Arrampicarsi e salire verso il cielo, immersi nella natura in un territorio che, però, è segnato dai check point militarizzati e da scelte politiche calate dall’alto. Il progetto West Climbing Bank, promosso dalla palestra popolare Acciaierie del centro sociale Zam di Milano, si pone l’ambizioso obiettivo di portare l’arrampicata in Palestina. Lo fa in collaborazione con il centro culturale Laylac, che sorge nel campo profughi di Dheisheh, in Cisgiordania, dove secondo le stime dell’Unwra vivono circa 13 mila persone.

“La collaborazione tra la Palestina e l’Italia è nata per caso – racconta Giulia Mercu, volontaria del progetto –. Due anni fa è venuto a trovarci in palestra un attivista del centro Laylac, che ci ha parlato delle attività sportive che venivano proposte ai ragazzi che frequentano lo spazio. Tra queste c’era anche l’arrampicata. Cercava un nuovo partner, un gruppo di climber che fosse disponibile a supportare l’attività, così ci siamo subito messi al lavoro”. Pochi mesi dopo, gli attivisti di Zam hanno organizzato un viaggio esplorativo in Palestina, per conoscere il campo di Dheisheh e l’associazione, ma anche per visitare i luoghi simbolo di questa terra.

“Per questo primo viaggio siamo partiti in 12 – continua Giulia Mercu –. Abbiamo raccolto le esigenze dei giovani aspiranti climber e abbiamo organizzato piccoli corsi e giornate di arrampicata nell’unica piccola parete che già era attrezzata. Nel 2018 siamo tornati, questa volta in più di 20, e abbiamo costruito altre falesie vicino al campo profughi, nell’area naturalistica di Battir, che è stata dichiarata patrimonio mondiale dell’Unesco”. 

Così, in pochi mesi si è formata una piccola comunità di climber che frequenta Battir: si va dai 6 fino ai 30 anni, e alcuni appassionati hanno anche seguito dei corsi per diventare insegnanti di arrampicata. Tuttavia, praticare questo sport ancora non è semplice in un territorio come quello palestinese: “Le attrezzature sono molto care e spesso nemmeno reperibili – afferma Giulia Mercu –. Per questo ci occupiamo anche di raccogliere fondi e materiali tecnici per sostenere l’attività. Attraverso l’arrampicata vogliamo valorizzare il territorio e dare a questi ragazzi nuove occasioni di incontro e scambio: la popolazione palestinese ha il diritto di godere a pieno della propria terra”.

Di Angela Caporale da Redattoresociale.it

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