Pandemia incrementa disuguaglianza, ingiustizia e stigmatizzazione

La scorsa settimana, il Centro per i diritti della donna, Cdm, l’Equipe giuridica per i diritti umani e Women’s Link Worldwide hanno inoltrato al massimo organo di giustizia honduregno una richiesta di informazioni sui casi di violenza domestica durante gli oltre due mesi di lockdown.

Incaricati di ricevere le denunce, applicare misure di protezione e tutela, verificandone poi l’adempimento durante la sospensione delle attività dei tribunali, sono i giudici di pace secondo quanto disposto dal presidente della Corte suprema di giustizia (risoluzione PCSJ 16-2020) [1].

Uno degli effetti più gravi della pandemia è l’acuirsi delle disuguaglianze che già esistono nella società honduregna. In questo contesto, la quarantena diventa la più grande minaccia per molte donne, bambine e bambini.

Secondo l’Osservatorio sui diritti umani delle donne[2] del Cdm, dall’entrata in vigore delle misure restrittive delle libertà ci sono stati 26 femminicidi – 12 nel solo mese di maggio -, 3 tentati femminicidi e 10 casi di violenza sessuale. In totale, da gennaio sono già state assassinate 95 donne.

Paura e impunità

Dati della procura aggiornati al 30 aprile evidenziano più di 300 casi di violenza domestica. Ci sono però sufficienti elementi per credere che la situazione sia estremamente più grave, in quanto sono molte le donne che per timore non denunciano il loro aggressore. In Honduras ci sono più di 20 mila denunce di violenza domestica all’anno, ma solo per il 22% di esse si ottiene una condanna.

Il movimento femminista “Visitación Padilla” assicura che tra marzo e aprile di quest’anno ha ricevuto quasi 13 mila chiamate di donne che chiedevano aiuto. Sono più di 32 mila le denunce raccolte dall’inizio dell’anno. Secondo l’Osservatorio sulla violenza dell’Università nazionale autonoma dell’Honduras, nel 2019 ci sono stati 406 femminicidi, uno ogni 22 ore. Più del 90% dei casi è rimasto impunito.

È questo il motivo per cui le organizzazioni firmatarie hanno chiesto ai magistrati di mostrare i risultati raggiunti con l’approvazione della risoluzione PCSJ 16-2020. In particolare vogliono conoscere il numero esatto delle denunce ricevute, quanti sono i giudici di pace disponibili e se sono state organizzate campagne informative rivolte alle donne.

Hanno anche chiesto di sapere quali misure di protezione e tutela sono state attivate per le vittime di violenza domestica e violenza sessuale e in che modo ne stanno verificando il compimento.

Nuovo codice penale

La situazione di donne, adolescenti e bambine in Honduras potrebbe persino peggiorare a causa dell’entrata in vigore del nuovo codice penale, che ha già ricevuto pesanti critiche da ampi settori della società. La pressione popolare e la crisi sanitaria hanno fatto sì che i legislatori aumentassero di 45 giorni il tempo di vacatio legis.

Molte le critiche che sono piovute sul codice sia a livello nazionale che internazionale, in particolare da parte di organizzazioni che difendono i diritti delle donne e che lottano contro la violenza di genere. Secondo loro, il nuovo codice rappresenta un preoccupante passo indietro.

Il nuovo testo, ad esempio, abbassa da 30/40 anni a 20/30 anni la pena massima per il femminicidio e da 10/15 anni a 9/13 anni quella per la violenza sessuale. Sparisce inoltre il concetto di “violenza sessuale speciale” che prevedeva pene dai 15 ai 20 anni[3].

Lo stesso odio, la stessa discriminazione

La pandemia di Covid-19 sta avanzando in Honduras. Secondo i dati ufficiali del 25 maggio ci sono 3.950 casi confermati e 180 decessi. Cortés (San Pedro Sula) e Francisco Morazán (Tegucigalpa) sono le regioni più colpite. Qui si raggruppa l’84% dei casi e l’87% delle vittime.

Lo stato d’emergenza proclamato lo scorso 16 marzo è stato prolungato fino al 31 maggio, ma è probabile che le autorità lo proroghino nuovamente. Se la pandemia ha contribuito a rendere più visibili e drammatiche le forti disuguaglianze già esistenti nella società honduregna, è stata allo stesso tempo terreno fertile per l’immolazione di nuove vittime della discriminazione e dell’odio.

“La quarantena e il distanziamento sociale hanno avuto un impatto negativo sia sulla vita delle persone LGBTI, sia su quella degli eterosessuali. Se una lavoratrice della maquila perde il lavoro, l’effetto è devastante e la sua situazione diventa critica a prescindere dal suo orientamento sessuale e dall’identità di genere”, ha affermato Indyra Mendoza, coordinatrice della Rete Lesbica Cattrachas.

Sebbene la pandemia abbia portato a una riduzione dell’intensità della campagna di stigmatizzazione e discriminazione nei confronti delle persone LGBTI, Mendoza avverte che questo stesso odio ha preso di mira nuove vittime.

“Il fondamentalismo religioso, con la complicità dei mass media, ha seminato odio nella società. Il risultato lo abbiamo davanti agli occhi: 356 persone LGBTI assassinate negli ultimi dieci anni e impunità assoluta.

La cosa che più ci preoccupa – ha spiegato Mendoza – è che ora questo stesso odio viene riversato contro le persone che hanno il coronavirus e contro il personale sanitario. In Honduras si è scatenata una vera e propria covidfobia”.

Secondo il monitoraggio dei media nazionali, esistono già dozzine di casi di attacchi e persecuzioni contro persone malate e i loro famigliari. Addirittura alcuni quartieri sono presidiati dalla popolazione per impedire la loro entrata. Lo stesso sta accadendo con infermieri e dottori.

Regressione

La coordinatrice di Cattrachas assicura che la situazione è sempre più preoccupante.

“Sembra di essere tornati indietro di vari decenni, ai tempi dello stigma legato all’HIV. Abbiamo quindi deciso di lanciare una campagna educativa. Come persone LGBTI, che viviamo quotidianamente il disprezzo promosso dal fondamentalismo religioso e ampliato dai media, non possiamo stare con le mani in mano”.

Dopo il lancio della campagna sui social media, circa 30.000 persone hanno espresso il loro rifiuto nei confronti della covidfobia.

“È una cosa positiva, ma dobbiamo fare molto di più, dobbiamo abbattere altri muri. La maggior parte di queste persone rifiuta la discriminazione nei confronti di chi ha il coronavirus e del personale sanitario, ma non si è mai schierata contro la discriminazione e l’odio nei confronti delle persone LGBTI.

La nostra campagna deve quindi indurre le persone a riflettere e capire che tutte le forme di odio, discriminazione e stigmatizzazione sono sbagliate, possono uccidere e che quindi dobbiamo combatterle”, ha concluso Mendoza.

La Rete Lesbica Cattrachas si propone di ampliare la campagna in modo da raggiungere il maggior numero possibile di persone dentro e fuori dall’Honduras.

Note:

[1] http://www.poderjudicial.gob.hn/SiteAssets/Paginas/NoticiasAbril2020/AcuerdoPCSJ16-2020.pdf

[2] https://derechosdelamujer.org/observatorio-2/

[3] Quando la vittima ha meno di 12 anni o più di 70 anni, quando la violenza è commessa da più di una persona e quando esiste recidiva