Il 25 Aprile si festeggia la vittoria sul nazifascismo, un “mostro” che intendeva assoggettare il mondo.

Una vittoria non definitiva: come ha scritto Bertold Brecht, “il grembo che lo partorì è ancora fecondo”.

E’ estremamente importante, quindi, mantenere vivo, attivo, capace di incidere, quello spirito di Resistenza che fu determinante per la sua sconfitta.

Fu un movimento di popolo che attraversò vari paesi e unì, in nome dell’umanità e della civiltà, persone diverse – per origine e ruolo sociale, per convinzioni politiche, per orientamenti ideali -.

La Resistenza si attuò, naturalmente, attraverso la lotta in armi dei partigiani/delle partigiane e il lavoro prezioso, altamente pericoloso, di chi – in genere donne – faceva da staffetta e portava in giro le armi -, ma fu qualcosa di molto più ampio (che rese possibile ad un ristretto numero di coraggiosi/e combattenti, male armati/e, di affrontare un nemico dotato di armi potenti).

Fu Resistenza

  • la solidarietà concreta di contadini/e, che permise alle bande partigiane di resistere sui monti,
  • il sostegno alla popolazione ebrea che cercava di sfuggire al tragico destino che l’avrebbe portata nei campi di sterminio (in Danimarca si riuscì, facendoli passare di città in città, di paese in paese, di villaggio in villaggio, a trasferirne la quasi totalità in Svezia, nazione non occupata dai nazisti),
  • gli atti di cura rivolti a coloro che fuggivano dai campi di concentramento o erano renitenti alla leva, compiuti per lo più dalle donne,
  • il rifiuto di collaborare con i nazisti occupanti (in un romanzo -”Il silenzio del mare”, diffuso clandestinamente in Francia durante l’occupazione – questo atteggiamento diviene, emblematicamente, il silenzio assordante di un nonno e del suo piccolo nipote nei confronti dell’ufficiale tedesco che sono costretti ad ospitare),
  • l’opera continua d’informazione – di contro/informazione – e di sensibilizzazione effettuata, a rischio della vita, nelle città occupate, con la diffusione di volantini e della stampa cladestina,
  • l’effettuazione di scioperi per “il pane e per la pace”, da parte della classe operaia, come avvenne nell’Italia ancora sotto il giogo nazifascista nel 1943 e nel 1944,
  • l’impegno dei lavoratori/delle lavoratrici per impedire la distruzione, o i danneggiamenti, delle attrezzature degli stabilimenti, in modo da poter poi riprendere il lavoro in tempi brevi a guerra conclusa,
  • il diniego dei militari italiani deportati in Germania, e rinchiusi nei campi, di aderire alla Repubblica di Salò, diniego che riguardò la maggior parte di loro e che li mantenne in prigionia,
  • la capacità di autogoverno che portò alle esperienze delle “repubbliche partigiane” in alcune zone temporaneamente liberate ed alla nomina di amministratori cittadini da parte del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) subito dopo la liberazione, come accadde a Firenze nell’agosto del 1944,
  • il mantenere una vita culturale, critica e di opposizione, nelle condizioni drammatiche dell’oppressione dittatoriale e della guerra.
  • Certo, le truppe alleate furono determinanti per sconfiggere sul campo i nazi-fascisti, ma la Resistenza popolare, oltre a dare un notevole contributo anche sul piano militare, risultò essenziale per creare un clima diverso, ostile al fascismo ed al nazismo, per giungere a cambiamenti importanti sul piano sociale e politico, per far nascere moderne carte costituzionali ed avviare cammini del tutto nuovi in molti Paesi.

Il ricordo di quanto accadde oltre 75 anni fa in vari paesi di Europa, e riuscì a sconfiggere il nazifascismo, deve essere di stimolo per vedere di quale Resistenza c’è urgente bisogno oggi, in un mondo in cui continuano guerre ed oppressioni, aumentano le diseguaglianze, si susseguono episodi di disumanità.

In una realtà mondiale, in cui prevalgono personaggi truci come Trump e Bolsonaro, si affermano un po’ dovunque forze populiste e reazionarie, ricompaiono minacciose le destre scopertamente fasciste, è da esperienze come quelle del popolo curdo nel Rojava con le sue amministrazioni autonome – con al centro la parità di genere, l’ambientalismo, l’intercultura – che può venire un forte impulso per resistere al dominio della finanza internazionale ed a lottare per nuove forme di democrazia sociale.

Oltre che da tali esperienze, la spinta alla mobilitazione viene anche dalle lotte contro la globalizzazione liberista, che continuano a svilupparsi nonostante le condizioni avverse, nonché dai movimenti messi in atto, un po’ dovunque, dalle giovanissime e dai giovanissimi, relativi ai cambiamenti climatici, per assicurare la sopravvivenza al pianeta (movimenti che, sviluppandosi, si trovano a dover fare i conti con il sistema capitalista, principale responsabile dell’attuale situazione di grave pericolo per la sorte dell’ambiente in cui viviamo)

Si tratta di iniziative e fermenti che danno un segnale di speranza in un momento che potrebbe indurre alla disperazione o alla rassegnazione.

Mentre invece è estremamente necessario mettere in campo tutte le energie e le risorse possibili per costruire una nuova Resistenza che sviluppi solidarietà, accoglienza, inclusione e riesca a sconfiggere intolleranza, disumanità, razzismo, fascismo e il liberismo che ne costituisce il brodo di coltura.

Una Resistenza che oltrepassi le frontiere (“nostra patria è il mondo intero”, come si afferma in un vecchio canto anarchico), assuma carattere internazionale, travolga le barriere sovraniste e populiste, assuma come temi principali le questioni dell’ambiente, del lavoro – della sua precarietà -, della lotta alla violenza maschile sulle donne.

Con un impegno rinnovato, a livello culturale, per far diventare egemoni queste idee nella società, oggi pervasa da un pensiero comune che esalta l’individualismo e il privato.

L’internazionalismo oggi si manifesta (faccio alcune esemplificazioni):

  • attraverso scelte come quella di Lorenzo Orsetti, un partigiano nostro concittadino che è morto combattendo a fianco del popolo curdo nel Rojava,
  • nelle iniziative di alcune ONG – pensiamo in particolare alle organizzazioni impegnate nei salvataggi dei/delle migranti naufraghi/e nel Mediterraneo o comunque attive nella cooperazione internazionale – nella parte di essa non asservita a mire neo-colonialiste,
  • nell’attività degli operatori sanitari cubani che intervengono in varie parti del mondo (anche nella fase attuale, impegnandosi anche nei Paesi che partecipano all’embargo contro Cuba voluto dal Governo USA).

La pandemia del coronavirus, con tutte le tragedie che comporta, ha reso ancora più evidente la necessità che il pubblico e i beni comuni prevalgano sul privato, a partire dalla sanità, che si cambi radicalmente rotta, che si torni allo spirito ed agli ideali che animarono chi combattè i nazi-fascisti.

Per una nuova Resistenza in nome dell’umanità e della civiltà.