Com’era bella la frase che circolava durante il periodo peggiore della pandemia… “Non torneremo alla normalità, perchè la normalità era il problema”!

In quei mesi tutti hanno compreso quanto grave sia stato il disastro compiuto da decenni di tagli alla sanità pubblica, quanto inaccettabile sia la logica dell’austerità e delle privatizzazioni, e quanto tutto questo incida sulla vita umana. Tutti hanno compreso l’importanza e la necessità dell’intervento dello Stato nei campi fondamentali per l’esistenza di ciascuno, contro il principio liberista che vuole la riduzione degli interventi statali in favore del settore privato e del profitto. Tutti hanno sperato in un cambiamento.

Anche gli esponenti del governo ripetono incessantemente che questa crisi è una grande occasione per cambiare. Ma purtroppo non si riferiscono allo stesso cambiamento invocato da quella frase, così piena di rispetto per la vita degli esseri umani; manipolano quell’anelito al cambiamento per andare in tutt’altra direzione e realizzare una svolta ultra-liberista; colgono l’occasione per far passare riforme che altrimenti sarebbe molto difficile attuare.

Mai più come prima, ma allora come?

Nonostante la BCE sia disposta all’acquisto dei nostri Titoli di Stato, nonostante all’asta dei BTP ci sia stata una richiesta dieci volte superiore all’offerta (ma perché non ne abbiamo venduti dieci volte tanto?), nonostante la possibilità di emettere una moneta di Stato non vietata dai trattati, il governo insiste sulla strada del Mes e del Recovery Fund: pochi soldi, che indebiteranno ulteriormente il paese, condizionati alla realizzazione di riforme e investimenti graditi alle elites finanziarie.

Altro che migliorare la sanità pubblica e la scuola, altro che sostenere il lavoro e il reddito delle persone… il governo sta mettendo le basi per la rovina del popolo italiano: mentre le imprese chiudono e non arriva la cassa integrazione, mentre già ora si registra un milione di nuovi poveri e si annuncia per quest’autunno una crisi paragonabile a quella del 1929, il governo punta alla svendita del patrimonio pubblico, all’aumento del debito e alle riforme volute da Bruxelles che ci porteranno in casa la Troika o qualsiasi sua nuova incarnazione si inventeranno.

Come ha scritto recentemente l’economista Thomas Fazi: l’obiettivo è mantenere l’Italia ancorata al “vincolo esterno” europeo e proseguire nel percorso di integrazione economica sovranazionale, per poter continuare a imporre al paese quelle politiche neoliberali – tagli ai servizi pubblici, riduzione dei salari, ulteriore flessibilità nei rapporti di lavoro, riforme del sistema pensionistico, cessioni del patrimonio pubblico (vedi il “piano Colao”) ecc. – che le stesse oligarchie nazionali auspicano, ma che non avrebbero mai il consenso della popolazione e dunque necessitano di apparire come se siano “imposte dall’esterno”, secondo la logica del “ce lo chiede l’Europa”.

Sarà possibile evitare questa tragedia annunciata?

Purtroppo è difficile fare affidamento sulle forze “progressiste” del nostro paese, che da anni preferiscono guardare dall’altra parte quando si tratta di fare questo tipo di analisi, come se il difendere i diritti del popolo e la Costituzione (che sono per definizione regolati a livello nazionale) sia da assimilare al nazionalismo, che invece è tutt’altra cosa e implica la volontà di prevalere sugli altri paesi.

L’unica possibilità risiede in una forte ondata di pressione popolare, che non sia uno sfogo catartico ma, al contrario, una protesta consapevole e orientata alla soluzione del conflitto alla radice, che conduca a un cambiamento politico autentico e ispirato all’attuazione dei principi costituzionali.

È quindi molto urgente che ciascuno di noi si informi e si attivi per informare altri sulle trappole che i lupi neoliberisti travestiti da agnelli stanno allestendo, per poter reagire al più presto e nel modo più coerente con la volontà di cambiamento che sventolava dai balconi due mesi fa.