dalla Tunisia o dall’Algeria, andata e ritorno, così non è possibile per la gran parte di coloro che vogliono attraversare questo mare. Lo sappiamo benissimo quello che succede, sappiamo come attraversano il deserto, cosa può succedere in Libia, quanto spendono, cosa rischiano, quanti ne muoiono, nel nostro mare. Questo piccolo e cocciuto gruppo di uomini e donne non desiste dal ricordare che ognuno di loro aveva una storia, una famiglia, un sogno che si è infranto, che è naufragato. Dai naufragi più grandi e noti, a quelli più piccoli. Hanno contatti con associazioni e gruppi di familiari che dal Sudan, dal Mali o dalla Tunisia cercano disperatamente di sapere cosa è successo.

Tengono accesa una fiamma, di qua e di là dal mare. Si ostinano a non lasciare sole queste famiglie che piangono i loro cari dispersi. Foto di volti, giovani, giovanissimi, o foto di genitori che tengono in mano la foto di un figlio. Restiamo Umani, diceva il nostro Vittorio Arrigoni. Questa rete, che ringraziamo per la forza e la costanza, ostinata e controcorrente, fa sì che almeno la memoria si mantenga.  Come una piccola arca di Noè ci aiuta a traghettare in questi tempi bui.

Se potete andare a vedere chi sono, potete farlo qui: su Facebook, oppure sul sito www.missingattheborders.org, dove si raccolgono le storie di chi cerca. Aprite questo sito, guardate ed ascoltate il racconto di una di queste donne – sono in gran parte loro a raccontare – e moltiplicate una storia per 35.000, tanti sono i desaparecidos nel nostro mare negli ultimi 20 anni.

Alla fine ci si è salutati mestamente, nella speranza di vedersi tra un mese, lockdown permettendo. Nel frattempo, come i pescatori in inverno, ci dedicheremo anche noi a rammendare le Reti…..