Sabato 7 marzo sarà trascorso un mese dall’arresto, avvenuto all’aeroporto del Cairo, dello studente dell’Università di Bologna Patrick Zaky.

Come sappiamo, sabato 22 febbraio Patrick è entrato nel tunnel della detenzione preventiva rinnovabile di 15 giorni in 15 giorni per “supplemento d’indagine”. Subito dopo, è stato trasferito da una stazione di polizia al carcere di Mansoura, col divieto di incontrare avvocati e familiari fino al 5 marzo.

Un brutto segnale. Se non ci saranno pressioni forti sul piano diplomatico, Patrick rischia di rimanere in questa situazione sospesa per mesi. Per, nel migliore dei casi, ottenere un tardivo riconoscimento d’innocenza o, nel peggiore, subire una lunga condanna al termine di un processo basato su prove fabbricate.

Da qui l’invito a proseguire la mobilitazione, nelle forme che l’attuale emergenza sanitaria in Italia renderà possibili: ad esempio firmando l’appello sul sito di Amnesty International (www.amnesty.it), facendo rumore sui social e manifestando in piazza, alla vigilia dell’udienza del 7 marzo, nei luoghi in cui sarà consentito.