Questo articolo è scritto nelle ore in cui si apprende della scomparsa di Francesco Ruotolo, giornalista e insegnante, direttore della collana dei Quaderni di Satyagraha, tra i fondatori a Napoli di Rifondazione Comunista. Innumerevoli le sue battaglie civili, il suo impegno pubblico e politico, la tutela della Costituzione, la difesa della democrazia, le lotte per la giustizia sociale, sempre a fianco dei più poveri e dei più deboli; e ancora per la difesa dell’acqua, bene essenziale alla vita, e di tutti i beni comuni. Una persona che, per la sua vicenda umana e per la sua esperienza civica, conosceva bene cosa voglia dire pace positiva, pace con giustizia, e, in generale, pace, nonviolenza, diritti umani per tutti e per tutte. Importanti le sue battaglie nel quartiere, alla Sanità di Napoli, in generale nella III Municipalità, di cui era Consigliere Speciale alla Memoria, per la difesa del territorio, la protezione dei diritti dell’ecosistema, la difesa della memoria civica, della memoria pubblica, del territorio. Le tematiche della memoria (memoria pubblica, in generale, memoria collettiva, in particolare) costituivano una costante del suo impegno. La memoria collettiva, quasi in una pratica di memoriale, è un’esperienza del passato che rivive nel presente, grazie alle persone che ne conservano il ricordo e agli eventi che ne ripercorrono la memoria. E sarà così che continuerà a vivere nel presente, grazie alle persone che ne serberanno il ricordo e alle battaglie che ancora scrutano l’orizzonte della trasformazione. 

Il Servizio per l’Azione Esterna dell’Unione Europea ha reso pubblica la nota dell’Implementation and Monitoring Council (IMC), il Consiglio per il Monitoraggio e l’Implementazione, sul Kosovo, in base alla quale «il 9 Novembre 2020, ha avuto luogo a Prishtina una riunione del IMC. L’IMC ha approvato l’accordo per il rifacimento delle strade nella Municipalità di Dečani/Deçan in base alla legge kosovara n. 03/L-039 riguardante le Zone di Protezione Speciale (SPZ) del 15 Giugno 2008. Tale accordo include lo sviluppo, allo stesso tempo, sia della bypass-road internazionale esterna ai confini della SPZ sia di una strada locale all’interno della SPZ, con l’obiettivo di promuovere le relazioni inter-comunitarie attraverso la protezione del patrimonio culturale di tipo religioso e di consolidare lo sviluppo economico nella Municipalità di Dečani/Deçan e nell’intera regione». Si tratta di un accordo di rilievo, intorno a una questione che aveva sollevato attenzione anche al di fuori dei confini del Kosovo, su una materia di estrema importanza e sensibilità. L’accordo promette infatti di prefigurare un conseguimento positivo, rilevante sia ai fini della protezione del patrimonio culturale e della difesa dei diritti culturali in Kosovo, sia nei termini di un esito positivo di un processo di mediazione.

Richiamando le osservazioni di Dimitris Moschopoulos, già facilitatore dell’Unione Europea per la protezione del patrimonio culturale e religioso della Chiesa Ortodossa Serba in Kosovo, è opportuno ricordare che l’Implementation and Monitoring Council (IMC) è un organismo composto da cinque membri, istituito allo scopo di assicurare la completa implementazione della legislazione kosovara riguardate la Chiesa Ortodossa Serba in Kosovo, la quale ultima, peraltro, è uno dei membri dell’IMC, insieme con il Ministro dell’Ambiente e della Pianificazione Territoriale, il Ministro della Cultura, dei Giovani e dello Sport, il Rappresentante Speciale della UE e il Capo della Missione OSCE in Kosovo. «La storia travagliata della regione ha inevitabilmente lasciato le sue tracce sui monumenti del patrimonio culturale del Kosovo. La guerra del 1998-1999, che ha portato infine alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo circa dieci anni dopo, non ha fatto, purtroppo, eccezione in tal senso. Più di duecento moschee e tekke e dozzine e dozzine di chiese sono state distrutte o danneggiate durante la guerra.

Ciò che è particolarmente grave nel caso del Kosovo è che la distruzione dei monumenti e del patrimonio culturale non è finita con la fine della guerra. Quasi cinque anni dopo la fine della guerra, nel Marzo 2004, una tragica eruzione di violenza diretta contro la comunità serba del Kosovo ha causato, oltre alla perdita di vite umane, una significativa distruzione di proprietà, compresi alcuni straordinari monumenti architettonici del patrimonio culturale appartenenti alla Chiesa Ortodossa Serba».

Com’è noto, i gruppi etnici che hanno vissuto in Kosovo attraverso i secoli hanno contribuito al patrimonio culturale, estremamente ricco e variegato, del Kosovo odierno, un patrimonio che copre un vasto arco temporale, risalendo all’epoca preistorica e sviluppandosi, attraverso l’età antica, il periodo illirico e l’epoca romana, il Medio Evo, compresa l’Età Bizantina e il periodo serbo, seguito poi dall’Impero Ottomano, fino ai tempi moderni e all’età contemporanea. Un posto di primo piano tra i monumenti e il patrimonio culturale del Kosovo appartiene senza dubbio all’eredità culturale della Chiesa Ortodossa Serba, sino ad oggi l’unica espressione del patrimonio culturale in Kosovo rappresentata all’interno della Lista UNESCO del Patrimonio dell’Umanità. I quattro monumenti che fanno parte della Lista, tutti risalenti al Medio Evo, sono il Monastero di Visoki Dečani (a Dečani/Deçan), il Patriarcato (a Peć/Peja), il Monastero di Gračanica (a Gračanica, poco distante da Prishtina) e la Chiesa della Bogorodica Ljeviška a Prizren. Nel quadro legale kosovaro, la specificità del sistema di protezione del patrimonio culturale è stata riconosciuta attraverso la Legge sulle Zone di Protezione Speciale, la quale «assicura la protezione dei Monasteri, delle Chiese, e di altri siti religiosi della Chiesa Ortodossa Serba, nonché dei siti storici e culturali di particolare significato per la comunità serba del Kosovo, come pure per le altre comunità, attraverso l’introduzione di Zone di Protezione Speciale».

La legge formalmente stabilisce un regime di protezione puntuale elencando le attività proibite o soggette a limitazione. Nel momento in cui le Zone di Protezione Speciale costituiscono parte di complessi storici urbani o di paesaggi culturali, il sistema di gestione deve essere specificamente istituito al fine di consentire la completa implementazione della Legge. I portatori di interesse devono essere adeguatamente coinvolti in tutte le fasi della gestione, secondo modalità corrispondenti agli standard dei diritti umani e ai principi del rispetto e della promozione della diversità culturale e religiosa. La protezione dei diritti culturali è, infatti, uno degli obiettivi fondamentali ai fini della protezione dei diritti umani e delle comunità. In base alla Risoluzione (A/HRC/RES/33/20) del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (30 Settembre 2016), su «Diritti Culturali e Protezione del Patrimonio Culturale», viene riconosciuto che «salvaguardare il godimento dei diritti culturali può costituire parte essenziale della risposta a molte delle attuali sfide globali, compreso il flagello del terrorismo»; inoltre «richiama tutti gli stati a rispettare, promuovere e proteggere il diritto di ciascuno e di ciascuna a prendere parte alla vita culturale, compresa la possibilità di avere accesso e fruire del patrimonio culturale».

I temi del patrimonio culturale e delle memorie collettive restano, quindi, potenti vettori di partecipazione e di inclusione.