Abbiamo parlato degli effetti su diritti e libertà di espressione in seguito alle misure prese per contenere la pandemia dovuta al Covid-19 in Nord Africa e Medio Oriente con Giuseppe Acconcia, docente di Geopolitica del Medio Oriente all’Università di Padova, giornalista e autore di vari libri tra cui Il grande Iran e Egitto. Democrazia militare. Il Covid-19 si è presentato come un virus infingardo e pericoloso per la salute fisica delle persone, ma in alcuni Paesi nel mondo ha esacerbato le condizioni, già critiche, di coloro che vedono negati i propri diritti fondamentali. Pensiamo, ad esempio, ai detenuti, accusati e incarcerati a causa delle loro opinioni e parole contro i governi e il nostro pensiero va a Patrick Zaki e a tutti coloro nella sua situazione.

Partiamo dall’Egitto. Qual è la situazione attuale rispetto alla restrizione della libertà diassociazione e di opinione?

Le misure repressive prese dal governo egiziano per contenere la diffusione della pandemia hanno avuto come primo effetto di colpire le libertà di espressione e i detenuti politici in carcere. L’attivista socialista, Alaa Abdel Fattah, ha avviato ancora una volta lo sciopero della fame la scorsa settimana per denunciare due pesi e due misure da parte delle autorità egiziane. In occasione della celebrazione della liberazione del Sinai, lo scorso 25 aprile, 4011 prigionieri sono stati rilasciati in Egitto. Tra di loro pochissimi sono i detenuti politici, come Shadi el-Ghazali Harb, ad essere stati liberati. Per chiedere il rilascio dei detenuti e migliori condizioni di detenzione, spesso
incompatibili con le misure per contenere la diffusione della pandemia, la scrittrice Ahdaf Soueif, e altre attiviste avevano protestato lo scorso marzo, erano state arrestate e poi rilasciate.

E nelle carceri egiziane?

Sono innumerevoli le notizie di torture e violazioni dei diritti umani in prigione in Egitto. Sono 60mila, secondo Amnesty International, i detenuti politici in Egitto in seguito al colpo di stato militare del 3 luglio 2013. E nonostante l’emergenza Covid-19 e il Ramadan, numerosi sono stati gli arresti sommari avvenuti nelle ultime settimane, tra cui Kholoud Said e Marwa Arafa. Said, di cui per alcuni giorni non abbiamo avuto notizie, è accusata di aver criticato le autorità egiziane nella gestione dell’emergenza sanitaria sui social network. Come se non bastasse, il fotografo e filmmaker, Shady Habash, 24 anni, è morto nella prigione di massima sicurezza di Tora, mentre era da due anni in detenzione preventiva. Shady era stato arrestato per il video musicale “Balaha” in cui veniva deriso il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Tuttavia, il cantante del video, Ramy Essam, in esilio in Svezia, aveva dichiarato che il vero autore del testo è Galal el-Behairy, anche lui in prigione. L’avvocato di Shady Habash, Ahmed el-Khawaga ha detto che la morte del suo assistito si sarebbe potuta evitare se fosse stato soccorso in tempo perché versava da tempo in cattive condizioni di salute fisica e soffriva di depressione. Anche l’avvocato per la difesa dei diritti umani, Khaled Ali, ha dichiarato che Shady non sarebbe dovuto essere in prigione per la conclusione già superata da tempo del periodo massimo di detenzione preventiva.

L’Algeria è un Paese del Maghreb di cui non si parla frequentemente, ma che negli ultimi mesi ha visto la popolazione scendere in piazza per manifestare contro la disoccupazione, la corruzione, la paura del terrorismo. Lo scorso 30 marzo, inoltre, è stato arrestato Khaled Drareni, giornalista algerino di Reporter Senza Frontiere (Rsf) e questo rimarca che il problema della libertà di parola persiste anche in Algeria.

