Un mese fa presentavamo il mutualismo come una possibile risposta alla crisi sociale, Ebbene, dopo più di un mese il mutualismo continua ad essere una delle poche certezze in questa pandemia. Molte sono le attività da nord a sud, nate dall’auto-organizzazione dei cittadini per cercare di alleviare le prime conseguenze della crisi in atto. Dopo le prime Iniziative per lo più di carattere alimentarie, a Bologna è nato il progetto “Una parola Amica”, un’attività di sollievo emotivo rivolta agli anziani che vivono in solitudine.

Se la prima risposta delle iniziative di mutuo aiuto si è concentrata sulle soddisfazioni di necessità alimentari, strettamente legate alla sopravvivenza, adesso si cerca di rispondere anche a necessità meno materiali, ma fondamentali per la qualità della vita. Per questo a Bologna è nata l’iniziativa “Una parola amica”, un’attività di supporto telefonico per gli anziani e le anziane che vivono in solitudine. Il progetto è nato dall’interazione tra la rete Don’t panic– formata da una cinquantina di associazioni e gruppi informali- e Auser Bologna, il Movimento delle Sardine, il Forum del terzo settore, Volabo, Cngei, Agesci, G.Ri.Fo consulting, Una città con te, The Crew, UDU e Acer.

Una rete così grande e variegata che in tre settimane è riuscita a coordinarsi, raccogliere circa 300 volontari, formarli, ed elaborare un patto di collaborazione con il Comune di Bologna,per avere il fondamentale supporto dei servizi sociali e delle istituzioni di prossimità. Il tutto senza soldi.

L’attività è nata sul calco dell’iniziativa “Pronto come stai” del Comune di San Lazzaro di Savena, cittadina nell’hinterland bolognese. L’idea è semplicissima, ma non scontata. Raggiungere telefonicamente gli anziani per una chiacchierata di lunghezza variabile così come si fa con i propri nonni. Il concetto chiave del progetto è l’ascolto empatico. Ai volontari verrà associato un beneficiario con il quale inizieranno una relazione telefonica, generalmente due chiamate a settimana di durata variabile. “Il senso del progetto non è rendere i volontari dei salvatori, chiamati a risolvere tutti i problemi che possano emergere dalle conversazioni, ma portare sollievo rispondendo al bisogno di ascolto di persone che per età e condizione vivono un forte isolamento, acuito dall’emergenza in corso” , chiariscono gli psicologi e i professionisti del gruppo formatori.

Dietro la rete vi è un’organizzazione pensata anche a supportare i volontari se dovessero sorgere delle problematiche legate all’ascolto. Infatti, le tantissime persone, che hanno risposto alla chiamata delle associazioni, non sono professioniste del settore, per questo è previsto un tutoraggio continuo con degli psicologi. Inoltre, se durante le chiamate dovessero emergere gravi situazioni di salute o emotive che affliggono i beneficiari, grazie al patto di collaborazione con il Comune, sarà possibile attivare immediatamente i servizi sociali.

All’inizio del progetto saranno 300 le persone raggiunte dai volontari, anziane ed anziani già seguiti dall’associazione AUSER con il progetto “l’unione fa la spesa”. Ma visto l’impressionante numero di volontari- di ogni fascia di età- che ha risposto alla chiamata, non si esclude di ampliare la platea. Gli organizzatori chiariscono che: “l’attività nasce dall’emergenza ma non si esaurirà con la fine del lockdown, anzi è auspicabile che le relazioni telefoniche si materializzino nel concreto, facendo incontrare gli anziani e i volontari.”

Il 4 maggio ci sarà l’ultima formazione dei volontari e le prime telefonate cominceranno durante la stessa settimana.

Ancora una volta, la risposta più rapida è dei cittadini per i cittadini, grazie all’intercessione di associazioni e alla collaborazione con le istituzioni che a Bologna sembra funzionare bene. Sarà questo il futuro dopo la fine del lockdown?