Da Carla Camponeschi

Inglesismo di cui si sono appropriati tutti i paesi del mondo a prescindere dalla lingua parlata. Certi termini inglesi riescono ad esprimere una sensazione o una condizione ben precisa senza avere bisogno di utilizzare troppe parole, semplicemente colpiscono nel segno.

Dopo mesi passati nel mio quartiere a girovagare per tutti gli spazi verdi, fino ad allora a me sconosciuti, dopo aver ammirato giorno dopo giorno alberi, cespugli, fiori, scoiattoli, uccelli e l’incredibile cielo inglese che con le sue nuvole in perenne movimento ha ispirato inevitabilmente grandi pittori dell’Ottocento decido finalmente di fare il grande passo : andrò a fare un giro nel centro di Londra.

Sono quasi emozionata ma allo stesso tempo intimorita, prendere un mezzo pubblico è stato per mesi una missione impossibile. Adesso però basta, bisogna ricominciare a fare le cose.

Ho voglia di andare nel cuore pulsante della città, assaporare l’atmosfera di Londra. Mi mancano le piccole gallerie di arte indipendenti che espongono nuovi talenti sempre all’avanguardia. Mi mancano i musei con le loro mostre estremamente curate e gli incredibili spazi per l’arte moderna . Basti pensare alla Turbine l’entrata della Tate Modern, uno spazio che ha ospitato, grazie alla sua ampiezza grandi opere di arte moderna.

Londra è una città estremamente stimolante, quando ci si cammina non si può non rimanere abbagliati da tutto quello che ti succede intorno. La gente a Londra non segue la moda del momento, ognuno la interpreta a secondo della propria personalità. Si cammina come se si fosse su una grande passerella piena di tante persone eccentriche, multietniche, vestite in una maniera che in altre città sarebbe a dir poco improponibile.

Decido di prendere la metro che mi porterà a Paddington, una delle tante grandi stazioni da dove si può raggiungere Hyde Park ed il West End.

Il primo impatto è desolante. Tutti i negozi, I ristoranti e le caffettiere sono chiusi. Poche persone si aggirano come se fossero dei fantasmi sperduti in questo ampio spazio generalmente gremito di gente, adesso mezzo vuoto.

Rimango per un momento quasi stordita, solo ora mi rendo improvvisamente conto dell’impatto che la pandemia del coronavirus sta avendo specialmente sulle grandi città. Esco dalla stazione.

La città sembra quasi addormentata, tutto sembra ovattato. Sicuramente le cose cambieranno una volta arrivata a Piccadilly Circus. Provo una strana sensazione, sembra quasi che la città abbia perso la sua anima, come se improvvisamente Londra avesse perso il suo aspetto altezzoso per lasciare posto a una città quasi dimessa come intimidita. Difficile da spiegare, come se i Londinesi a causa delle mascherine abbiano intrappolato la loro creatività che non riesce più a manifestarsi.

Londra è Londra anche grazie alla gente che ci vive.

Camminando per Oxford Street una delle vie più commerciali della città mi sorprende la quantità di posti chiusi. Ricordo quello che avvenne a Londra negli anni 80 dopo che la crisi finanziaria aveva spazzato via un’intera categoria demografica gli yuppies, giovani professionisti con lavori estremamente ben remunerati nella city. Con loro lo tsunami finanziario aveva trascinato e inghiottito tutta una serie di negozi, clubs, palestre e ristoranti. Tutta l’infrastruttura che si era creata intorno a loro. Un impatto forte che però era stato limitato ad una categoria.

Adesso la situazione è differente, la crisi ha colpito tutti: dai grandi magazzini storici inglesi ai fast food. Dai coffe shops nati come funghi ad ogni angolo della città ai piccoli ristoranti indipendenti fino ad arrivare alle grandi catene. Ha colpito le grandi gallerie d’arte e le piccole da dove spuntavano continuamente artisti di nicchia. Tutti questi posti chiusi sembrano occhi addormentati, impossibilitati a trasmettere l’energia che alimenta questa città. La crisi sembra non risparmiare nessuno, è la riprova che questo è decisamente un virus democratico travolge tutto e tutti a prescindere dalla classe sociale, aspetto, colore o posizione economica.

Bisogna comunque essere ottimisti, anche se ci vorrà un po’ di tempo forse Londra ce la farà a ritrovare il suo smalto. Si spera solo che il prossimo colpo che causerà la Brexit non faccia precipitare inesorabilmente ancora di più la situazione.

Good luck Londra (buona fortuna).

Tutte le fotografie sone di Carla Camponeschi