Il Virus sembra rallentare la sua corsa, la pandemia ridursi, e la paura? Tornerà nell’armadio?

La semplice definizione di emozione già ci spiega quanto sia fuori luogo combattere un sintomo fisico senza occuparsi dell’emozione e dei pensieri collegati. Il termine stesso emozione deriva infatti dal latino e moveo, cioè muoversi verso fuori. A nessuno sano di mente verrebbe da tentare di bloccare un fiore che stia sbocciando, un germoglio che stia crescendo, una madre che stia partorendo, una sorgente che stia sgorgando. Perché allora dovremmo bloccare l’emozione che da dentro sta cercando di sgorgare esprimendosi attraverso il sintomo?

L’emozione, ci dicono gli scienziati, è un impulso ad agire, un‘inclinazione biologica plasmata dall’esperienza e dalla cultura, qualcosa che mette in movimento verso un’azione che può essere dannosa, neutra o positiva. L’emozione cioè, è uno stato mentale con una forte componente organica dal momento che i circuiti dell’emozione e della cognizione si intrecciano in una rete interconnessa di sentimenti, pensieri, propensioni ad agire e condizioni psicobiologiche quali: modifiche fisiologiche adattative, attivazione del sistema nervoso autonomo, meccanismi cognitivi, elaborazione mentale.

Un’inclinazione biologica plasmata dall’esperienza e dalla cultura: in questa frase è possibile riconoscere la storia di un’aberrazione, la storia del misfatto storicamente perpetrato dalla ragione sull’emozione, dalla cultura sulla natura, da Apollo su Dioniso, da Atena su Afrodite, dalla tecnologia sull’amore, dalla civiltà del dominio su quella della condivisione, dal codice maschile su quello femminile. Il misfatto è la separazione, la prevaricazione, l’eccesso di controllo. Il misfatto è la rottura dell’equilibrio naturale per il quale le due polarità sono complementari e coincidenti e non contrapposte e contrastanti. Nella società attuale prevale un’etica per la quale l’inclinazione biologica non è plasmata, ma combattuta, repressa, segregata; la dimensione del Bios non viene accolta per quello che è, ma giudicata, spesso ritenuta malevola e relegata in una posizione subalterna a quella del Logos, della ragione, il bene per eccellenza. La nostra civiltà del dominio vive con sospetto tutto ciò che non può controllare e combatte tutto ciò che minaccia l’indiscusso potere della razionalità, cioè l’ideologia della ragione. La morale giudaico-cristiana ci insegna che le inclinazioni biologiche vanno combattute come il male, la natura va soggiogata con l’uso della ragione, fedele ai precetti della verità rivelata. L’etica laica dell’occidente post-industriale, forte dei suoi successi tecnologici, del suo benessere materiale e dei suoi consolidati valori illuministi, si ritiene la “civiltà definitiva” e guarda dall’alto in basso le altre civiltà diffuse sul pianeta, per non parlare delle antiche tradizioni, portatrici della filosofia perenne, alle quali viene riservato un posto ai margini della storia e un valore poco più che folclorico. Il nostro sistema politico democratico viene ostentato con orgoglio ed esportato grazie a pressioni economiche, mediatiche e, quando non basta, militari. Se, memori dell’ammonimento evangelico, ci fermassimo per guardare la nostra trave nell’occhio anziché l’altrui fuscello, vedremmo quanto siamo lontani dalla libertà, dalla democrazia, da un reale benessere del corpomente e dall’evoluzione della coscienza.

Uno dei principali responsabili del misfatto e delle sue conseguenze è proprio l’atteggiamento che la nostra cultura ha nei confronti delle emozioni. Né chiesa né stato, né cultura laica né religiosa, sembrano avere gli strumenti per “plasmare” il pericoloso serpente dell’inclinazione biologica se non schiacciandolo sotto i piedi della Vergine.