Amnesty ha avviato una campagna per chiedere il rilascio di Khaled Drareni che con i suoi tweet ha raccontato le 57 settimane di proteste continue che hanno segnato l’Algeria nell’ultimo anno. Khaled è stato arrestato per incitamento ad assembramenti non armati, attentato all’integrità nazionale per aver coperto su Twitter la manifestazione dello scorso 7 marzo. Purtroppo il suo non è un caso isolato. L’emergenza Covid-19 che in Algeria ha fatto oltre 400 vittime ha bloccato il movimento Hirak, nato nel 2019 e che ha ottenuto la fine dell’era di Abdelaziz Bouteflika. Un altro caso che ha segnato il movimento è l’arresto di uno dei leader delle proteste, Karim Tabbou,
condannato lo scorso 24 marzo a sei mesi di prigione con l’accusa di attentato all’unità nazionale e all’esercito, solo due giorni prima del suo possibile rilascio. Il Collettivo per la Difesa dei prigionieri di Opinione ha dichiarato di non avere mai ricevuto una notifica che il processo avrebbe avuto luogo aggiungendo che non sono state rispettate le condizioni del giusto processo perché Tabbou non era presente durante l’udienza per motivi di salute.

Spostiamoci in Turchia dove il regime di Erdogan è chiaramente rivolto alla repressione di movimenti e opinioni contrari al governo. Di recente, Amnesty International ha dichiarato che i giornalisti sono stati ancor più presi di mira con il pretesto di combattere la disinformazione. Può commentare la legge introdotta in Parlamento il 13 aprile 2020 e che consente la liberazione anticipata e condizionale di un massimo di 90mila persone?

Purtroppo i provvedimenti di amnistia presi in Turchia per fronteggiare l’emergenza Covid-19 non hanno riguardato i prigionieri politici. Sono decine gli avvocati e i detenuti che continuano lo sciopero della fame fino alla morte per denunciare le pessime condizioni detentive e le discriminazioni da parte delle autorità turche. Uno dei casi più gravi è quello di Mustafa Kocak, 28
anni, morto dopo 297 giorni di sciopero della fame, nel carcere di Sakran, dopo aver denunciato di aver subito maltrattamenti per dodici giorni, mentre era sconosciuto il suo luogo di detenzione. Mustafa era stato condannato all’ergastolo in relazione al sequestro e all’uccisione del giudice Mehmet Selim Kiraz ed era accusato di far parte del movimento marxista-leninista, Dhkp-c. Pochi giorni prima di lui, era morta in seguito a un lungo sciopero della fame, la cantante del Grup Yorum, Helin Bolek, mentre sono ancora in sciopero della fame, il bassista del gruppo, i cui membri sono accusati di far parte di Dhkp-c, Ibrahim Gokcek, e gli avvocati Ebru Timtik e Aytac Unsal.

Proprio nell’ultimo rapporto di Reporter Senza Frontiere, l’Iran si posiziona la 173mo posto su 180 Paesi monitorati riguardo al tema della libertà di espressione. La stampa, in tempo di pandemia, è stata manipolata e ancora oggi non sono certi i dati dei contagi e, forse, quelli dichiarati sono solo un quinto di quelli reali. Qual è lo scopo delle autorità iraniane? E quali le condizioni dei giornalisti critici con il regime in Iran?

Le autorità iraniane sono in grande difficoltà sin dallo scorso 3 gennaio quando venne assassinato la guida delle milizie al-Quds in Iraq, Qassem Soleimani, in un’operazione voluta dagli Stati Uniti. Le proteste anti-sistema che ne sono seguite insieme alla crisi economica dovuta al coronavirus che hanno avuto effetti senza precedenti sul prezzo del petrolio ha duramente colpito la Repubblica islamica. I primi a farne le spese sono stati i giornalisti critici sulla gestione della crisi da parte delle autorità iraniane. L’ex presentatore, Mahmoud Shahariari, è stato arrestato lo scorso 14 aprile con l’accusa di diffondere notizie false sul Covid-19. Shahariari aveva diffuso un video in cui denunciava le autorità iraniane di voler tenere nascoste le reali conseguenze della pandemia. Immagini di cimiteri costruiti in fretta e furia per seppellire i morti erano state diffuse dai media internazionali per denunciare la gravità della crisi nel paese. Stessa sorte è toccata al veterano della guerra Iran-Iraq, Hadi Maharani, che aveva criticato la sottovalutazione dell’emergenza e la diffusione di notizie parziali da parte dei media iraniani. Sono stati arrestati anche i giornalisti Masoud Heydari, dirigente dell’Iranian
Labor News Agency, rilasciato su cauzione, e Hamid Haghjoo, amministratore dell’agenzia Telegram channel, per aver postato un cartoon critico nei confronti delle autorità iraniane in relazione alla gestione dell’emergenza Covid-19.