Sotto lo slogan di «un’Europa forte in un mondo di sfide» e all’insegna di un bel logo a scacchi con la dicitura EU2020HR con i colori nazionali, la Croazia ha assunto, con una nuova presidenza della repubblica e un ridefinito scenario politico interno, la presidenza di turno dell’Unione Europea.

Lo “schema” al quale il Paese dichiara di attenersi, per questa sua prima volta assoluta, dal momento che per la prima volta nella sua storia la Croazia assume la presidenza di turno dell’Unione Europea, potrebbe sembrare poco ambizioso, ma, in effetti, intende farsi carico di alcune delle sfide maggiormente emergenti di fronte alle quali il Paese e l’intero sistema euro-comunitario sono posti oggi. Sin nella dichiarazione di apertura del programma della presidenza di turno, infatti, la Croazia dichiara la propria intenzione di «costruire intesa e cooperazione tra gli Stati Membri dell’Unione Europea in uno spirito di consenso e di rispetto reciproco».

E dunque: quali sono, in questa cornice, e nel quadro strategico, tra i conflitti e le contraddizioni del presente, le grandi sfide all’insegna delle quali la Croazia, questa “repubblica sospesa”, forse poco «balcanica» ma non del tutto «mittel-europea», insieme post-jugoslava ed euro-comunitaria, vuole orientare il proprio mandato? Sono quattro: le cosiddette priorità della presidenza di turno. Per titoli: una Europa che si sviluppa, una Europa che connette, una Europa che protegge, una Europa «influente». Per temi, quelli che caratterizzano l’agenda politica del semestre europeo e che saranno sottoposti al confronto e alle mediazioni con gli altri Stati Membri e con le maggiori potenze comunitarie, in primo luogo la Germana e la Francia, sullo sfondo dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione e delle emergenti sfide che la crisi economica e i conflitti in corso impongono, dentro e fuori i confini del continente, quattro temi: sviluppo, infrastrutture, sicurezza e politiche di vicinato e di proiezione esterna. In tema di sviluppo, il Paese intende rilanciare alcuni obiettivi strategici: l’approfondimento del mercato comune, un ulteriore impulso alla agenda digitale, maggiori investimenti in ricerca e innovazione, uno sguardo all’apprendimento permanente (life long learning) e all’apprendimento di qualità per il mondo del lavoro del domani, senza, ovviamente, mettere tra parentesi (pur, al tempo stesso, senza collocarla in cima all’elenco delle priorità) la protezione dell’ambiente e il contrasto al cambiamento climatico. Come obiettivo specifico, il supporto ai processi di sviluppo interni definiti «equilibrati, sostenibili e inclusivi». Quanto alle infrastrutture, se, da un lato, si mette in rilievo il fatto che le perduranti contraddizioni tra Paesi e singole regioni, all’interno dell’Unione Europea, compromettono le opportunità di sviluppo a livello generale (soprattutto per quanto attiene alla qualità delle infrastrutture, all’energia e alle infrastrutture digitali), dall’altro si dichiara che obiettivo della presidenza croata sarà di incoraggiare politiche capaci di rafforzare la connettività infrastrutturale e di potenziare le connessioni tra i cittadini UE, in via prioritaria, attraverso l’istruzione, la cultura e lo sport. In tema di sicurezza, la Croazia intende confermare l’approccio securitario sin qui seguito, che da tante parti è stato criticato come «Fortezza Europa», in relazione all’obiettivo di «rafforzare la sicurezza interna, rendere ancora più efficace il controllo delle frontiere esterne dell’Unione, assicurare la piena inter-operabilità dei sistemi ad alta tecnologia informatica e di «potenziare la resilienza» di fronte alle minacce esterne (ad esempio le cyber-minacce)». Purtroppo confermando un approccio paradossale ed aberrante ormai ampiamente prevalente un po’ in tutti i Paesi dell’Unione (e non solo), al capitolo “sicurezza” resta ascritta anche la voce “migrazioni”, laddove si proclama l’obiettivo di definire una soluzione complessiva tesa ad una politica dell’asilo e a una gestione dei flussi migratori “efficace” e “sostenibile”. A proposito, peraltro, difficile tacere la contraddizione, tra la proposta generale, rivolta soprattutto all’esterno, e la condotta concreta, all’interno dei propri confini, delle autorità croate.

Un recente rapporto del GDP ha, tra le altre cose, richiamato l’attenzione sul fatto che «la Croazia ha praticato sistematici respingimenti verso la Serbia e la Bosnia, tra l’altro, facendo frequentemente uso della forza. L’Ufficio del Difensore Civico della Croazia ha evidenziato che tali pratiche potrebbero essere in violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea per i Diritti Umani, che proibisce tortura e maltrattamenti. Inoltre, in base a un rapporto di Amnesty International del 2019, avendo l’UE garantito finanziamenti alla Croazia ai fini della “sicurezza delle frontiere”, l’UE stessa è complice in questi respingimenti sistematici e violenti». Continua il fraintendimento per cui, ed è il quarto tema, una Europa attiva e influente, non può che essere un’Europa securitaria e militarizzata: si propone, al contempo, di rafforzare il multilateralismo e di potenziare la cooperazione europea in materia di sicurezza e difesa; si chiede un approccio responsabile nella cosiddetta Politica Europea di Vicinato ma si cerca di rilanciare anche l’agenda dell’allargamento, con uno specifico riferimento ai Balcani Occidentali.