Se ci fermassimo, dicevo, potremmo per esempio, sederci ai margini di un bosco sul delta di un fiume, in quelle zone cosiddette ecotoniche protette, cioè di passaggio tra un ambiente naturale e l’altro, prenderci un po’ di tempo e assistere. Vedremmo allora la natura, l’inclinazione biologica, al lavoro e potremmo imparare la nostra lezione, in diretta dal vivente. Vedremmo ad esempio l’anatroccolo appena nato muoversi a suo agio sulle acque seguendo la madre, la quale a sua volta, a momenti rizza il becco al cielo starnazzando, altre lo gira a colpire un ospite indesiderato, altre ancora lo immerge per catturare un pesce, il quale un attimo prima vaga nelle acque per procurarsi il cibo e un attimo dopo è cibo nel becco dell’anitra; e tutto è assolutamente perfetto così. Vedremmo, ad esempio, le acque incresparsi per il vento, o animarsi di cerchi ridondanti sotto la pioggia battente, o le nuvole imbattersi sul fianco della montagna, o l’airone immobile nella laguna e il falco scoppiettante in volo, o l’onda tenue del lago inoltrarsi tra i fitti fili d’erba della riva. Vedremmo che in natura non esiste errore e che ogni cosa è al suo posto. In natura l’unico tempo è quello presente, l’unica legge è quella universale, l’unico osservatore è la coscienza dell’unità o se preferite l’occhio di Dio. La natura è Madre compassionevole che accoglie accettandola ogni manifestazione di sé, è inclinazione biologica pura, senza intermediari, senza “plasmatori”. L’evoluzione ha portato la natura a trascendere sé stessa nella cultura, partorendo dal suo seno l’essere umano e dotandolo di elevati gradi di coscienza di sé. Attraverso l’essere umano la natura diviene in grado di agire su sé stessa modificandosi, producendo cioè tecnologia.

Ma l’essere umano sembra avere scordato di chi sia figlio, con la presunzione dei potenti ha preso a domare la Madre, anziché mettersi al suo servizio, ha preso a sfruttarla per i suoi fini egoistici anziché collaborare per il bene comune, ha preso ad avvelenarla anziché ricambiarne l’amore incondizionato, ha distolto lo sguardo dai suoi insegnamenti, anziché conformarsi alle sue leggi.

Per quanto riguarda le inclinazioni biologiche evolutesi nel corso della storia, in emozioni – per permetterci, come direbbe Darwin di affrontare i nodi più importanti dell’esistenza, l’educazione dei figli, l’amicizia, la coppia, gli antagonismi, senza doverci pensare troppo – in quanto figlie della Madre, hanno subito la stessa sorte. Per centinaia di anni sono state represse, combattute, schernite dalla dittatura della ragione e come facilmente accade con ciò che viene perseguitato, sono proliferate nell’ombra, impossessandosi dei territori lasciati sguarniti: le profondità dell’anima. Il misfatto ha prodotto individui guidati dall’esterno, orientati al materialismo e al potere, ingombri di importanza personale e pienezza di sé; ha prodotto una cultura dominante sprezzante della diversità, immemore dell’esperienza interiore e delle dimensioni della coscienza. Coscienza, esperienza interiore, termini che ci lasciano quasi indifferenti, di fronte ai quali ci soffermiamo con sufficienza, liquidiamo con una messa domenicale e qualche segno della croce, giusto per non sentirci troppo in colpa; termini che la scienza medica ha pressoché espulso dalla sua giurisdizione. Il misfatto è così radicato nella mente collettiva, così generalmente condiviso da passare inosservato. Crediamo di essere democratici e tiranneggiamo con la dittatura della ragione i sudditi che ci abitano; crediamo di essere potenti e liberi ma viviamo schiavi delle nostre emozioni, i vinti in realtà non sono mai stati sconfitti, ma anzi scorrazzano in lungo e in largo per le praterie del regno; crediamo di essere buoni cristiani, a posto con la coscienza ma in realtà scambiamo la religione con un credo, la spiritualità con la morale; crediamo di essere sani e lo crediamo sempre più quanto più i successi tecnologici della medicina avanzano, e non ci rendiamo conto che stiamo diventando sempre più macchine efficienti e produttive e sempre meno esseri dotati d’anima, d’inclinazioni biologiche, cioè ferventi di vita. Chissà se ci sarà bastato vedere cosa succede quando la malattia fa la voce grossa, quando i sudditi, ai quali abbiamo impedito di cantare, danzare, dipingere, suonare, esprimersi, amarsi, celebrare la vita, incominciano a ribellarsi.