A Dakar c’è un posto straordinario, pieno di gente, fermento e vita: è il mercato del pesce di Soumbedioune.

Bagnato dall’Oceano Atlantico, si trova nel quartiere popolare di Medina dove ci si reca quasi esclusivamente per fare qualche acquisto, infatti i turisti che si aggirano in questa parte di città sono decisamente pochi. Camminando tra i vicoli consumati di Medina si può trovare una vecchia fabbrica di giaccio, ancora molto usato per la conservazione del pesce, uno spazio coperto dove fare scorta di spezie e foglie di carcadè e, più a ovest, il famoso mercato del pesce.

I lebous, quell’etnia un po’ unica e un po’ magica che abita i porti di Dakar e che ha nel sangue la vocazione per il mare, gestisce le attività ittiche della capitale. Con le loro lunghe piroghe colorate, ogni imbarcazione è un’opera d’arte, riforniscono di pesce i mercati del Paese e i container di numerose compagnie straniere per l’esportazione all’estero.

La vita di un pescatore non è per nulla facile in Senegal: sono in mare dalla mattina alle ultime luci della giornata, è un lavoro continuo che sembra non finire mai. Si parte all’alba per andare a recuperare le reti che la sera andranno poi pulite e sistemate mentre, alla fine della giornata lavorativa, la piroga va portata in secca e all’occorrenza riparata. Molti pescatori continuano il lavoro anche di notte, portando con sé una serie di torce necessarie per attirare i pesci in superficie, ma anche coperte e una scorta di carbone per scaldare qualche tazza di caffè.

Quello del pescatore è un mestiere che consuma, le mani si rovinano per il contatto prolungato con il sale e l’esposizione al sole, che brucia. Inoltre, gli incidenti in barca sono numerosi. Quante volte i giornali riportano casi di piroghe rovesciate al largo o di plongeurs (i sub che vanno in cerca di ricci e polpi sui fondali) asfissiati per problemi legati al malfunzionamento delle bombole di ossigeno?

In questo periodo di emergenza dovuto alla pandemia COVID-19 i mercati di pesce, ma come anche quelli di altri generi alimentari, sono chiusi o hanno ridotto drasticamente i loro orari di apertura, causando grandi margini di inquietudine per quella fetta di popolazione senegalese che basa la sua sussistenza su questo tipo di attività.

Purtroppo, la quasi totale assenza di misure di accompagnamento per chi si è visto negare lo svolgimento dei suoi esercizi commerciali, in particolar modo quelli informali, rischia di causare effetti molti peggiori del virus stesso.

Di seguito si riportano delle immagini del meraviglioso mercato di Soumbedioune, com’era prima della crisi sanitaria, sperando che così torni ad essere, molto presto.

Testo e foto: Lucia Michelini