Lettera di Nicoletta Dosio: “Dana, ti voglio bene”

Non bastano le parole ad esprimere la rabbia, la frustrazione dell’essere forzatamente rinchiusi nel momento in cui si vorrebbe essere per le strade a gridare a gran voce che è scaduto il tempo della sopportazione.
I ladri di libertà ed umanità sono venuti all’alba a prendersi Dana. Centinaia di armati in assetto antisommossa, blindati e blocchi stradali per portarsi via, verso due lunghi anni di carcere, una ragazza dolce e generosa.
Intanto altre divise si erano spinte ad una casetta tra i boschi per mettere in esecuzione gli arresti domiciliari a Stefano, compagno di sempre.
Ancora una volta il tribunale e la Procura di Torino, più che mai parte delle lobby del malaffare, mettono in atto l’ingiustizia e la vendetta di sempre ai danni di un movimento che da decenni lotta non solo contro un treno ad alta velocità, ma contro un modello di vita che crea devastazione sociale culturale e ambientale, malattia, morte.
Penso a Dana rinchiusa in quei cubicoli che per qualche tempo ho provato. Forse si affaccerà alla finestrella oscurata da sbarre e fitte reti, per vedere se il cielo esiste ancora, per cominciare ad orientarsi nel labirinto che l’ha inghiottita.
Conosco la sua tranquilla determinazione, ma so anche il tuffo al cuore che si prova quando, dietro di te, vengono chiusi i cancelli e sei scortato lungo i corridoi, tra due file di celle, verso quello che sarà il non luogo della tua prossima non vita.
Mi aggrappo alla certezza che lei saprà cogliere la presenza delle tante vite umiliate e offese, l’umanità di chi, prigioniera come te, ti regala il suo niente, che è il vero antidoto all’orrore del carcere.
E poi ci saranno le lettere, l’affetto della famiglia di vita e di lotta e soprattutto la consapevolezza di star pagando per una causa bella e giusta.
Quanto al potere invidioso e vendicativo, sappia che è vicino il giorno della resa dei conti, in cui non ci saranno ordigni di guerra, né tribunali, né fascismi capaci di resistere alla bomba ad orologeria che è il cuore di chi lotta per vendicare il passato e rendere possibile il futuro.
Un abbraccio, Dana. Ti voglio bene.

 

Contro l’uso bellico del Diritto. Solidarietà a Dana e a tutto il popolo NO TAV

Ugo Mattei, Presidente del Comitato Rodotà

L’ arresto di Dana è l’ennesimo episodio dell’uso della giurisdizione come clava per tacitare il dissenso rispetto alle decisioni più scellerate del potere. Che si tratti del tunnel Tav, inutile e dannoso, dei loschi traffici di un governo che traffica armi con Erdogan o Al Sisi, o delle misure di sorveglianza a Eddi o dello scellerato abuso delle tecnologie produttrici di elettromagnetismo perfino nelle scuole (stangata di spese giudiziarie ai genitori di Frossasco), la musica è sempre la stessa. Pezzi importanti della magistratura torinese invece di utilizzare il diritto per restituire giustizia e buon senso contro processi sociali corrotti si accanisce contro chi non ci sta. Spesso, come nel caso di Dana o Eddi, sono giovani donne. Altre volte possono essere, come nel caso di Frossasco, addirittura bambini. Il Comitato. Rodotà nato per difendere, sulla scia di un grande maestro, il diritto come scudo che difende il popolo contro gli abusi di un potere che detesta la legalità, non può che essere solidale e indignato per questa continua  deriva autoritaria non degna di un popolo democratico. Tutte le lotte devono ora unirsi in una nuova fase costituente che è lotta per il diritto e contro il potere nell’ interesse dei beni comuni e delle generazioni future.  Non c’è più tempo! Il potere va sconfitto prima di tutto con le armi della critica in ogni possibile occasione. Dedichiamo a Dana la imminente sconfitta che sapremo infliggere ad un potere cinico che si annida in ogni ganglio di quella che poteva essere una grande democrazia andando in massa a votare No. La Costituzione italiana ripudia l’ uso bellico del diritto.

