Nel pomeriggio di oggi 30 dicembre 2019, era arrivata la notifica che sospendeva le misure alternative al carcere per Nicoletta Dosio.  Con la notifica, perché venisse eseguito l’arresto, ogni momento era buono, di fatti i carabinieri non si sono fatti attendere; poche ore dopo sono andati a prelevare Nicoletta dalla sua abitazione.

La macchina dove si trovava Nicoletta era stata inizialmente bloccata da diversi cittadini di Bussoleno accorsi in strada alla spicciolata hanno tentato invano di opporsi coi loro stessi corpi al passaggio dell’auto dei carabinieri con Nicoletta a bordo.
La revoca delle misure cautelari con l’arresto di Nicoletta seguito a distanza di poche ore, è arrivato durante i giorni di festa,  la notte prima dell’ultimo dell’anno. Qualche compagno e attivista No Tav scrive che ciò non sia casuale, ma che abbia un doppio scopo: quello di far passare la cosa nel modo più inosservato possibile approfittando dei giorni di festa, e si suppone anche un intento ulteriormente punitivo, revocando le misure alternative e eseguendo l’arresto proprio in questo periodo natalizio in cui tutti i familiari si erano riuniti e stretti intorno a Nicoletta.

L’arresto di Nicoletta è seguito a quello di altri attivisti No Tav operati proprio in queste ultime settimane.
L’ordine di carcerazione era stato notificato a Nicoletta Dosio questo novembre, a cui poi erano seguite in un primo momento le misure alternative al carcere, poi revocate oggi.
Nicoletta, 73 anni, insegnante di greco in pensione, del movimento No Tav, processata e condannata per aver partecipato in Val di Susa nel 2012 a una manifestazione di protesta contro i lavori dell’Alta Velocità. Di fatto Nicoletta viene punita non tanto per aver partecipato alla manifestazione di protesta del 2012, ma perché oggi rappresenta un simbolo, un simbolo di disobbedienza civile e di resistenza popolare, per essersi opposta allo scempio della valle dove abita. Nicoletta al di là delle motivazioni della sentenza, viene condannata nel tentativo di far piegare la testa a tutto il movimento No Tav che da anni si oppone ai lavori della tratta ferroviaria ad Alta velocità; in primis per il forte impatto e danno ambientale e alla salute delle persone residenti, che si sta procurando in tutta l’area interessata dai lavori,  in secondo luogo per il sospetto fin da subito di forti infiltrazioni mafiose nella aziende a cui sono stati affidati in appalto i lavori. Sospetto che poi si è confermato avere sicuramente una base di verità, quando tempo addietro fu aperta una indagine da parte dei Ros per possibili infiltrazioni della ‘ndrangheta a carico di aziende collegate ai lavori della TAV.

Con la notifica di novembre Haidi Gaggio Giuliani, (mamma di Carlo Giuliani) aveva detto proprio rivolgendosi a Nicoletta: “Sono una vecchia maestra, le dico, mi sembra di vivere nelle Favole a rovescio di Gianni Rodari che divertivano tanto i miei bambini e le mie bambine. Mi sembra di vivere in un mondo capovolto. Ma c’è poco da divertirsi.”
Queste invece le parole che Nicoletta aveva scritto solo due giorni fa nella sua bacheca fb:

“Un altro Natale se n’è andato.
Giornata di vento, con raffiche di caldo fohn che combattono contro il gelo della tramontana. Nell’aria un’improbabile primavera, fatta di erba novella spuntata fuori stagione e di montagne candide di neve.
Siamo scesi in città, al carcere delle Vallette, per dare un saluto, almeno da lontano, a Giorgio, Mattia, Luca – (altri compagni e attivisti No Tav arrestati in questi giorni) – e, con loro alla sofferente umanità che quel non-luogo rinchiude.Intorno si allarga una sera gelida, grondante di umidità, squarciata dai riflettori del carcere: muri e cancelli, le sagome degli edifici di reclusione, l’angoscia di un non-quartiere delimitato dalla mole della centrale Iren lampeggiante di luci psichedeliche e dalle colline artificiali della discarica Barricalla. Poco lontano, mascherato dalla notte, il mattatoio, silenzioso dopo la mattanza prenatalizia.
A questo paesaggio fa da sfondo la periferia operaia, i grandi falansteri degli anni sessanta, popolati dagli immigrati del sud depresso, manovalanza della Fiat e del boom industriale di un nord ricco e arrogante. Le luci natalizie che trapelano dalle finestre, gli stenti alberelli addobbati che popolano i giardini condominiali sono un’anomalia che moltiplica l’insensatezza di quell’altro mondo di sbarre e dolore, fatto anch’esso di uomini, donne e bambini, sì i piccoli figli delle detenute, nati in carcere, che condividono con le madri la vita buia, le inferriate alle finestre. E i malati, per i quali neanche l’incapacità fisica o la prospettiva della morte diventa motivo di clemenza.
Mi chiedo come tutto questo possa giovare alla giustizia sociale, alla costruzione di un mondo migliore….
Quando ha inizio la nostra “camminata musicale” intorno alle mura del carcere, si avvicinano i lampeggianti blu dei blindati, si materializzano gli armati in assetto antisommossa a farci da scorta minacciosa.
Dal furgone che apre la piccola folla di resistenti si alternano musica e parole, saluti ai nostri compagni ed a tutti i detenuti insieme agli slogan liberatori della lotta NO TAV.
I pochi passanti guardano incuriositi quell’insolito corteo, lo sventolio di bandiere.
Giungiamo nella zona retrostante il carcere, il luogo più vicino ai blocchi di detenzione, mascherati dalle alte mura, ma non abbastanza perché non se ne scorgano le finestrelle degli ultimi piani.
Qui finisce la città e iniziano i campi seminati a frumento, le macchie di robinia che nascondono i ruderi delle vecchie cascine, la terra smangiata dall’asfalto e minacciata dai centri commerciali.
Ed è proprio ai margini di un campo di grano, di cui si intravede il verde spuntato anzitempo per la confusione delle stagioni, che si dispiega il momento più liberatorio del nostro lento andare solidale. Improvvisamente in cielo fiorisce una fantasmagoria di girandole e stelle: cascate di luce che ricadono tutt’intorno, a illuminare la notte, rompendo il silenzio murato dei giorni che non passano mai.
Penso ai bambini e alla loro meraviglia: forse questa notte sogneranno un mondo a colori.”

Davanti a uno Stato italiano che ormai si è fatto sempre più piccoloNicoletta con la sua gentilezza, il suo sorriso mostrato anche quando viene portata via per eseguirne l’arresto, e a fronte della sua coerenza e determinazione , oggi appare come un gigante.

A Nicoletta purtroppo, per ora possiamo solo inviare tutta la nostra solidarietà e la vicinanza della nostra redazione, e augurarle, come ha fatto lei ai bambini a cui per tanti anni ha insegnato, di tornare presto a sognare e a rivedere un mondo a colori.

La redazione di Pressenza