Secondo quanto riporta il Texas Tribune in data 22 luglio, l’amministrazione Trump aveva ordinato la chiusura del consolato cinese di Houston. Il governo cinese ha reagito chiudendo il consolato americano a Chengdu, la capitale della provincia cinese sudoccidentale del Sichuan. Chengdu era un importante avamposto diplomatico per gli Stati Uniti che copriva una vasta area del paese, inclusa la controversa regione autonoma tibetana. Prima di queste guerre tra consolati, la più grande tensione tra i due Paesi era stata la rete 5G, poiché i giganti cinesi delle telecomunicazioni Huawei e ZTE ora controllano circa il 40% del mercato globale delle infrastrutture 5G. Il procuratore generale degli Stati Uniti William Barr ha dichiarato, in un discorso a una conferenza a Washington, che consentire alla Cina di stabilire il dominio del 5G non era solo un “pericolo enorme” poiché Pechino potrebbe utilizzare la tecnologia per il monitoraggio e la sorveglianza, ma che “la posta in gioco è molto più alta”. Secondo Barr, per la prima volta nella storia, gli Stati Uniti non detengono la leadership in un importante settore tecnologico che sosterrà l’innovazione futura. Questa frase, pronunciata dal procuratore generale del Paese più capitalista del mondo, è sorprendente. Dopo tutto, non è proprio la concorrenza l’idea che sta alla base del gioco?

Questa situazione, tuttavia, ha molto più a che fare con la cultura che con il denaro e il capitalismo. Da un lato abbiamo quello che io chiamo l’Occidente bianco, che ha dominato e controllato la maggior parte del mondo per oltre due secoli, imponendo i suoi valori, la religione e le strutture sociali ed economiche attraverso l’uso della violenza in tutte le sue  forme. Il 29 luglio, Pressenza ha pubblicato questo articolo “’We Will Coup Whoever We Want’: Elon Musk and the Overthrow of Democracy in Bolivia” [Colpiremo chiunque vogliamo: Elon Musk e il rovesciamento della democrazia in Bolivia, n.d.t.], che dimostra l’atteggiamento che sta dietro a questa aggressione. In Asia abbiamo la Cina, con quattromila anni di civiltà, che è diventata la seconda potenza economica al mondo in 20 anni, assumendo la leadership sulle nuove tecnologie, l’energia verde e collaborando con oltre 70 paesi all’iniziativa di una Nuova Via della Seta. Charles Parton, ex diplomatico dell’UE in Cina, ha detto al Financial Times nel giugno 2017: “Non c’è dubbio che la Cina stia diventando un gigante geopolitico, prendendo il posto degli Stati Uniti in materia di libero scambio e cambiamento climatico”. “Mentre alcuni paesi occidentali fanno passi indietro erigendo ‘muri’, la Cina sta cercando di costruire ponti, sia letteralmente che metaforicamente”, si legge in un recente commento di Xinhua, agenzia di stampa statale cinese.

La dinamica di queste due culture si è totalmente trasformata: la Cina chiusa e introversa è diventata molto più aperta e cerca di collaborare a livello mondiale, mentre l’Occidente bianco sta chiudendo queste porte e sta diventando introverso, come si vede dalla Brexit in Regno Unito e, negli Stati Uniti, dal muro al confine con il Messico, dall’uscita dall’accordo di Parigi, dall’uscita dall’OMS e così via.

Ciò che sta accadendo tra l’Occidente bianco e la Cina avrà un impatto sul futuro dell’umanità e quindi ci riguarda tutti. Non possiamo permetterci di entrare in un’altra Guerra Fredda, con crescenti tensioni e Paesi di tutto il pianeta costretti a scegliere da che parte stare. Dobbiamo trovare un modo per andare oltre il dominio culturale, schema che si è ripetuto per migliaia di anni di storia umana, ed entrare in un’era di convivenza e cooperazione culturale. È un momento in cui ogni cultura avrà un ruolo da svolgere, ma ciascuna dovrà anche essere aperta al cambiamento. Per andare in questa direzione, ci sono poche domande a cui è necessario rispondere: 1) Possiamo vedere l’Occidente bianco coesistere con altre culture come pari?; 2) Come potremmo incoraggiare altre culture, come le comunità indigene, musulmane e indiane, affinché assumano un ruolo più importante?; e 3) Cosa c’è nella mia cultura che deve cambiare per aiutare il resto dell’umanità?

Se ci fosse un momento adatto per attuare pienamente la proposta di una Nazione Umana Universale, sarebbe proprio questo. Per questo, dobbiamo definire bene come le culture interagiranno e collaboreranno tra loro. Non è una questione di soldi, mercati o simili, sono questioni secondarie, ma piuttosto si tratta di avere un’immagine forte del futuro in cui le culture si capiranno, si fideranno l’una dell’altra, lavoreranno, collaboreranno tra loro e si impegneranno a risolvere qualsiasi conflitto senza l’uso della violenza.

Traduzione dall’inglese di Ilaria Cuppone. Revisione: Silvia Nocera