Lottare per la salvaguardia di un ecosistema non è un reato – UDIPalermo

Pubblichiamo l’appello dell’UDIPalermo, così come avevamo già fatto precedentemente nel caso-Dosio, quando – anche allora –  l’Onlus delle donne palermitane si è schierata, senza se e senza ma, contro la repressione delle lotte in quel di Val di Susa. Adesso riprendono parola per reclamare la libertà in favore di Dana Lauriola. Il comunicato era stato scritto nella speranza che quanto meno fossero state concesse le misure alternative.  Invece, è notizia di questa notte, lo Stato ha fatto scattare le manette per l’attivista NoTav e che è stata tradotta in carcere

Ancora una volta, come nel caso di Nicoletta Dosio, tradotta nel carcere delle Vallette all’età di 73 anni la sera del 30 dicembre 2019, si condanna un corpo di donna a due anni di reclusione per non chiudere sull’annoso collegamento ferroviario Torino-Lione ridotto ormai a una faccenda di ordine pubblico. E ancora una volta, come Nicoletta Dosio, Dana Lauriola, trentottenne, alla notizia di una pena detentiva durissima, due anni di carcere, reagisce con dignità e fermezza riaffermando il senso della lotta No Tav e di ogni lotta sociale.

Dana Lauriola è stata condannata per aver partecipato a una manifestazione del 2012 presso il casello autostradale Torino-Bardonecchia. Quale crimine avrebbe commesso? Quello di aver spiegato con un megafono agli automobilisti che transitarono per pochi minuti senza pagare il pedaggio alla Sitaf, società di gestione dell’A32, le ragioni dell’apertura forzata del casello e di aver così arrecato un danno economico di pochi euro. Dana lotta da quindici anni per la salvaguardia ambientale della Valle di Susa e appare quanto meno sconcertante e incomprensibile la decisione del Tribunale di Torino di negarle ogni forma di pena alternativa al carcere. Apprendiamo fra l’altro dagli organi di stampa nazionali che nella vita Dana coordina uno storico servizio torinese a favore delle/dei senza dimora, quelli/e che non hanno voce neppure in tempi di pandemia, e si prende cura del loro reinserimento sociale. Allora perché tanto accanimento? perché il Tribunale nega le misure alternative richieste? Perché Dana continua a abitare a Bussoleno e la sua vicinanza con i luoghi della protesta No Tav comporterebbe il rischio che possa commettere nuovi reati. Ma diamo la parola alla stessa Dana che così scrive nella sua pagina social: “Uno dei motivi per cui vado in carcere, scritto nero su bianco, è che non mi sono dissociata dalla lotta No Tav, l’altro è che ho continuato a vivere in Valle di Susa. Sono tranquilla per tutte le scelte che ho fatto in questi anni, ho amato la valle e la lotta No Tav per oltre quindici anni e continuerò a farlo anche se fisicamente lontana…”.

In una fase storica di estrema urgenza, davanti a una “minaccia esistenziale” dovuta alla crisi più grave che l’umanità si sia trovata ad affrontare, come continuano a ribadire Greta Thunberg e milioni di ragazze/i nel mondo, davanti alla pandemia, pare che in Italia la preoccupazione maggiore sia continuare a tenere aperto un cantiere come quello della Tav, con grande spreco di denaro pubblico, e criminalizzare e reprimere le donne e gli uomini della Valle di Susa che per decenni hanno lottato e continuano a lottare per la salvaguardia del loro ecosistema. Noi siamo di parte, dalla parte di Nicoletta allora, dalla parte di Dana ora: chiediamo che le siano concesse pene alternative alla reclusione.

Ancora un’inqualificabile sentenza del Tribunale di Torino

Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua – Comitato provinciale Acqua Pubblica Torino

Di nuovo le aule giudiziarie del Tribunale di Torino vengono usate per portare avanti la repressione di un movimento.

Infatti, dopo l’arresto di Nicoletta Dosio, ora tocca all’attivista NoTav Dana Lauriola pagare con una pena sproporzionata l’aver partecipato ad una manifestazione durante la quale è stato aperto un casello autostradale e consentito il libero transito dei veicoli, con conseguente perdita di 700 euro di pedaggi alla società privata Sitaf.

Per il tribunale, questo danno si traduce in 2 anni di reclusione, senza nessuna considerazione per la libertà del cittadino di manifestare e fare opposizione.

A questo punto ci tocca pensare che forse si correvano meno rischi al tempo del re longobardo Rotari, che per evitare vendette e faide aveva stilato un comodo tariffario proporzionato all’entità del danno, tutto compreso, dallo schiaffo all’omicidio.

Possibile che 2000 anni di storia ed evoluzione del diritto non ci abbiano messi al riparo da vendette e abusi?

 

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