“Un grave attacco alla libertà di parola e una grossolana ingerenza nell’attività giornalistica”. Così Sergiy Tomilenko, a capo dell’Unione nazionale dei giornalisti, ha definito la nuova legge sulla disinformazione, presentata lo scorso 17 gennaio al parlamento ucraino.

La proposta di legge è stata redatta dal ministro della Cultura Volodymyr Borodyansky sotto richiesta del presidente Volodymyr Zelensky, al fine di contrastare la propaganda filo-russa in Ucraina. Il progetto di legge introduce una serie di multe fino a 9,4 milioni di grivnie (circa 360.000 euro) o la reclusione fino a 7 anni per la disinformazione di massa su “fatti che rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale e per l’unità territoriale” del Paese. Prevede inoltre l’introduzione dello status di “giornalista professionista” e di un “indice di credibilità” per media e testate giornalistiche, che verrebbero entrambi decisi e controllati da un apposito istituto governativo. Secondo Borodyansky, queste misure rimarranno in atto solo fino alla risoluzione del conflitto in Ucraina.

Un ritorno al passato

La proposta di legge ha sollevato numerose critiche non solo da parte di Tomilenko, ma anche dell’OSCE, dell’ONU, della Federazione europea dei giornalisti e di altri giornalisti e blogger ucraini. Secondo chi critica la legge, queste nuove misure porterebbero a un’auto-censura da parte dei giornalisti per evitare di perdere il proprio status o di incorrere in multe e condanne severe. Soprattutto, per chi si occupa di giornalismo in Ucraina, queste nuove regole ricordano i tempi dell’Unione Sovietica, quando i giornalisti dovevano far parte di “unioni” per poter lavorare e ogni articolo doveva essere approvato “dall’alto” per poter essere pubblicato.

In risposta a chi ha evidenziato come la legge sia unica in Europa in quanto a ristrettezza, Borodyansky ha risposto che “in Europa la guerra non c’è, ma da noi sì”, sottolineando cioè come la nuova legge sia resa necessaria dallo stato d’emergenza in cui si trova l’Ucraina. Lo stesso Zelensky ha dichiarato di avere un atteggiamento liberale nei confronti dei media, ma che la legge sia essenziale per contrastare chi “dai vari angoli del mondo sotto ricompensa fa il lavoro sporco” che ha come obbiettivo la scissione del Paese.

Quali conseguenze sulla libertà di stampa?

Secondo il rappresentante OSCE per la libertà di stampa, Harlem Désir, il bisogno da parte del governo ucraino di combattere la disinformazione è più che comprensibile, visto il conflitto con la Russia. Per raggiungere quest’obbiettivo servirebbero però non controllo governativo, ma auto-regolamentazione, iniziative di fact-checking, media indipendenti, diversità di fonti e supporto allo sviluppo di standard di professionalità in ambito giornalistico e dell’alfabetizzazione mediatica.

Il timore che, invece, lo stato d’emergenza causato dal conflitto con la Russia venga usato come giustificazione per passare una legge che di fatto permette al governo di tenere media e giornalisti sotto controllo, non è infondato. E questo soprattutto in un Paese che vede frequenti assalti a giornalisti e che occupa il centoduesimo posto nella classifica della libertà di stampa, secondo quanto riportato da Reporters Without Borders.

Qualunque siano le intenzioni dietro alla legge, dare allo stato la possibilità di controllare e decidere chi fa giornalismo e cosa viene pubblicato, e di punire chi non sottostà alla propria definizione di cosa costituisce “informazione”, potrebbe avere pesanti conseguenze sulla già fragile situazione della libertà di stampa in Ucraina.

Foto: elibrary.com.ua

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